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Ilva: M5S diviso sullo scudo, ArcelorMittal se ne va

L’azienda ha presentato in Tribunale l’atto di recesso del contratto – Il premier Conte non riesce a convincere i ribelli del M5S a reintrodurre lo scudo penale e il Governo perde così l’unica arma per stanare l’azienda franco-indiana

Ilva: M5S diviso sullo scudo, ArcelorMittal se ne va

L’addio di ArcelorMittal all’ex Ilva di Taranto è ormai ufficiale. Il colosso siderurgico franco indiano ha depositato martedì al tribunale di Milano l’atto di recesso dal contratto d’affitto dello stabilimento pugliese. La gestione dell’impianto e dei suoi 10.700 lavoratori passa quindi nelle mani dei commissari straordinari, che presenteranno ricorso. Il documento sarà affidato a un giudice, che dovrà accertare se il recesso ha una base giuridica.

ArcelorMittal sostiene che la cancellazione dello scudo penale configuri una violazione del contratto e quindi giustifichi il recesso, perché compromette la realizzazione del piano industriale.

Il governo non risponde con una sola voce. La spaccatura è nel Movimento 5 Stelle, dove una pattuglia di parlamentari guidata dall’ex ministro Barbara Lezzi – e in grado di mettere in crisi i numeri dell’Esecutivo – ha respinto le richieste del premier, Giuseppe Conte, che vorrebbe trovare una formula per reintrodurre lo scudo penale, magari per decreto e con una norma generale valida non solo per l’ex Ilva.

Mercoledì si svolgerà un nuovo vertice di maggioranza per cercare di ricomporre la frattura.

Il ministro e capo politico grillino, Luigi Di Maio, ha però chiarito che “un’eventuale reintroduzione dello scudo penale per ArcelorMittal sarebbe un problema enorme per la maggioranza”.

In questo modo il M5S priva Conte di qualsiasi arma negoziale e giuridica nei rapporti con il gruppo franco-indiano. Il Presidente del Consiglio vorrebbe infatti reintrodurre l’immunità in primo luogo per stanare l’azienda, privandola del pretesto decisivo scelto per abbandonare Taranto, ma soprattutto per essere sicuro di prevalere nella causa miliardaria che seguirà.

E mentre il governo prepara la battaglia legale, anche i sindacati sostengono che non sussistano le condizioni per invalidare il contratto e chiedono un nuovo incontro al governo e all’azienda.

Intanto, l’ex Ilva potrebbe vedersi chiudere quanto prima l’area a caldo e interrompere così la produzione, peraltro già ridotta adesso a circa il 30%.  

Martedì i lavoratori hanno denunciato un incidente nell’acciaieria 2 dello stabilimento, dove una caldaia contenente metallo fuso si sarebbe bucata, sversando metallo fuso che avrebbe provocato fiamme altissime.

I sindacati hanno proclamato uno sciopero nazionale, con una manifestazione a Taranto in programma il 29 novembre.

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