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Industria: le imprese del Nord-Est lanciano l’allarme investimenti, cresce il rischio recessione

L’ultima assemblea di Confindustria Vicenza ha messo in guardia il mondo politico sul rischio di una grave recessione in arrivo aggravata dalla guerra in Medio Oriente. Demografia avversa, mercato del lavoro, produzione industriale in calo: anche l’export segna il passo

Industria: le imprese del Nord-Est lanciano l’allarme investimenti, cresce il rischio recessione

L’euforia post-Covid è definitivamente sparita. Le imprese vicentine hanno lanciato l’allarme: la macchina produttiva si sta fermando e ciò che spaventa di più è il blocco quasi trasversale nel settore degli investimenti. Il messaggio chiarissimo è arrivato venerdì scorso dal palco dell’assise generale dell’industria berica tenutosi nello stabilimento di Marelli Motori ad Arzignano (“L’Europa allo specchio” il titolo dell’evento). «L’aria è drasticamente cambiata, il 70% delle aziende del Nordest non ha chiesto nuovi affidamenti nell’ultimo anno. Questo deve terrorizzare la politica. In un’Italia con una produttività stagnante e in crollo demografico c’è un bisogno estremo di investimenti», ha tuonato Laura Dalla Vecchia, presidente di Confindustria Vicenza.

Di fronte ad un migliaio di imprenditori, il mondo industriale del Nordest ha messo di fronte agli occhi della politica – presente ai massimi livelli istituzionali con il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, il Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni e il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso – il rischio concreto di una grave recessione in arrivo che bisogna scongiurare con tutti gli strumenti a disposizione.

I venti di guerra che arrivano dal Medioriente non fanno che aggravare i timori degli imprenditori in merito ad una gelata dell’economia peggiore di quella che avevano in parte già preventivato. Fino a metà anno, nonostante le rilevazioni congiunturali in progressivo deterioramento, si paventava per la crescita economica un atterraggio soft, ora c’è che chi preconizza per il 2024 un “landing” molto più duro del previsto.

La ricetta anticiclica della presidente degli industriali vicentini è quella di spingere sull’acceleratore degli investimenti: «Durante l’ultima grande crisi la nostra reazione fu quella di prendere la valigia e affrontare i mercati internazionali. Ricordiamo bene che se in Italia e in Veneto abbiamo reagito meglio della Germania una ragione c’è. È stato il Piano Nazionale Industria 4.0 che ha trainato gli investimenti delle imprese manifatturiere prima del Covid». La contromossa degli investimenti per sostenere le imprese italiane è stata approvata in pieno anche da Carlo Bonomi, presidente uscente di Confindustria. «Gli investimenti sono ineludibili: dal primo trimestre del 2021 sono cresciuti del 3% per cinque trimestri, in quelli successivi sono calati dello 0,8%».

Gli altri grandi temi che preoccupano le imprese vicentine riguardano, in aggiunta alle tensioni geopolitiche e di ordine monetario, le incertezze che tornano a materializzarsi sui prezzi in rialzo dell’energia (in parallelo, come è stato da più parti notato, a politiche dell’Unione Europea non sempre chiare riguardo alla transizione energetica). Il Commissario Paolo Gentiloni, presente ad Arzignano, ha ricordato i 175 miliardi del Fondo di ripresa e resilienza già erogati. «Di questi 85 miliardi sono stati erogati all’Italia. La missione che dovremmo avere tutti, Confindustria, mondo del lavoro, Regioni, Comuni, oltre che Governo e istituzioni europee, è vedere dove usare al meglio queste risorse perché non ci ricapiterà più. È un’occasione che ci capita solo oggi».

L’inverno demografico è stato citato come un altro dei problemi strutturali che stanno iniziando seriamente ad inceppare il buon funzionamento dell’attività industriale: la demografia avversa si sta “alleando”, in una sorta di pericolosissimo tandem, con un mercato del lavoro che per molte aziende sta rendendo letteralmente introvabili una lunga serie di profili, da quelli specializzati (ingegneri e informatici) fino a quelli di tipo più tecnico.

In questo contesto di crisi internazionale potrebbe non bastare più nemmeno la forza della componente export: quest’anno per la prima volta dopo nove trimestri di crescita la produzione industriale vicentina è andata in territorio negativo. Va ricordato che il 2022 si è chiuso con numeri da record, poco meno di 24 miliardi di euro di export e una crescita del 16% sull’anno precedente. «Abbiamo chiuso il primo semestre con valori ancora in aumento ma con la sensazione che, al netto dell’inflazione, si sia in realtà esportato di meno. Presumendo che anche l’export vicentino segua un trend nazionale, mi preoccupa una fotografia scattata dall’Istat sullo stato di salute generale del commercio estero italiano. Nei primi mesi di quest’anno abbiamo registrato una crescita delle esportazioni solo in valore, per un modesto +1%, a fronte però di un calo delle quantità del 17%», spiega Giovanni Dolcetta, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega all’Internazionalizzazione.

Nel sistema economico veneto emerge all’orizzonte anche una questione di futura rappresentanza e istituzionale, concernente l’imminente scelta del nuovo presidente nazionale di Confindustria. Il Veneto si avvicina al voto con solidi propositi di giocarsi le proprie chanche da una posizione di forza. Così come ha fatto notare Leopoldo Destro, presidente di Confindustria Veneto Est, il maxi raggruppamento che riunisce le province di Padova, Treviso, Venezia e Rovigo. «È chiaro che il Veneto ambisce ad avere un ruolo importante, un ruolo apicale che non ha mai avuto nella storia di Confindustria. È chiaro che dobbiamo lavorare affinché il Veneto sia un attore protagonista principale per la nuova presidenza di Confindustria».

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