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Il nuovo Governo e tutti i rischi di portare l’Italia fuori strada

Anzichè risvegliarci nel giardino dell’Eden, le ricette del cosiddetto Governo del cambiamento rischiano di portare l’Italia all’inferno: il perchè verrà analizzato nel convegno “Dal contratto giallo-verde ai rischi per l’economia” del 12 giugno a Roma (h.16, Piazza Capranica 72).

Il nuovo Governo e tutti i rischi di portare l’Italia fuori strada

Quando nasce un nuovo Governo è buona prassi istituzionale inviargli i migliori auguri nella speranza che faccia qualcosa di positivo per il paese. Ciò non toglie che critiche e sottolineature delle contraddizioni programmatiche siano non solo possibili ma anche opportune. Questo non significa criminalizzare in anticipo la nuova compagine governativa come sostiene Travaglio. Forse non ricorda bene, ma critiche ai programmi dei nuovi governi si sono sempre fatte e spesso con toni aspri. Del resto in politica è pericoloso dire “aspettiamo per vedere cosa fanno” perchè il governo non agisce come in un esperimento di laboratorio, ma incide sulla carne viva delle persone e quindi, una volta fatte certe scelte, poi tornare indietro è molto difficile e costoso per tutti i cittadini.

Stando a quanto è scritto nel “contratto” il governo del cambiamento rischia di effettuare sì dei cambiamenti, ma in PEGGIO. E questo perché i due partiti contraenti hanno sbagliato l’analisi della situazione italiana e di conseguenza propongono una cura che aggraverebbe il male, conducendo cioè a risultati opposti a quelli pensati da Salvini e Di Maio. La crisi italiana deriva, è ormai evidente, dal blocco ultraventennale della crescita e dalla stasi della produttività. Aggiungo due marginali annotazioni: dalle dichiarazioni dei redditi dei professionisti pubblicate dal Sole 24 Ore si capisce che la crisi generale ha colpito duramente anche la classe media con tagli dei loro redditi tra il 20 ed il 30%. Ciò dimostra che da noi non c’ è tanto un problema della crescita delle diseguaglianze ma la conseguenza generale della prolungata recessione che ha colpito tutti i redditi, facendo ovviamente stare peggio coloro che già prima erano al limite della povertà. La ricetta giusta è quindi quella di rimettere in moto l’ Italia, di crescere di più e di creare più posti di lavoro, non tanto quella di redistribuire il poco che abbiamo.

In secondo luogo vorrei citare il sen Bagnai che intervenendo in Senato nel corso del dibattito sulla fiducia, ha attaccato l’UE affermando che non c’è stata solidarietà e che l’ Italia non è stata aiutata. Forse Bagnai non ricorda che nel 2011 ci furono dei sostegni da parte della Bce e che anche la Commissione era  isponibile a fare qualcosa se l’Italia avesse ottemperato agli impegni che aveva assunto e che erano riassunti nella famosa lettera della Bce e di Banca d’Italia. E fu proprio la Lega ad opporsi alla riforma delle pensioni, al contenimento della finanza locale ed alla riforma del mercato del lavoro. Fu la Lega che per la seconda volta fece cadere Berlusconi. Ora alza il tiro. Diventata sovranista, invece che padana, punta ad uscire dall’ Europa ed isolarci dal resto del mondo.

Lega e 5 Stelle pensano in maniera semplicistica che la colpa della crisi sia delle élite che sono al servizio di forze oscure e di lobby più o meno criminali che con estremo cinismo hanno deliberatamente affamato il popolo. Inoltre la corruzione diffusa tra politici ed affaristi ha sottratto centinaia di miliardi al reddito dei cittadini. Da questo discende che basta il cambio della classe politica per poter soddisfare le aspettative del popolo sulle pensioni, il reddito di cittadinanza e la riduzione della pressione fiscale. Sulla corruzione la “percezione” della gente appare lontana dalla realtà. Noi non siamo più corrotti degli altri paesi. Più o meno, come ha dimostrato Carlo Cottarelli in un suo recente libro, siamo allo stesso livello degli altri. Ma insistere sulla lotta alla corruzione comporta gravi rischi per la democrazia inducendo a provvedimenti liberticidi come ad esempio quello degli agenti provocatori. Il problema della corruzione va affrontato – e questo vale anche per Cantone – con una riduzione del perimetro dello Stato e con una revisione completa dei compiti della burocrazia e dei vari regimi autorizzativi.

Al grido “il popolo lo vuole” Salvini e Di Maio si lanciano all’assalto delle nostre regole di mercato e della concorrenza che con grande fatica ci siamo dati negli ultimi anni. Si pensa di nazionalizzare l’ Alitalia, di chiudere e riconvertire l’ Ilva, di cambiare la riforma delle popolari e del credito cooperativo , di penalizzare le imprese che vogliono investire all’estero, di aumentare il deficit annuale e magari se il mercato non vorrà prestarci i denari necessari per le spese volute, emettere dei mini- bot. Insomma la banale idea dei giallo-verdi è quella di dare soldi a tutti. Se la cosa funzionasse non si capisce perché nel corso dei secoli nessun governante ci aveva pensato! In questo quadro non c’è da meravigliarsi se, nonostante i lodevoli sforzi del ministro Tria che ha riaffermato la volontà del governo di ridurre il debito e di rimanere saldamente ancorati all’ Euro, il mercato si mostra scettico sulle reali intenzioni dei populisti al governo.

Di fatto Salvini e Di Maio sembrano sognare un ritorno ai “mitici” anni ’70 quanto il paese era sovrano, potevamo stampare quante lire volevamo ma avevamo un’inflazione al 20%, le imprese scappavano dall’Italia, e c’era la guerriglia delle BR e dei NAR. Di quale giardino dell’ Eden stiamo parlando? Dovevamo mettere vincoli amministrativi su tutte le attività finanziarie delle banche e dei privati (Savona se ne dovrebbe ricordare bene) insomma eravamo quotidianamente impegnati a costruire un muro che avrebbe dovuto proteggerci dal resto del mondo ed invece ben presto ci è apparso per quello che era realmente: una prigione entro la quale stavamo languendo.

Si avvertono già sinistri scricchiolii sia sui mercati finanziari che nell’economia reale dove la congiuntura sta rallentando. Le nostre banche soffrono a causa dell’aumento dello spread e stanno già bloccando il credito. I privati stanno rallentando gli investimenti, mentre quelli pubblici sono ostacolati dallo stesso governo. Dopo l’infelice sortita su Mps e sulla Cassa depositi e prestiti, tutti guardano con apprensione al futuro del settore bancario che soffre per il crollo dei titoli di Stato e per la confusa idea di voler indennizzare gli azionisti delle banche fallite. E quelli che hanno subito analoghe perdite per aver comprato azioni delle banche che poi si sono salvate? Attenzione bisogna dire chiaro e forte che se davvero si volessero applicare le ricette scritte nel “contratto” rischiamo di risvegliarci non nel giardino dell’ Eden ma direttamente all’inferno. E questa volta per poi uscirne la ricetta Monti-Fornero ci sembrerà un’aspirina.

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