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Groenlandia, comincia la caccia alle risorse naturali

I ghiacci dell’Artico celano petrolio, gas, ferro, rame, nickel, zinco e terre rare – I capofila nello sfruttamento minerario sono australiani e canadesi, ma in ogni progetto c’è sempre lo zampino della Cina – L’economia della Groenlandia si basa sulla pesca e i locali non hanno la possibilità di creare nuove infrastrutture per lo sfruttamento

Groenlandia, comincia la caccia alle risorse naturali

I geologi lo sanno da tempo. Nelle profondità dei ghiacci dell’Artico sono sepolti tesori. A centinaia e centinaia di metri di profondità, sotto terra e acque congelate c’è ferro, rame, nickel, zinco e terre rare, mentre più in là – in mare aperto – dormono placidi petrolio e gas.

La corsa all’oro del nord, in realtà, è già cominciata. Avventurieri di ogni dove, incoraggiati dalla Groenlandia in cerca di investimenti, hanno speso 1,7 miliardi di dollari per sviluppare progetti. Un’azienda britannica va a caccia di minerali di ferro. Gli scozzesi vogliono scoprire il petrolio sotto il mare. Gli australiani vogliono le terre rare. I canadesi scavano alla ricerca di rubini, mentre un gigante minerario cinese vuole far partire i lavori.

Dalle parti della Groenlandia, l’Artico sta diventando un risiko di risorse appetitose. I ghiacci ogni anno si sciolgono e rendono possibile lo sfruttamento delle ricchezze nascoste. Il problema è che i 56 mila abitanti dell’isola più grande del mondo – territorio danese – non hanno i mezzi per costruire porti, strade, stabilimenti e trasformare un’economia basata sulla pesca in una basata sulle miniere.

A fare da capofila nella ricerca del tesoro, è un gruppo di aziende australiane e canadesi, con più di 100 progetti. “L’industria mineraria sbarcherà in Groenlandia”, dichiara trionfante la neoeletta primo ministro Aleqa Hammond. Secondo una ricerca del Wall Street Journal, la Cina – il più grande importatore di risorse naturali – ha diverse imprese che coinvolte in progetti nell’Artico. In effetti, il futuro, da queste parti, dipende molto da banchieri, ingegneri, costruttori e compratori cinesi.

Finora, buona parte delle proposte è – in un modo o nell’altro – collegata a Pechino. Un progetto minerario della britannica London Mining impiegherà in maniera massiccia lavoratori cinesi. A metà luglio, l’australiana Ironbark Zinc PLC ha fatto sapere di essere in contatto con un’azienda della Repubblica popolare che potrebbe finanziare e costruire una base mineraria del valore di 485 milioni di dollari nel nord dell’isola. Una settimana prima, una delegazione di aziende e banchieri cinesi era atterrata in Groenlandia per incontrare i “cercatori d’oro” locali. E i canadesi di True North Gems hanno dichiarato di essere entusiasti di trovare rubini e pietre rosse particolarmente popolari in Cina e India.

Insomma, che si tratti di produrre o comprare, la via – come al solito – è quella della seta.

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