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Il Panettone di Pepe a gianduia e caffè: il dolce che sposa le tradizioni storiche di Nord e Sud

Una miscela di tre caffè aromatizza l’impasto e avvolge il delicato sapore del cioccolato Gianduia. Quando la chiesa napoletana riteneva il caffè la bevanda del diavolo. Fu Maria Carolina D’Asburgo moglie di Ferdinando di Borbone a importare la tradizione delle Kaffeehaus nel regno di Napoli.

Il Panettone di Pepe a gianduia e caffè: il dolce che sposa le tradizioni storiche di Nord e Sud

È un virtuale abbraccio fra Nord e Sud il Panettone che Giuseppe Pepe, membro dell’Accademia dei Maestri del Lievito Madre e del Panettone Italiano, e titolare con i fratelli Prisco e Anna della grande pasticceria di Sant’Egidio di Monte Albino, in provincia di Salerno, lancia per dare gusto ai pranzi delle feste natalizie. Due le materie prime protagoniste del suo panettone: caffè e gianduia, due nomi che evocano sapori, storia e tradizioni del Piemonte e della Campania.

La creazione del gianduia, antenato della Nutella, si attribuisce ai pasticcieri torinesi nel 1806, che sostituirono con la più economica nocciola tonda gentile delle Langhe una parte dell’ormai costosissimo cacao: infatti il blocco economico ordinato da Napoleone per i prodotti dell’industria britannica e delle sue colonie rimasto in vigore fino al 1813, aveva reso difficile il reperimento del cacao.

Il Gianduja, antenato della Nutella, inventato dai pasticcieri piemontesi dopo il blocco del cacao imposto da Napoleone

Fu poi il cioccolataio Michele Prochet, nel 1852   entrato in società con Caffarel, a migliorare l’impasto tostando le nocciole e macinandole finemente. Secondo quanto tramandato, il cioccolatino destinato a segnare la storia della pasticceria piemontese nacque da un “colpo di cucchiaio” dato sapientemente a questo impasto soffice. Nacque così il Gianduiotto con la sua tipica forma, che verrà presentato come primo cioccolatino incartato in occasione del Carnevale del 1865, distribuito dalla maschera popolare di Torino, Gianduja che diede così il nome all’impasto.

Parlare di Caffè è parlare più di una bevanda, è parlare di un vero culto per i napoletani, al pari del culto per San Gennaro, o del culto per la Pizza.

La diffusione del caffè a Napoli si deve a Maria Carolina D’Asburgo, che dopo aver sposato Ferdinando IV di Borbone nel 1768, volle introdurre a corte l’usanza del caffè molto in voga in Austria con le Kaffeehaus, i raffinati caffè viennesi. Non che a Napoli non lo si conoscesse. Alcuni mercanti veneziani lo avevano portato a Napoli ma a causa del suo colore nero si pensava portasse male (la Chiesa la riteneva addirittura la bevanda del diavolo), per questo motivo non si era diffuso. E dunque grazie a Maria Carolina il caffè venne visto in una nuova luce e i napoletani si specializzarono in una particolare tostatura dei chicchi che conferiva alla bevanda un gusto ricco.

Il caffè diffuso a Napoli da Maria Carolina d’Asburgo Borbone, prima la Chiesa lo considerava la bevanda del diavolo

Ma a renderlo casalingo e diffuso in tutti gli strati della popolazione fu l’arrivo nelle case dei napoletani, della cocumella che alternava il metodo di preparazione per decozione alla turca al metodo di infusione alla veneziana, con un sistema a doppio filtro. Per la verità era stata inventata in Francia dal parigino Morize nel 1819 ma l’invenzione in Francia non ebbe molto successo tuttavia una volta arrivata a Napoli venne adottata da tutti i napoletani e celebrata dal grande Eduardo De Filippo nel famoso monologo del caffè presente nella commedia “Questi Fantasmi!”, capolavoro del 1945.   Bisognerà aspettare infine agli albori del ‘900 perché con l’introduzione delle macchine a leva nasca l’Espresso napoletano, profumato, aromatico e cremoso, che è diventato orgoglio e mito della città e della cultura gastronomia partenopea.

E dunque il messaggio che Giuseppe Pepe lancia per Natale è un virtuale abbraccio fra Nord e Sud con il suo panettone a Gianduia e Caffè.  “Al gusto intenso e deciso del miglior espresso napoletano – spiega il Maestro – abbiamo unito il carattere dolce e magnetico del cioccolato gianduia: è così che nasce questo prezioso panettone”.  

Si tratta del connubio di due elementi diffusi in tutto il mondo: il caffè con il suo carattere prorompente, avvolgente, estasiante ed il cioccolato gianduia che avvolge letteralmente il primo elemento con il suo profumo di nocciola, dolce ed elegante.

Tre tipologie di caffè per aromatizzare la dolcezza dell’impasto al cioccolato

Come è tradizione della Pasticceria Pepe, che il compianto Alfonso seppe ideare come un laboratorio di alta pasticceria della lievitazione, conquistando tutti i principali premi nazionali e facendo del marchio Pepe un brand conosciuto in Italia e nel mondo – ogni prodotto è sempre frutto di accurata scelta delle materie prime e di lavorazioni dedicate. E la regola anche in questo caso è stata rispettata.  A rendere davvero caratterizzante questo grande lievitato – spiega Giuseppe Pepe che ha ereditato e tiene alta la bandiera della tradizione di eccellenza della pasticceria – è la scelta accurata di 3 tipologie di caffè racchiuse in un’unica miscela che vanno ad aromatizzare l’impasto che avvolge il delicato cioccolato gianduia. Il massimo lo si ottiene in cottura e nella fase di riposo nel suo sacchetto originale, “perché è proprio da qui che si iniziano a sprigionare tutte le mille sfumature ed i sentori tipici e ammalianti della bevanda più diffusa al mondo”.

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