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Il Pd di Matteo Renzi: fra dopo-Porcellum e governo Letta

Il sindaco di Firenze ha vinto nettamente le primarie del Pd con quasi il 70% dei voti. Alta la partecipazione: oltre due milioni e mezzo. Da oggi in primo piano i rapporti con il governo Letta e la nuova legge elettorale dopo la sentenza della Consulta. “Ma la fiducia al Governo non è in gioco” – Giovani e donne nella nuova segreteria

Il Pd di Matteo Renzi: fra dopo-Porcellum e governo Letta

Dopo aver vinto chiaramente le primarie per la segreteria del Pd nelle elezioni tra gli iscritti, Matteo Renzi ha ottenuto un successo ancora più netto nel voto tra gli elettori non iscritti (il cosiddetto popolo del Pd), raggiungendo quasi la quota del 70%. Una vittoria senza se e senza ma, rafforzata dalla partecipazione larga e imprevista nelle dimensioni: ben oltre due milioni e mezzo di votanti. Un fatto politico più che rilevante in tempi di populismo berlusconian-grillino. I suoi competitori Cuperlo (18%) e Civati (14 %) mettono insieme il 32 %. Una quota da non sottovalutare e il sindaco di Firenze, nel suo primo discorso da segretario, ha dimostrato di non voler certo regolare conti, concedendo a entrambi qualcosa di più dell’onore delle armi.

I quasi tre milioni di partecipanti alle primarie sono davvero tutti elettori del Pd? Certamente lo sono in larga parte, così come è chiaro che non ci sono stati “cammellaggi” organizzati da parte di altre forze politiche: Berlusconi e Forza Italia considerano il sindaco di Firenze il più pericoloso avversario in caso di ravvicinate elezioni politiche. Lungi da loro l’idea di rafforzarlo. Eppure, grazie alle primarie che più aperte non si può, è facile pensare che Renzi abbia avuto un limitato soccorso da elettori di centro-destra. Un po’ allo sbando dopo la scissione della Pdl, parte di loro non condivide la deriva grillin-populista del Cavaliere, ma non trova sufficiente affidamento nella nuova formazione di Angelino Alfano. Insomma, che qualche elettore di centro-destra trovi interesse per il Pd, che comunque mantiene regole democratiche al suo interno e non cade nelle lusinghe dell’anti-politica, è nella logica delle cose.

Renzi comunque si è preoccupato di rassicurare tutto il Pd allorché, nel suo discorso della vittoria, ha detto a chiare lettere che non è la sinistra a cambiare, ma soltanto un gruppo dirigente. Insomma: nessuna rottamazione, solo sostituzioni fisiologiche per cambiare chi nella squadra dava segni di usura e stanchezza. Alle porte non ci sono scissioni. E rassicurazioni in questo senso sono venute da Civati e soprattutto da Cuperlo, allorché ha detto che “questo resta il nostro treno per le nostre idee e per un partito più forte”. Del resto è noto che i binari della politica non finiscono mai. Dopo di che Renzi, come conviene a chi è il nuovo segretario, indicherà lui i nomi del nuovo gruppo dirigente e che il rinnovamento sarà ampio, è da tutti scontato.

Ma la segreteria Renzi è attesa soprattutto da due banchi di prova politici. I rapporti con Letta e il suo governo e l’ormai indispensabile nuova legge elettorale. Il sindaco di Firenze è certamente cosciente che non sarebbe una mossa vincente provocare all’inizio del suo mandato, una crisi di governo, che aprirebbe nuove strade all’insorgente populismo di Forza Italia e dei cinque stelle. Di queste cose sono consapevoli anche Letta e soprattutto Angelino Alfano, che non a caso, mentre Berlusconi arringava i reduci di Forza Italia convenuti per dar vita ai nuovi club dall’innovativo nome di “Forza Silvio”, offriva al Pd un rinnovato patto di governo fino al 2015. Quello che è certo è che Renzi nell’agenda di governo vorrà dire la sua facendo pesare di più il suo Pd.

C’è poi la questione della legge elettorale: dopo la pronuncia della Corte gli appetiti neoproporzionalisti si sono subito manifestati. Qui Renzi ha detto parole chiare: prima di tutto salvaguarderà il bipolarismo, poi intende far presto e non concedere spazio alle melina della quale (lo ha detto in un colloquio con “La Stampa”) considera responsabile anche il ministro Quagliariello. Al tempo stesso Renzi vuole stringere i tempi per il superamento del bipartitismo perfetto con la presentazione da parte del Governo di un disegno di legge costituzionale, che contribuisca anche con l’abolizione delle province, oltre che del Senato, ad una forte e decisa riduzione dei costi della politica. Di questo è dell’agenda del governo nel suo complesso il neosegretario parlerà da subito con il presidente del Consiglio.

Renzi ha vinto le primarie giocando da centravanti, se non di rottamazione, certamente di sfondamento. Ora per accreditarsi come prossimo candidato a palazzo Chigi dovrà però dimostrare di saper fare anche il play maker, magari mostrando di saper servire qualche deciso assist proprio ad Enrico Letta.

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