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L’euro sui minimi degli ultimi quattro mesi, punta in direzione 1,26

La moneta unica tocca a metà mattinata quota 1,2866 tornando sui minimi degli ultimi quattro mesi e puntando con lentezza ma decisione verso il supporto a 1,26, sui minimi annuali, spinto al ribasso dall’incertezza sulla crisi greca e sul nuovo orientamento europeo dopo la sconfitta della Cdu in Nordreno-Westfalia. Oggi giornata di emissioni obbligazionarie.

L’euro sui minimi degli ultimi quattro mesi, punta in direzione 1,26

Durante la sessione asiatica l’euro sfonda con decisione la soglia di 1,2918, raggiunta venerdì, e si porta già nei primi minuti di contrattazione ai minimi degli ultimi quattro mesi, aprendo a 1,2904 ma toccando a metà nottata quota 1,2878.

Alle ore 11 il cross Eur/Usd appare in discesa, con la moneta unica a 1,2866.

Dopo il turbolento fine settimana contrassegnato dalle tensioni sulla situazione greca e dalla paura sui derivati innescata dalle perdite di JP Morgan, l’andamento della coppia indica, ormai con chiarezza, di puntare – seppur lentamente – in direzione dei minimi annuali, in zona 1,26.

Questa è infatti l’opinione degli analisti. La moneta unica sta vivendo un periodo particolarmente duro, e un veloce sguardo al grafico su base giornaliera lo conferma: a partire dal 2 maggio, con undici giorni di contrattazione alle spalle, l’euro è crollato da un massimo di 1,3241 ai minimi attuali: una perdita vicina al 3%.

GRECIA E GERMANIA – Sul fronte euro/dollaro la giornata verrà certamente dominata dalle tensioni innescate dalla crisi ateniese, ma non solo: allo stallo sulla formazione del nuovo governo si sommano le tensioni provenienti dalla Germania, dove la Merkel ha subito una sonora sconfitta nelle elezioni del Nordreno-Westfalia, il più popoloso dei sedici stati che compongono la Repubblica federale, nonchè centro nevralgico della struttura industriale e operaia del Paese. Un voto contro l’austerity che, in vista dell’incontro Hollande-Merkel, potrebbe spostare l’ago della bilancia sulle politiche per lo sviluppo.

Ad Atene, invece,  sembrava quasi fatta per un governo di coalizione tra i due maggiori partiti Nea Dimokratia e Pasok, che – secondo quando aveva dichiarato il leader della sinistra radicale Tsipras –  erano sul punto di convincere Dimar, il partito della sinistra parlamentare, a formare un governo a tre di unità nazionale. Sfumata l’opportunità, la Grecia è ormai avviata verso nuove elezioni.

LE EMISSIONI – Mentre lo scandalo di JP Morgan sui derivati verrà, probabilmente, metabolizzato dai mercati, la situazione di stallo sul fronte europeo sarà misurata anche dal termometro delle emissioni sovrane: oggi è infatti giornata di numerose collocazioni.

Si parte dall’asta di Btp italiani a 3 e 10 anni, andata in porto con rendimenti in lievissimo aumento sul titolo triennale ma buona domanda. Sui primi si registra un tasso pari al 3,91% (rispetto al 3,89 dell’asta precedente), mentre nell’emissione a 10 anni il Tesoro ha spuntato un tasso del 5,66%, in calo rispetto al 5,84% della precedente emissione.

A Madrid, l’emissione di Letras spagnole a 12 mesi è andata in porto con rendimenti in leggero aumento allo 2,985% dal precedente 2,623%.

I Bubill tedeschi a 6 mesi continuano a rappresentare un porto così sicuro da attrarre investitori su rendimenti reali ampiamente negativi: basti pensare che all’asta odierna il Tesoro ha piazzato un titolo allo 0,037%, in calo addirittura rispetto al precedente 0,066%.

Chiuderà la giornata delle emissioni europee l’asta di Btf francesi a 3, 6 e 12 mesi (orario non definito).

USA E SVIZZERA – Alle ore 17.30 sarà il turno dei T-Bill americani a 3 e 6 mesi, mentre alle 17.45, sul fronte svizzero, il discorso del presidente della Banca Centrale Thomas Jordan potrà fornire indicazioni in merito alla politica monetaria del Paese: il franco è da mesi ancorato alla moneta unica, con oscillazioni minime intorno a quota 1,20. Il “peg” all’euro è stato deciso dalle autorità svizzere per evitare che – durante la fase acuta della crisi europea – la corsa ai beni rifugio apprezzasse eccessivamente la valuta alpina, con ripercussioni negative sulle esportazioni.

Vi sono però alcuni dubbi sul fatto che la Swiss National Bank possa – nel lungo periodo – gestire l’enorme quantità di valuta estera acquistata per tenere basso il valore del franco.

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