Condividi

Il Governo vuole evitare l’aumento Iva, ma Confindustria e Ocse chiedono il taglio del cuneo fiscale

Brunetta e Fassina sono d’accordo: “La priorità è evitare il rincaro Iva, a giorni arriverà un decreto” – Confesercenti e consumatori sulla stessa linea, ma Confindustria e Ocse non ci stanno: “E’ più ugente tagliare il costo del lavoro” – Rehn atteso martedì al Parlamento italiano per un’audizione.

Il Governo vuole evitare l’aumento Iva, ma Confindustria e Ocse chiedono il taglio del cuneo fiscale

Da una parte gli industriali e l’Ocse, dall’altra i commercianti e i consumatori, in mezzo i dubbi di Bruxelles.  Oltre a far quadrare i conti, il Governo Letta deve dialogare con una lunga lista d’interlocutori. Che siano favorevoli, contrari o semplicemente perplessi, tutti sono interessati al prossimo intervento cruciale nell’agenda politica italiana: l’abolizione del rincaro sulla terza aliquota Iva, che – senza ulteriori interventi – il mese prossimo salirà automaticamente dal 21 al 22%. Per rinviare lo scatto  l’Esecutivo ha solo due settimane. La copertura richiesta ammonta a un miliardo di euro. 

LA POSIZIONE DEL GOVERNO

“E’ molto probabile che l’Iva non aumenti”, aveva cercato di rassicurare la settimana scorsa Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico. Un impegno bipartisan: “Tra qualche giorno sarà varato un decreto per non far aumentare l’Iva, con le relative coperture”, ha annunciato il capogruppo Pdl alla Camera, Renato Brunetta, precisando che in un secondo momento, “nella legge di Stabilità, ci sarà la riforma complessiva della tassazione dell’Iva”. Per una volta Brunetta è d’accordo con Stefano Fassina (Pd): “L’aumento dell’Iva sarebbe molto negativo: avrebbe un effetto recessivo molto pesante, va evitato”, ha detto il viceministro dell’Economia, sottolineando che l’intervento sull’imposta è prioritario rispetto a qualsiasi riduzione del cuneo fiscale. 

CONFINDUSTRIA E OCSE

Una precisazione che ha suscitato la reazione degli industriali: “Per il rilancio dell’economia reale è molto più urgente e necessario ridurre il costo del lavoro e riequilibrare il carico fiscale in busta paga piuttosto che intervenire sulle tasse sui consumi e, dunque, sull’Iva”, ha detto oggi Fulvio Conti, vicepresidente e responsabile del Centro studi di Confindustria.

Le conclusioni di viale dell’Astornomia coincidono con quelle dell’Ocse: “L’abbiamo detto e ribadito più volte basandoci su un’evidenza empirica molto ampia – ha detto Piercarlo Padoan, capoeconomista e vicesegretario generale dell’organizzazione –, bisogna passare dalla tassazione dei redditi a quella dei consumi e dei patrimoni. Se si abbassa il costo del lavoro e se le imprese hanno una situazione di fiducia più solida, investiranno di più e i redditi dei lavori aumenteranno. Non è vero che se non si abbassa l’Iva non si sostengono i consumi: si sostengono comunque, ma attraverso un’altra strada”. 

CONFESERCENTI E CONSUMATORI

Come prevedibile, la posizione di Brunetta e Fassina è invece apprezzata da Confesercenti. Secondo il presidente dell’associazione dei commercianti, Carlo Sangalli, “l’aumento dell’Iva, anche alla luce dei primi timidi segnali di ripresa che non hanno però ancora interessato l’economia reale, stroncherebbe sul nascere qualsiasi possibilità di un miglioramento dei consumi e il conseguente consolidamento del quadro economico. Insomma, ridurre la pressione fiscale, e non aumentarla, resta la priorità”.

Sulla stessa linea anche le associazioni dei consumatori: “Nell`ambito del dibattito relativo all`eliminazione dell`incremento Iva e al taglio del cuneo fiscale siamo convinti che prevalga la necessità dell`intervento sull`Iva – scrivono in una nota congiunta Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti rispettivamente di Federconsumatori ed Adusbef – . Si tratterebbe di un`operazione demenziale ed irresponsabile, in grado di creare profondi danni all`intera economia, specialmente in una fase caratterizzata da una forte crisi del potere d’acquisto e da una grave contrazione dei consumi”.

LE PREOCCCUPAZIONI DI BRUXELLES

A prescindere da come verranno impiegate le risorse – che sia per evitare l’aumento dell’Iva o per ridurre il cuneo fiscale – ad allarmare l’Europa è la tenuta complessiva dei conti pubblici italiani. Sono passati solo quattro mesi da quando Bruxelles ha archiviato la procedura d’infrazione per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese, ma le autorità dell’Ue hanno già sottolineato che quest’anno Roma rischia di sforare nuovamente la fatidica soglia del 3%. Ecco perché Olli Rehn, commissario europeo agli Affari economici, è atteso martedì al Parlamento italiano per un’audizione. 

Commenta