Condividi

I giovani pagano la permacrisi: le ragioni della fuga all’estero. Rapporto della Fondazione Visentini

Secondo il V Rapporto sul Divario Generazionale presentato alla Luiss dalla Fondazione Bruno Visentini, 1 giovane su 4 pensa di andare all’estero mentre cresce la disaffezione della politica per le misure rivolte alle giovani generazioni

I giovani pagano la permacrisi: le ragioni della fuga all’estero. Rapporto della Fondazione Visentini

In momenti di forti crisi sistemiche come quella attraversata a seguito della pandemia, nel nostro Paese le fasce più giovani della popolazione sono le prime a pagare e le ultime a riprendersi. Nonostante ciò le risorse che i diversi Governi rivolgono ai più giovani sono sempre più esigue. Si è passati da 1,8 miliardi della Manovra 2019 a 300 milioni della Legge di Bilancio 2022, cui si aggiungono poco più di 700 milioni messi a disposizione dal Pnrr. Il risultato? È sempre più elevato il numero di studenti che ritiene di dover andare all’estero per crearsi una vita autonoma. 

Sono questi alcuni dei dati principali che emergono dal V Rapporto sul Divario Generazionale a cura della Fondazione Bruno Visentini presentato il 23 marzo presso il campus Luiss Guido Carli di Roma dal presidente della Fondazione Alessandro Laterza e dai Condirettori scientifici, il professor Luciano Monti e il professor Fabio Marchetti, entrambi docenti Luiss. All’evento hanno partecipato anche Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i Giovani, Tiziano Treu, presidente del CNEL e Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio Nazionale Giovani. 

L’indice di divario generazionale

L’indagine sul futuro dei giovani, che quest’anno ha come titolo “Il divario generazionale. La generazione Z e la permacrisi” è stata realizzata tra l’inizio di aprile e la fine di maggio 2022, interessando circa 5 mila studenti tra i 13 e i 20 anni, provenienti da tutta Italia e da tutti i percorsi scolastici. L’analisi mostra come l’indice di divario generazionale – indicatore costruito per rilevare gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento della maturità economica e sociale delle giovani generazioni – nel 2021 abbia registrato un leggero miglioramento rispetto all’impennata del 2020, in piena crisi Covid: 141 punti contro 144. Dati che però rimangono lontani dal periodo pre-pandemia (134 punti del 2019) e si avvicinano a quelli degli anni della recessione (2012). 

Di fronte a questi numeri occorre sottolineare un’altra importante evidenza: quella che ormai viene definita permacrisi “esplica effetti asimmetrici sulle differenti fasce di età, colpendo con maggiore forza quelle giovanili”, affermano gli esperti della Fondazione Bruno Visentini, che spiegano: “tra i 43 indicatori che compongono i 14 domini dell’indice, quelli più penalizzanti per i giovani riguardano in particolare il peso eccessivo del sistema pensionistico sui conti dello Stato, la parità di genere, la povertà, il debito pubblico, il capitale umano e il credito e risparmio”. 

La politica investe sempre meno sulle nuove generazioni

Di fronte a questa realtà “anche per il 2022 si continua a registrare una costante disaffezione del Legislatore per le misure direttamente rivolte ai giovani e inserite in una strategia pluriennale”, afferma a chiare lettere la Fondazione Bruno Visentini. Numeri alla mano infatti, la Manovra 2019 conteneva infatti misure generazionali per 1,8 miliardi di euro, una cifra che si è ridotta di sei volte nella finanziaria 2022, a cui però vanno aggiunti i 700 milioni messi a disposizione dal PNRR (meno del 2% della dotazione annua). Sommando gli uni e gli altri si raggiunge a stento la somma di 1 miliardo di euro. 

“Voglio soffermare l’attenzione – ha affermato il Professor Monti – su alcune raccomandazioni che il presente Rapporto rivolge al governo ed in generale al legislatore. La prima riguarda l’introduzione nel nostro Paese, sulla scia dell’esperienza tedesca e austriaca, del cosiddetto youth check, ovvero la valutazione di impatto generazionale di tutte le norme introdotte nel nostro ordinamento, affinché queste non pregiudichino il futuro dei giovani.  La seconda raccomandazione è relativa invece all’introduzione di una strategia per le politiche giovanili che guardi ad un orizzonte temporale di almeno 5 o 7 anni”.

Un giovane su 4 pensa di dover andare all’estero per realizzarsi

Dall’indagine effettuata tra 5mila studenti italiani emerge che circa due terzi dei giovani propendono per una vita professionale autonoma, da professionista, da imprenditore o da lavoratore autonomo, a fronte di un 35% di rispondenti che dichiara di preferire la carriera da dipendente. C’è però un’altro aspetto molto preoccupante che salta immediatamente agli occhi: uno studente su quattro afferma di vedersi nel prossimo futuro residente in un altro Paese europeo o extraeuropeo, purtroppo in continuità con il già alto numero di giovani che ogni anno lasciano l’Italia. Si registra, infine, che poco più di uno studente su due (51,9%) afferma di voler proseguire con gli studi universitari, di questi il 49% afferma di preferire le materie STEM. 

I giovani e l’importanza della previdenza complementare

Nel corso della presentazione del rapporto, il professor Marchetti ha sottolineato che “un tema estremamente rilevante riguardo ai giovani è quello della Previdenza. In particolare, in un ordinamento ormai decisamente indirizzato verso un Sistema a tre Pilastri (previdenza pubblica di base, previdenza complementare collettiva e risparmio previdenziale individuale) la Previdenza Complementare assume per i giovani un’importanza fondamentale al fine di poter contare in vecchiaia di un reddito sufficiente alle proprie esigenze di vita. Di fronte a una situazione che vede una scarsa adesione dei giovani ai Fondi Pensione (stando agli ultimi dati della Covip solo 1,5 milioni di iscritti hanno meno di 35 anni e fra questi solo 500 mila risulterebbero le giovani donne), appare urgente prevedere dei concreti incentivi per i giovani al fine di favorire la loro adesione alla Previdenza Complementare (ad esempio, si potrebbe proporre un contributo integrativo figurativo pari al 50% dei contributi effettivamente versati per i primi 5/10 anni di iscrizione ad un Fondo Pensione).” 

“La mia presenza qui oggi è un’assunzione di responsabilità: annuncio, infatti, il mio impegno a promuovere un Decreto-legge Giovani, di cui ho già discusso con il Presidente del Consiglio, e che si inserisca in una politica di programmazione di medio-lungo periodo per affrontare, in primis, il problema di quella percentuale significativa di ragazzi che vede il proprio futuro all’estero”, ha affermato il ministro per lo Sport e i Giovani Abodi.

Commenta