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Infermieri italiani, boom di richieste dall’Inghilterra

Gli ospedali pubblici inglesi cercano centinaia di infermieri italiani – Intanto però a Torino si presentano in 3mila da tutta Italia ma i posti sono solo 5 – Ecco come l’Italia è passata da Paese importatore a Paese esportatore di infermieri, secondo i dati della Divisione sanità dell’agenzia per il lavoro Orienta: “Il mercato interno è saturo e al Sud è ancora peggio”.

Infermieri italiani, boom di richieste dall’Inghilterra

All’Humanitas Gradenigo di Torino per 5 posti da infermiere si presenteranno in 3mila candidati (per l’esattezza 2.839) alla data di preselezione del 22 maggio prossimo. Va in scena anche a Torino dopo altri casi simili (come lo scorso anno a Genova, oltre 12.000 candidati per 200 posti, e in altre città italiane) l’ennesimo paradosso: in 3mila per soli 5 posti mentre nel 2018 Orienta – Agenzia per il Lavoro – ha aperto la ricerca per 200 posti da infermieri a Londra, ma ha difficoltà a coprire le richieste che prevedono tutti inquadrati con contratto a tempo indeterminato. I giovani infermieri italiani preferiscono dunque tentare un’impresa difficilissima come quella offerta dalle strutture sanitaria di Torino di questi giorni piuttosto che andare dove il lavoro c’è?

Crescono, infatti, le opportunità di posti di lavoro per i giovani infermieri italiani in strutture sanitarie all’estero, soprattutto in Gran Bretagna. Da più di due anni, infatti, la Divisione Sanità di Orienta SpA (Agenzie per il Lavoro) ricerca e seleziona infermieri in Italia da mandare Oltre Manica. Sono partiti già oltre 200 giovani italiani e nel 2018 le ricerche attive sono di altri 200. Si aggiungono, inoltre, richieste anche dalla Germania. La vera difficoltà non è nel trovare lavoro a questi giovani ma nel coprire le tante richieste che arrivano. L’obiettivo di realtà come Orienta è rendere più fluido possibile l’incontro tra le crescenti richieste che giungono soprattutto dall’Inghilterra e le ambizioni dei giovani infermieri italiani ancora disoccupati.

Il paradosso, in questo periodo, è la difficoltà di far fronte alla grande richiesta di infermieri soprattutto per limiti legati alla conoscenza della lingua inglese. Ad oggi infatti solo il 15 per cento delle richieste che pervengono dalle strutture sanitarie inglesi vanno in porto. E, com’è ovvio, si tratta di tante occasioni perse perché inevitabilmente sono coperte da giovani provenienti da altri Paesi. Le opportunità, quindi, ci sono e di qualità ma l’unica barriera, se così si può dire, è la conoscenza della lingua inglese e per alcuni la volontà di non spostarsi all’estero. Preferendo, appunto, concorrere in tantissimi per i soli 5 posti di Torino, ad esempio.

“La parabola della professione infermieristica in questi anni in Italia ha subito un significativo ridimensionamento dal punto di vista degli sbocchi occupazionali. – spiega Giuseppe Biazzo, Amministratore Delegato Orienta SpA -. Dal 2010 c’è stato un grande cambiamento e siamo passati da Paese “importatore” di infermieri, soprattutto dall’Ucraina e dalla Romania, per far fronte alla forte domanda interna di queste professionalità, a paese esportatore”. Prima di questo calo della domanda interna, i giovani ad un anno dalla laurea, avevano un’occupabilità garantita al 100 per 100. La professione di infermiere offriva una della maggiori garanzie di sbocco occupazionale. Oggi la percentuale è scesa al 40 per cento e nel Sud Italia le cose vanno ancora peggio.

Nel giro di poco tempo ci siamo ritrovati con una sovrabbondanza di giovani infermieri rispetto alle richieste del mercato, come testimoniano in modo dirompente i fatti dell’ospedale di Alessandria, di Genova e di Torino, solo per citare i casi più noti. In questo contesto ci siamo resi conto, però, che in alcuni Paesi europei esiste una situazione opposta, soprattutto nel sistema sanitario pubblico della Gran Bretagna che offre prospettive a tempo indeterminato. Ci siamo così organizzati per offrire nuovi sbocchi occupazionali ai tanti giovani infermieri italiani. Il lavoro bisogno cercarlo dove c’è, anche se questo comporta il sacrifico (ma anche l’opportunità) di doversi spostare in una città europea».

Sono due le principali figure richieste. Gli infermiericon laurea in scienze infermieristiche che prevede per gli infermieri registrati all’albo NMC (l’albo degli infermieri del Regno Unito) una retribuzione indicativa di partenza di £21.500-28-500 (dai 25.288,17 ai 33.521,52 euro annuali) che sale, poi, in base al livello di anzianità e esperienza. Per quelli non ancora iscritti all’albo, invece, le retribuzioni sono indicativamente tra £16.800 e £19.461 (19.760-22.889,91 euro circa). Gli Healthcare Assistant, ossia l’equivalente dell’operatore socio sanitario in Italia, che svolge mansioni “inferiori” per le quali non serve la laurea in quanto non somministrano farmaci e sono di supporto agli infermieri. Per queste figure è sufficiente un’esperienza anche breve, in linea con la figura ricercata e un titolo di studi specifico che prescinde il livello di studi. La retribuzione oraria varia dai £6,70 (7,87 euro) alle £8,15 (9,58 euro). Gli infermieri sono collocati principalmente nei grandi ospedali pubblici o nei grandi gruppi di nursing homes. Gli Healthcare Assistent, invece, nelle nursing homes o presso il domicilio dei pazienti in qualità anche di badanti.

Dal 18 gennaio 2017 è anche richiesta la certificazione a livello C1 dell’IELTS (International English Language System), ossia il test per la certificazione della conoscenza della lingua inglese più diffuso al mondo. Per questo motivo verrà rimborsato un importo di 110 sterline una tantum a chi effettua la registrazione al sito dell’NMC prima di tale data. Chi vorrà invece valutare la possibilità del trasferimento dopo il 18 gennaio avrà la possibilità di avere un training gratuito per l’ottenimento della certificazione.

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