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Italia come nuovo hub europeo del gas? Dipenderà dal prezzo

FOCUS ENERGIA (quinta puntata) – Malgrado il crollo dei consumi di gas e la crisi economica l’Italia ha le carte in regola per diventare il nuovo hub europeo del gas in competizione con quello belga – Ma la fattibilità dipenderà dal prezzo – Per i consumatori costi iniziali ma rilevanti benefici nel futuro.

Il consumo di gas naturale in Italia risale ai primi anni ’60, quando le trivellazioni nella Pianura Padana hanno iniziato a dare produzioni soddisfacenti. Nel 1970 il consumo di gas ammontava a circa 14 miliardi di metri cubi a fronte di una produzione nazionale di 12 miliardi. L’incidenza sul consumo primario di energia era modesto: attorno al 10%. La domanda di gas ha continuato a crescere ininterrottamente nel corso degli anni. Nel 1980 il consumo di metano pesava già il 16% sulla domanda totale di energia. Nel 2000 si è toccato il 33%, nel 2011 siamo giunti al 38%. I driver di questa forte dinamica sono stati due:

1) La crescita economica a partire dagli anni ’60 fino ai primi anni ’80, 

2) Negli anni ’90, gli impegni in termini di emissioni derivanti dalla ratifica del Protocollo di Kyoto, la progressiva sostituzione delle obsolete centrali a olio con moderni cicli combinati a gas nonché il diffondersi dei sistemi di riscaldamento a metano che hanno soppiantato quelli a gasolio.

Se i consumi sono cresciuti in maniera decisa, lo stesso non si può dire della produzione nazionale che è salita lentamente fino a toccare il picco di 18,4 miliardi di metri cubi nel 1994 (quando il consumo era 45 miliardi) per poi declinare lentamente fino a 8 miliardi nel 2011. Questo ha reso il Paese sempre più dipendente dall’estero e ha spinto un importante processo di infrastrutturazione per costruire impianti per importare gas, guidato dalla azienda di Stato ENI.

Nei primi anni ’70, in piena Guerra Fredda, Italia e Unione Sovietica siglano gli accordi per la costruzione del Trans Austria Gasleitung, gasdotto che portava il gas russo in Italia attraverso l’Austria. Nel 1971 viene inaugurato a Panigaglia il primo rigassificatore, con una capacità di 3 miliardi di metri cubi per importare gas dal Nord Africa. Qualche anno dopo, nel 1974, l’Italia è connessa agli (allora) ricchi giacimenti nel mare del Nord con il complesso sistema TENP-Transitgas, che portava il metano all’Italia attraverso la Germania e la Svizzera. Nel 1981 è finita la prima era delle grandi infrastrutture gas con la messa in opera del Trasmed, che collega l’Italia alla Algeria passando per la Tunisia. Tali infrastrutture, contrariamente a quanto detto molte volte erroneamente, ha consentito all’Italia di avere fornitura di gas abbondanti e diversificate rendendo di fatto non più necessarie per almeno un ventennio la costruzione di nuovi gasdotti/rigassificatori. 

Tra la fine degli anni ’90 e il nuovo millennio, il menzionato (rapidissimo) sviluppo delle centrali a gas ha reso necessaria la costruzione di nuove infrastrutture di importazione. Il contesto era però cambiato: il mercato del gas veniva liberalizzato e aperto a nuovi operatori. Eni ha continuato a giocare un ruolo assai rilevante (sia economicamente che politicamente) ad esempio con la costruzione del gasdotto GreenStream che dal 2004 collega l’Italia alla Libia. Accanto a questo sono fioriti tuttavia numerosi progetti, alcuni già a prima vista difficilmente realizzabili, altri decisamente più concerti, come quello del rigassificatore di Porto Levante (Rovigo) che, inaugurato da Edison nell’ottobre del 2009, è stato la prima grande infrastruttura di importazione non gestita da Eni. Un importante progetto che ha diversificato ulteriormente gli approvvigionamenti con il gas proveniente dal Qatar. La capacità di importazione sale così a 114 miliardi di metri cubi. Considerando i progetti in fase di costruzione si arriva a oltre 130 miliardi. Tutto ciò in vista di una domanda che si preannunciava in costante crescita.

La crisi economica del 2008 piomba inaspettata in questo scenario, cambiando abbastanza radicalmente le carte in tavola. Nel 2009 i consumi crollano da 78 miliardi di metri cubi a 72, valore rimasto invariato nel 2011. A questo quadro già complesso, si inserisce il tumultuoso e assolutamente impensato sviluppo delle rinnovabili che contribuisce a comprimere ancora di più i consumi di gas e che lo farà ancora nel futuro, visto che l’Italia ha obblighi europei al 2020 da rispettare. In questo quadro, ha ancora senso la strategia del Governo Monti di fare dell’Italia il nuovo hub europeo del gas? Paradossalmente sì, poiché di fatto l’Italia ha già tutte la carte in regola per essere hub del gas: sovraccapacità, diversificazione degli approvvigionamenti, elevato numero di paesi confinanti consumatori. Con la messa in opera del rigassificatore di Livorno e dei gasdotti Galsi e IGI/TAP, tale situazione è destinata a rafforzarsi ulteriormente.

Costruire un hub del gas, tuttavia, non è proprio una cosa facile. Innanzitutto i consumi di gas stanno scendendo in tutti i principali mercati di sbocco per l’agognato hub Italia: nel periodo 2010-2011 l’Austria ha segnato -6%, la Svizzera -13%, la Francia -14% per non parlare dell’Italia i cui consumi potrebbero scendere a fine 2012 anche del 20%. In secondo luogo bisognerebbe competere con l’attuale hub esistente in Europa, quello del Belgio, che sembra così distante ma che con i suoi quasi 100 miliardi di metri cubi di capacità ha siglato contratti di fornitura con Regno Unito, Germania, Francia, Spagna e, ebbene si, proprio con l’Italia, il suo futuro potenziale concorrente. D’altro canto non si possono non segnalare operazioni come l’accordo Eni-Fluxys (proprietario dell’hub Belgio) per invertire i flussi gas: non solo dal Nord Europa verso Sud ma anche dall’Italia verso Nord.

In questo quadro caratterizzato da consumi stabili/decrescenti e crisi economica, il ruolo chiave sarà giocato, ancora una volta, dal prezzo. Se l’Italia riuscirà a essere competitiva sotto questo punto di vista, allora potrà davvero trasformarsi in un hub, con benefici rilevanti anche per i consumatori. In caso contrario, nonostante tutte le buone chance che ha il nostro Paese, sarà ben difficile. In aggiunta, non vanno sottovalutati i costi collegati alla creazione dell’hub che dovrebbero essere sostenuti, almeno in una fase iniziale, dal consumatore italiano che paga già una bolletta troppo cara.

LE PRECEDENTI PUNTATE di FOCUS ENERGIA sono state pubblicate da FIRSTonline l’8, il 15, il 22 e il 29 settembre.

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