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Intelligenza artificiale a go go: siamo pronti? Friedman e Harari lanciano l’allarme, Krugman rassicura

L’intelligenza artificiale generativa preoccupa Friedman e Harari che lanciano l’allarme. Il Nobel Krugman frena: abbiamo tempo per difenderci

Intelligenza artificiale a go go: siamo pronti? Friedman e Harari lanciano l’allarme, Krugman rassicura

“Siamo entrati in un momento prometèico” scrive Thomas L. Friedman, l’opinionista di punta del “New York Times” molto letto anche dal leader cinese Xi-jinping che conosce l’inglese. 

Che cosa significa essere in un momento che fa riferimento all’astuto titano della mitologia greca che rubò, con un atto audace e fatale, il fuoco agli dei?  Significa che ci stiamo infilando in una fase di colossale distruzione creativa che dilata a livello universale la teoria di Schumpeter, oltre la misura stessa concepita dal suo autore. 

Sempre secondo Friedman si tratta di qualcosa di più grande dell’invenzione della stampa, della macchina a vapore, della rivoluzione del personal computer e di Internet. Succede che stanno arrivando alla portata di tutti, in modo inatteso e frastornante, le applicazioni di intelligenza artificiale generativa ad apprendimento automatico. 

È qualcosa che sta veramente mettendo a soqquadro non solo l’accesso alla conoscenza e al suo utilizzo, ma il modo stesso di essere delle nostre relazioni.

Ecco che cosa scrive Friedman e che cosa ha letto Xi-jinping:

“Stiamo per essere investiti da un tornado. Siamo entrati in un momento prometèico, uno di quei momenti della storia in cui compaiono nuovi strumenti, modi di pensare o fonti di energia che rappresentano un tale passo avanti rispetto a ciò che esisteva prima, che non si può cambiare solo una cosa, ma si deve cambiare tutto. Ovvero, come si crea, come si compete, come si collabora, come si lavora, come si impara, come si governa e, sì, come si inganna il prossimo, si commettono crimini e si combattono guerre”.

Tratto da: The New York Times

Nella discarica di Wall-E

E già si inizia a vedere qualcosa. Il modello di ricerca di Google, gli assistenti vocali come Alexa, Siri, Cordana e il modo stesso in cui ci informiamo sembrano messi irrimediabilmente in discussione da questa innovazione e presto avviati alla discarica di Wall-E. Per esempio Amazon sta ridimensionando drasticamente il suo investimento in Alexa. 

Satya Nadella, capo di Microsoft la più lesta a cavalcare questa nuova ondata, ha definito gli assistenti vocali e la stessa modalità di ricerca in Internet “stupidi come un sasso” a paragone dei motori di AI generativa come ChapGPT

A Google, da mesi, è codice rosso e la lettura obbligatoria per tutti i dipendenti è Il dilemma dell’innovatore dello scomparso Clayton M. Christensen, una sorta di “Vecchio Testamento” della Silicon Valley.

In questi giorni è uscito anche uno studio che lascia veramente a bocca aperta e che potrebbe apparire come un pesce d’aprile se non recasse il logo di Goldman Sachs.

Secondo una ricerca della banca d’affari, le ultime scoperte nel campo dell’intelligenza artificiale potrebbero portare all’automazione di un quarto del lavoro svolto negli Stati Uniti e nell’Eurozona.

Volano via 300 milioni di posti di lavoro

Goldman Sachs ha dichiarato che i sistemi di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT, in grado di creare contenuti indistinguibili da quelli prodotti dalle persone, potrebbero innescare un boom della produttività che finirebbe per aumentare il prodotto interno lordo globale annuo del 7% in un periodo di 10 anni. Ottima questa cosa. Ma, un momento a gridare vittoria.

Secondo i gli autori della ricerca, se la tecnologia rispettasse le promesse, si avrebbe un enorme sconquasso sul mercato del lavoro: 300 milioni (sì milioni) di lavoratori a tempo pieno potrebbero diventare ridondanti. Due terzi dei posti di lavoro negli Stati Uniti e in Europa andrebbero in fumo.

Sono previsioni che fanno davvero paura, ma che pure sembrano trovare conferma da osservatori attenti come il citato Thomas Friedman e non solo da lui. 

Un intellettuale pubblico globale come Yuval Noah Harari e tecnologi come Elon Musk, Steve Wozniak e altre 2000 persone ben in vista, hanno firmato una lettera aperta, Pause Giant AI Experiment: An Open Letter, che domanda una moratoria delle applicazioni di intelligenza artificiale che stanno uscendo a raffica dai laboratori.

Siamo pronti per l’Intelligenza artificiale?

La domanda che si fanno i firmatari della lettera e che si pone esplicitamente lo stesso Friedman è se “si sia pronti” per questa massificazione dell’AI.

O se debba valere anche nel campo di questa potente meta tecnologia il principio ippocratico di astenersi dal recare danno al sistema. Come si può evitare il sopravvento del “maligno” sul “benigno”, entrambi inquilini dell’edificio dell’AI? E farlo anche in modo da non buttare via il bambino con l’acqua sporca?

