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Iran al voto: incognita astensione

Il Paese guidato da Rouhani va al voto decisivo oggi per il rinnovo del Parlamento e dell’Assemblea degli esperti: alle urne 55 milioni di persone, la maggior parte giovani e disoccupati – Preoccupa l’astensione, stimata ieri intorno al 40% che sarebbe un dato superiore a quello del 2012, quando i moderati boicottarono il voto per protesta contro i brogli di Ahmadinejad nel 2009.

Iran al voto: incognita astensione

Torna alle urne l’Iran. Il Paese della fallita rivoluzione verde del 2009, che rimane nonostante tutto uno degli Stati più democratici del vicino Oriente, vota oggi per il rinnovo del Parlamento e dell’Assemblea degli esperti: rispettivamente 290 deputati e 88 membri che saranno nominati da 55 milioni di elettori. La metà di loro è under 35, uno su quattro tra loro è disoccupato (il doppio della media nazionale).

Il voto iraniano, in attesa di quello ancora più importante previsto per l’anno prossimo per l’elezione del nuovo Presidente, è da molti considerato cruciale per gli scenari regionali e mondiali: dalla Siria, all’accordo sul nucleare, all’Afghanistan e alle relazioni turco-russe. Soprattutto, è la prima volta che gli iraniani si esprimono dopo l’accordo nucleare e la fine di molte delle sanzioni economiche imposte a Teheran da Stati Uniti ed Europa. 

Il voto vede sostanzialmente contrapposti moderati e conservatori: se si esclude il governo di Hassan Rouhani, moderatamente riformista, le altre cariche elettive (e non) sono ancora nelle mani dell’ala conservatrice che fa capo alla Guida suprema, l’ayatollah Alì Khamenei, e all’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad. La consultazione si presenta pertanto come sorta di referendum per sdoganare o meno la politica di apertura al mondo voluta dal presidente Rouhani.

Ma alla vigilia di elezioni così importanti ieri, a sorpresa, il capo della commissione elettorale Mohammad Hussein Moghini ha annunciato che circa 1400 candidati – sui 6233 ammessi dal Consiglio dei Guardiani – hanno rinunciato in questi ultimi giorni a presentarsi. Moghini si è limitato a dire che nel voto saranno in corsa 4844 aspiranti deputati, senza dare spiegazioni di un così alto numero di defezioni. Quello che comunque sembra preoccupare di più le autorità, in queste ore, è l’astensionismo.

Un sondaggio condotto su un campione di 36mila persone dalla super-ufficiale Irib, l’emittente della Repubblica islamica iraniana, riferisce infatti che il 40% dei circa 55 milioni di elettori potrebbe non recarsi alle urne. Una percentuale estremamente alta, superiore persino, se venisse confermata, al 37% del 2012. In quell’anno però i riformisti avevano invitato la popolazione al boicottaggio delle elezioni, per protesta contro i presunti brogli che nel 2009 avevano portato alla riconferma dell’ultraconservatore Ahmadinejad, provocando moti nelle piazze, la cosiddetta rivoluzione verde, secondo molti architettata dall’Occidente e soffocata nel sangue.

Oggi il clima in Iran è un po’ diverso ma la strada per una completa democrazia sembra ancora lunga: molti tra coloro che non andranno a votare sottolineano tra l’altro il ruolo ininfluente di un Parlamento dai poteri così limitati. I deputati possono infatti approvare leggi, ma a decidere se sono costituzionali o meno è il Consiglio dei Guardiani, composto da 12 membri, 6 religiosi nominati direttamente dalla Guida Suprema (Khamenei) e sei giuristi islamici nominati dal capo del potere giudiziario in Iran (a sua volta nominato dalla Guida Suprema). Il consiglio dei guardiani seleziona anche, a sua volta, gli stessi candidati parlamentari.

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