Condividi

La crescita in Italia? Dipende dal Mezzogiorno

La ragione principale della “debole ripresa” dell’Italia sta proprio nel Sud, dove sviluppo e arretratezza sono sempre a macchia di leopardo – E’ lì che bisogna intervenire con un sistema di premi e incentivi per chi si impegnerà a realizzare obiettivi virtuosi: infrastrutture, formazione scolastica, investimenti in innovazione, lotta alla criminalità

La crescita in Italia? Dipende dal Mezzogiorno

Il netto miglioramento della fiducia delle imprese e dei consumatori fa ben pensare che il Paese va ormai percorrendo un itinerario di crescita. Più che dai risultati macroeconomici (ancora deboli) è la stagione di riforme intrapresa dal Governo a rafforzare i segnali positivi grazie a riforme con forti effetti attesi sull’economia reale, come il Job Act, la Pubblica amministrazione, l’assetto istituzionale e tra breve il sistema fiscale e l’avvio della spending review.

Nel 3° trimestre il Pil è cresciuto del 0,4% e si consolida la stima di una crescita di almeno il 0,9% nel 2015, stimato dal Governo e dal FMI; la disoccupazione per la prima volta dopo diversi anni scende sotto il 12%, i conti pubblici segnano una riduzione del debito complessivo, un avanzo primario pari al 3,9% del Pil, la riduzione del deficit al 2,6% (e forse anche meno).

Tuttavia, la crescita resta debole, ancorché trascinata dall’ottima performance dell’export ma frenata dalla patologica stagnazione della produttività del lavoro (-0,5% nel decennio) che mantiene elevato il costo del lavoro per unità di prodotto (+34%).

Ma la ragione principale della “debole ripresa” sta nella persistenza di un Paese all’interno di se stesso. Negli ultimi sette anni il Pil e l’occupazione nel Sud è stata ben sei volte superiore rispetto al Centro-Nord. Paradossalmente un’Italia senza il Sud crescerebbe oggi al tasso di almeno il 2% e sarebbe uscita prima dalla recessione.

I ritardi del Mezzogiorno si leggono in un tasso (ufficiale) di attività del 53% (che scende per le donne al 40%) rispetto ad una media nazionale del 62%, nella preoccupante diffusione del sommerso e dell’illegalità, nella fuga dei giovani verso mete più attraenti, nell’incapacità di cogliere l’aumento della domanda estera, nel crollo demografico. Gli anni post-crisi sono stati i peggiori per il Mezzogiorno, accentuandone i divari con il resto del Paese.

E’, quindi, evidente che le sorti della crescita e del suo consolidamento dipendono dal Mezzogiorno. L’annunciato Masterplan per il Sud (ci auguriamo) dovrà disegnare efficaci azioni per promuovere lo sviluppo su nuove basi.

Tante sono le esperienze di successo di sviluppo di aree depresse che mostrano come l’investimento sul capitale umano e sull’innovazione siano gli ingredienti utili per accrescere fiducia, responsabilizzazione e creazione di un ambiente esterno vivibile e attrattivo. Capitale umano e innovazione sono il mix più appropriato per accrescere la produttività e favorire l’attrazione degli investimenti.

Gli spiragli positivi che si manifestano tiepidamente nel Sud privilegiano le piccole imprese impegnate nella valorizzazione delle risorse locali, ma non sono sufficienti ad attrarre nuovi investimenti. L’annunciato Master Plan per il Sud deve approfittare di queste “lucine” per varare misure non più assistenziali ma capaci di stimolare comportamenti virtuosi degli enti locali, dei cittadini e delle imprese. La scarsa credibilità degli enti locali e la diffusa illegalità sono, infatti, tra i principali ostacoli allo sviluppo, irrisolti dall’Unità d’Italia. Non esistono ricette magiche.

Qualche esempio per un nuovo approccio incentrato su meccanismi di premi e incentivi a chi si impegnerà a realizzare obiettivi giudicati virtuosi. Illegalità, sommerso e lavoro nero vanno combattuti non solo introducendo la tolleranza zero per reati gravi quali lo sfruttamento del lavoro, l’inquinamento, la piccola delinquenza, ma anche estendendo la deducibilità fiscale dagli imponibili di prestazioni professionali e di forniture così da favorirne l’emersione.

Per puntare sul capitale umano, è necessario in primis puntare sul miglioramento dell’istruzione secondaria: un programma per la creazione di scuole secondarie modello (diciamo 1000) è un investimento di elevato significato sociale ma anche di notevole valore economico che pone le basi per una crescita endogena di lungo periodo. Quei Comuni “virtuosi” che, ove si impegnino a investire in education, verrebbero autorizzati a sforare i vincoli del patto di stabilità.

Ricerca, innovazione e imprese sono l’altro pilastro dello sviluppo e della mobilitazione dei giovani. Le imprese che, insieme con centri universitari di eccellenza, faranno investimenti in R&S beneficerebbero di un corrispondente tax credit. E poi bisogna attrarre nuovi investimenti in aree delimitate e già dotate di infrastrutture di accoglienza, introducendo una flat tax agevolata (tra il 10 e il 15%) omnicomprensiva di ogni onere fiscale e previdenziale, oltre al consolidamento dei benefici previsti dal Job Act. Per favorire l’accesso al credito delle Pmi e delle start up bisogna da un lato potenziare il Fondo di Garanzia e dall’altro accompagnare progetti nascenti di impresa all’utilizzo della microfinanza.

Imprimere una decisa sterzata per la valorizzazione delle risorse di cui è ricco il Sud, non è certo cosa facile stante il proliferare di clientelismi e localismi. Per lanciare misure di grande impatto occorre condizionare l’uso dei cofinanziamenti europei alla realizzazione di grandi progetti partecipati da un numero significativo di Regioni, come quello di cui tanto si parla sulla valorizzazione della portualità minore integrata con le risorse artistico-archeologiche e turistiche negli hinterland di competenza.

Infine, le infrastrutture, annoso punto dolens, concentrando le risorse sulla sola realizzazione di interventi prioritari come il collegamento ferroviario Napoli-Bari-Brindisi o all’ammodernamento dei porti principali per la movimentazione delle merci (Napoli, Gioia Tauro, Brindisi, Palermo, Catania e Cagliari).

Il Mezzogiorno è una sfida che va affrontata con decisione per scongiurare la diffusione del degrado e dell’emarginazione con imprevedibili conseguenze sociali e politiche. E’ anche una “miniera” di crescita per l’intero Paese.

Commenta