Friedman la vede in questo modo. Scrive:

“L’intelligenza artificiale è stata portata avanti da aziende private a scopo di profitto le quali stanno accrescendo il loro potere ogni giorno. Adesso dovremmo sviluppare quelle che io chiamo ‘coalizioni adattive complesse’, in cui imprese, governo, imprenditori sociali, educatori, superpotenze concorrenti e filosofi morali si uniscano per definire come ottenere il meglio e scongiurare il peggio dell’AI. Nessun attore di questa coalizione può risolvere il problema da solo. Richiede un modello di governo molto diverso dalla tradizionale politica di destra e sinistra.”

Tratto da: The New York Times

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L’analisi di Harari

Sostanzialmente d’accordo con questa analisi è Yuval Noah Harari. Secondo Harari, isistemi di intelligenza artificiale come GPT-4 non dovrebbero raggiungere la vita di miliardi di persone a un ritmo più veloce di quanto le culture e la politica possano assorbire in modo sicuro. La corsa a dominare il mercato non dovrebbe dare il passo anche alla diffusione di massa di una tecnologia così importante per l’umanità.

L’aspetto che più sembra preoccupare lo studioso israeliano è la capacità dell’AI di manipolare e generare linguaggio, con parole, suoni o immagini. Scrive:

“In principio era la parola. Il linguaggio è il sistema operativo della cultura umana. Dal linguaggio nascono il mito e la legge, gli dèi e il denaro, l’arte e la scienza, le amicizie e le nazioni e il codice dei computer. La padronanza del linguaggio da parte dell’AI significa che ora può hackerare e manipolare il sistema operativo della civiltà. Acquisendo tale padronanza, l’AI si impossessa della chiave principale della civiltà, dai caveau delle banche ai simulacri sacri.”

Tratto da: The New York Times

Può così succedere di vivere, in un futuro non così lontano come per esempio il 2028 (dice Harari), in un mondo dove la cultura, la religione, la politica sono modellati da un’intelligenza onnisciente non umana. Tutto questo può realizzarsi semplicemente attraverso il controllo del linguaggio senza bisogno che in un mondo simil-Matrix ci sia bisogno di impiantare alcun chip sotto cute o nel cervello.

L’esperienza con i social media

La primitiva intelligenza artificiale dei social media, argomenta ancora Harari, è stata sufficiente per aumentare la litigiosità della società, insidiare la nostra salute mentale e minare la democrazia a tal punto che negli Stati Uniti, la nazione con la tecnologia più avanzata del mondo, tutti i cittadini non concordano ancora su chi abbia vinto le elezioni presidenziali adesso che ne stanno arrivando altre.

Per non ripetere l’esperienza dei social media in presenza di uno strumento immensamente più potente e sagace, adesso che siamo ancora in tempo, i leader del mondo dovrebbero, secondo Harari, rispondere in maniera da essere all’altezza della posta in gioco. Conclude in questo modo:

“Il primo passo è guadagnare tempo per aggiornare le nostre istituzioni ottocentesche per un mondo dove l’AI è pervasiva e imparare a governarla prima che sia lei a dominare noi”.

Una conclusione sensata che però assegna un compito improbo ai leader del mondo, forse superiore alle loro stesse capacità e possibilità. 

A questo punto mi domando, davanti a questo gigantesco squillar di trombe, se sia veramente così seria e decisiva la posta in gioco dietro l’AI generativa. Ma non siamo solo ai primi vagiti? Prima di mettergli l’imbracatura, che nessuno sa quale possa essere, aspettiamo che faccia almeno i primi passi. Forse non è proprio la baby di Rosemary che a molti sembra.

Forse ha ragione Paul Krugman, che da un pezzo a questa parte ci prende come è successo con le criptovalute, nel dire che l’AI generativa non cambierà l’economia, e anche il resto, da un giorno all’altro. Ci vorrà tempo e intanto possiamo organizzarci.

Fonti:

Yuval Harari, Tristan Harris e Aza Raskin, You Can Have the Blue Pill or the Red Pill, and We’re Out of Blue Pills, The New York Times, 24 marzo 2023

Thomas L. Friedman, Our New Promethean Moment, The New York Times, 21 marzo 2023

Paul Krugman, A.I. isn’t going to remake the economy overnight, The New York Times, 31 marzo 2023

Delphine Strauss, Generative AI set to affect 300mn jobs across major economies, The Financial Times, 27 marzo 2023

Kevin Roose, How does ChatGPT really work?, The New York Times, 28 marzo 2023

Billy Ferrigo, Elon Musk Signs Open Letter Urging AI Labs to Pump the Brakes, Time magazine, 29 marzo 2003

Pause Giant AI Experiments: An Open Letter, Future of life

Brian X. Chen, Nico Grant e Karen Weise, How Siri, Alexa and Google Assistant Lost the A.I. Race, The New York Times, 15 marzo 2023

Brian X. Chen, How ChatGPT and Bard Performed as My Executive Assistants, The New York Times, 15 marzo 2023

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