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Industria e servizi, la ripresa c’è ma non ancora ai livelli pre-Covid

L’ultimo report dell’Area studi di Mediobanca prende in esame 2.140 imprese italiane di medio-grandi dimensioni: la crisi del 2020 ha colpito meno di quella del 2009, ma ci vorrà tempo per tornare ai fatturati pre-pandemici

Industria e servizi, la ripresa c’è ma non ancora ai livelli pre-Covid

Ripresa sì, ma non ancora ai livelli pre-Covid. L’ultimo report dell’Area studi di Mediobanca sul Sistema Italia prende in esame lo stato di salute di 2.140 società italiane che rappresentano il 47% del fatturato industriale e di quello manifatturiero, il 36% di quello dei trasporti e il 38% della distribuzione al dettaglio. Si tratta di società di grande e media dimensioni, tra le quali sono comprese praticamente tutte le aziende italiane con più di 500 dipendenti: dai loro fatturati viene fuori che il 2020 ha fatto segnare una netta flessione dell’11,7%, comunque meno peggio del 14,7% con cui queste stesse aziende chiusero il 2009, in seguito alla crisi finanziaria dell’anno precedente. Le imprese pubbliche hanno lasciato sul terreno il 16,8%, complice il forte coinvolgimento nelle attività petrolifere (-34,7%) e in quelle energetiche (-12%); migliore invece l’andamento del comparto privato che ha saldato con un -10,4%, per effetto della maggiore esposizione verso le attività manifatturiere che a loro volta hanno contenuto la perdita all’8,4%.

Il rallentamento produttivo del 2020 si è inevitabilmente riflesso sulla redditività. Secondo Mediobanca l’utile netto delle 2140 imprese esaminate si è ridotto del 32,5% e il loro Roe è passato dall’8,1% al 4,9%. Nel 2009 la flessione del risultato d’esercizio fu del 27,4% e il Roe scese dall’8% al 5,8%, ma il 2020 ha beneficiato di un’eccezionale operazione di riallineamento fiscale (Decreto Agosto) dell’avviamento, senza la quale il suo risultato netto sarebbe sceso del 54,3% e il Roe al 3,4%. In generale, nel 2020 tutti i margini di conto economico hanno subìto flessioni più ampie del fatturato, nonostante il costo del lavoro si sia contratto del 4,8%, una dimensione eccezionale, per effetto dei provvedimenti di CIG-Covid-19 che hanno escluso la compartecipazione delle imprese. La forza lavoro ha perso lo 0,9%, meno della metà del 2,3% che fu sacrificato nel 2009. Anche la gestione finanziaria ha offerto parziale sollievo ai conti, grazie a un costo medio del debito eccezionalmente basso (2,6%, era 4,5% a inizio decennio), alle misure di moratoria e all’ingresso nei bilanci di ingenti dosi di liquidità.

Non per tutti comunque il 2020 è stato così tragico. Tutti ricordiamo la crescita in controtendenza dell’agroalimentare e il report di Mediobanca conferma che la produzione alimentare costituisce il primo ambito privilegiato che comprende il conserviero (+3,5%), ove sono state eclatanti le performance delle attività di conservazione di frutta e ortaggi (+10,3%) e di produzione di pasti e piatti preparati (+10,6%), gli alimentari diversi (+3,4%) – ove spiccano la produzione di zucchero (+12,7%) e le paste alimentari (+8,5%) – e il caseario (+0,6%). Bene anche (ovviamente) la distribuzione alimentare al dettaglio, oltre che la farmaceutica, gli elettrodomestici e i trasporti su strada, a differenza evidentemente di quelli aerei e ferroviari, ampiamente penalizzati dalle misure di restrizione. I peggiori flop invece sono stati le attività turistiche (-70,7%) e dei parchi divertimento tematici (-73%), quelle del tessile (-24,9%), dell’abbigliamento (-20%) e degli accessori in pelle e cuoio (-27%), cui seguono la metallurgia (-11,7%) e la costruzione di mezzi di trasporto (-11,6%).

E il 2021? La rimonta c’è, è in corso ma lascia ancora sul terreno un bel po’ di fatturato rispetto ai livelli pre-pandemici: le imprese italiane hanno maturato la possibilità di spesare maggiori ammortamenti dal 2021, con relativo beneficio fiscale, e in generale le attese sono di una crescita del Sistema Italia pari al 7,7% nel 2021, cui seguirebbe un +6,5% nel 2022, anno durante il quale si dovrebbe tornare a pieno regime.

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