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La pillola anti-Covid sbarca in Italia: cos’è e come funziona

Le pillole antivirali non sono un’alternativa al vaccino, che ha una funzione preventiva, ma sono indicate per pazienti non gravi che hanno contratto il Covid ma che sono ad alto rischio – Vediamo quali sono, chi può prenderla e quanto costano

La pillola anti-Covid sbarca in Italia: cos’è e come funziona

Con le nuove varianti aumentano anche le armi a disposizione per combattere il Covid-19. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) aveva dato via libera a due antivirali: il Molnupiravir del colosso farmaceutico americano Merck Sharp & Dohme (in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics) e Remdesivir dell’azienda farmaceutica statunitense Gilead Sciences. Entrambi i farmaci saranno utilizzati per il trattamento di pazienti non ospedalizzati, con malattia lieve-moderata di recente insorgenza e con condizioni cliniche che rappresentano specifici fattori di rischio per lo sviluppo della malattia grave a causa di fattori come obesità, anzianità, diabete o malattie cardiovascolari.

IL MOLNUPIRAVIR

Si tratta di un antivirale orale il cui utilizzo è indicato per i pazienti adulti (over 18) entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Il trattamento consiste nell’assunzione di 4 compresse (da 200 mg) due volte al giorno per 5 giorni. L’uso non è raccomandato per le donne in gravidanza e che allattano al seno. Quindi non tutti la potranno prendere, ma solo i soggetti più fragili e che dovranno dimostrare di essere effettivamente più esposti al rischio di ricovero.

La pillola è stata distribuita da parte della struttura commissariale del generale Figliuolo alle Regioni da martedì 4 gennaio e per la sua prescrizione è previsto l’utilizzo di un registro di monitoraggio che sarà presto accessibile online sul sito dell’Agenzia. La determinazione dell’Aifa relativa alle modalità di utilizzo è stata pubblicata il 29 dicembre 2021 sulla Gazzetta Ufficiale ed è efficace dal 30 dicembre.

Ma quanto costa? Sul mercato americano il costo di un ciclo ammonta sui 700 dollari (poco più di 600 euro), mentre in Italia dovrebbe essere inizialmente disponibile nelle farmacie ospedaliere e poi in tutte le altre, ma per il paziente dovrebbe essere gratuita.

Il molnupiravir è stato il primo farmaco in pillole indicato per la cura dell’infezione da coronavirus a essere registrato. L’Agenzia regolatoria britannica (Mhra) lo ha autorizzato già da tempo, il 4 novembre scorso. Tuttavia, l’efficacia nel prevenire le ospedalizzazioni è bassa ed è scesa nel corso del tempo: il 26 novembre l’azienda farmaceutica aveva reso noto che il farmaco risulta efficace al 30%, ossia di meno rispetto agli studi preliminari di fase 3 che indicavano invece una riduzione del rischio del 50%. Notizia che ha sconfortato molti Paesi che hanno deciso di ridurre gli ordini, come la Francia, che inizialmente ne aveva ordinato circa 50mila cicli e successivamente ha rinunciato.

A marzo invece dovrebbe prendere il via la distribuzione del Paxlovid brevettato da Pfizer, molto simile alla pillola Merck ma, secondo i test più recenti effettuati dall’azienda, ha un’efficacia superiore (pari all’89%).

IL REMDESIVIR

Semaforo verde anche per il farmaco antivirale della statunitense Gilead Sciences, sviluppato per il trattamento delle infezioni dai virus Ebola e di Marburg. Successivamente, altri studi sono stati fatti per esplorare altre applicazioni del profilo antivirale, tra cui anche quello contro il Coronavirus. Recentemente, per questo farmaco è stata autorizzata da Ema un’estensione di indicazione relativa al trattamento dei soggetti che non siano in ossigeno-terapia, ad alto rischio di malattia grave. Il farmaco può essere utilizzato fino a 7 giorni dall’insorgenza dei sintomi. La somministrazione avviene per via endovenosa e il trattamento dura 3 giorni. Anche per questa nuova indicazione è previsto l’utilizzo di un registro di monitoraggio, sempre accessibile sul sito dell’Aifa.

FARMACI ANTIVIRALI: COME FUNZIONANO

Il meccanismo d’azione è diverso dalle monoclonali e dal vaccino. I farmaci antivirali sono progettati per introdurre errori nel Rna del virus (il suo codice genetico) con l’obiettivo di impedirne la replicazione e ridurre il rischio di provocare malattie grave, e quindi le ospedalizzazioni. Dunque, la pillola non colpisce la proteina spike del Covid e per questo motivo la sua efficacia sarebbe garantita a prescindere dalle varianti (sia presenti che future).

Gli effetti collaterali più comuni riscontrati nel trattamento e nelle due settimane successive all’ultima dose sono: diarrea, nausea, vertigini e cefalea. Ma tutti di lieve e/o moderata entità.

LE PILLOLE ANTIVIRALI NON SOSTITUISCONO IL VACCINO

È importante sottolineare che questi farmaci non sono un’alternativa al vaccino, non solo per la sua bassa efficacia ma anche per la durata limitata: la concentrazione dei principi attivi si abbassa dopo solo due giorni, tempo in cui il medicinale sarà già stato smaltito dal nostro organismo. Mentre il vaccino, agendo sul sistema immunitario, è in grado di combattere il virus per mesi.

Un altro problema riguarda proprio la modalità di somministrazione: entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi. Il problema del Covid è che molto spesso è difficile distinguerlo da una normale influenza e con la corsa ai tamponi delle ultime settimane, attualmente è anche difficile diagnosticarlo in tempo.

Infine, questi farmaci sono da utilizzare per alcune categorie di persone che non rispondendo bene all’immunizzazione o non possono sottoporsi e che corrono il rischio di aggravarsi una volta contratto il Covid.

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