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GreenItaly, le imprese verdi avanzano: più fatturato e occupati

Anche nel corso della pandemia, sono 441mila imprese che hanno investito nella green economy, mentre sale la richiesta di green jobs – Italia leader in Europa nell’economia circolare – Bene la potenza rinnovabile ma siamo lontani dai target 2030

GreenItaly, le imprese verdi avanzano: più fatturato e occupati


Sono 441mila le imprese che negli ultimi cinque anni hanno deciso di investire sulla green economy, una scelta portata avanti anche nel corso della pandemia e della crisi economica da essa causata con il 31,9% delle aziende attive nell’industria e nei servizi e il 36,3% della manifattura che ha puntato su prodotti e tecnologie green. Parliamo di società che mostrano un elevato dinamismo sui mercati esteri, che innovano di più e producono più posti di lavoro. Ma soprattutto che, grazie alla loro attitudine e alla loro sostenibilità si attendono un aumento del fatturato pari al 14% nel 2021, 5 punti in più rispetto alle altre realtà del sistema produttivo italiano. 

Questi alcuni dei dati contenuti  nella dodicesima edizione del rapporto GreenItaly, realizzato dalla Fondazione Symbola e da Unioncamere e presentato a Roma. 

OCCUPAZIONE

Sotto il profilo occupazionale, il 2020 è stato un anno di consolidamento nonostante le difficoltà della pandemia. I contratti relativi ai green jobs rappresentano il 35,7% dei nuovi contratti previsti nell’anno. Tra le figure più ricercate dalle aziende, spiega il rapporto, figurano professionisti più qualificati ed esperti in termini relativi rispetto alle altre figure, una tendenza che si rispecchia in una domanda di green jobs predominante in aree aziendali ad alto valore aggiunto. A fine 2020 erano 3.141,4 mila i lavoratori che svolgevano una professione di green job, di cui il 33,8% al Nord-Ovest, il 23,6% nel Nord-Est, il 21,4 al Centro e il 21,3% nel Mezzogiorno. “La pandemia ha avuto un effetto asimmetrico sui diversi settori e comparti dell’economia: se molti hanno perso quote di reddito ed occupazione nel 2020, per altri c’è stata, invece, crescita o consolidamento. Il settore green rientra tra questi”, sottolinea il report. 

ECONOMIA CIRCOLARE

Il rapporto GreenItaly pone in evidenza come l’Italia sia diventata uno dei Paesi leader nell’economia circolare, con un riciclo sulla totalità dei rifiuti urbani e speciali del 79,4% (2018). Un risultato ben superiore alla media europea (49%) e a quella degli altri grandi Paesi come Germania (69%), Francia (66%) e Regno Unito (57%) con un risparmio annuale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 nelle emissioni (2018) grazie alla sostituzione di materia seconda nell’economia. Symbola e Unioncamere confermano inoltre la leadership italiana nella riduzione di materie prime per unità di prodotto (-44,1% di materia per unità di prodotto tra 2008 e 2019). “Tuttavia, per alcuni settori – acciaio e alluminio – i rifiuti prodotti non sono sufficienti a sostenere la produzione, pertanto il nostro Paese deve ancora far affidamento sull’importazione di materia seconda dall’estero”. Da sottolineare anche il quarto posto al mondo dopo Germania, Cina e Stati Uniti, come nazione produttrice di biogas, da frazione organica, fanghi di depurazione e settore agricolo. 

LA SOSTENIBILITÀ NELL’INDUSTRIA

La sostenibilità è presente nelle strategie industriali di tutti i settori. La filiera del legno arredo ricicla il 95% del legno per produrre pannelli per l’arredo, con un risparmio nel consumo di CO2 pari a quasi 2 milioni di tonnellate/anno. “Anche il complesso mondo dell’edilizia si muove in questa direzione, favorita dagli incentivi statali per l’efficientamento degli edifici”, si legge nel rapporto, che evidenzia poi come anche settori ad alto impatto ambientale come tessile e moda stiano cercando di focalizzarsi su soluzioni legate all’eliminazione di sostanze tossiche e/o inquinanti dai tessuti. Progressi anche nella meccanica che, grazie alla digitalizzazione supporta da tempo l’efficientamento delle filiere produttive e la riduzione degli impatti ambientali.

Andando avanti il report sottolinea che “il comparto dell’automotive italiano è storicamente uno dei più avanzati per le emissioni. Ma è nella produzione di veicoli elettrici e nella filiera produttiva che si gioca la partita della riorganizzazione di uno dei sistemi automotive più importanti del mondo, con un fatturato di oltre 106 miliardi, pari al 6,2% del PIL”. I progressi cominciano a vedersi con la produzione di auto elettriche ed ibride cresciuta dallo 0,1% del 2019 al 39,5% del primo trimestre 2021, con un’azienda su tre che si è posizionata nel mercato dei veicoli elettrificati, sviluppandone la componentistica. Infine il settore agricolo “dove molto è possibile fare, con un taglio del 32% sull’uso dei prodotti fitosanitari tra il 2011 e il 2019 e una quota di emissioni per unità di prodotto nettamente inferiore a quella delle principali economie europee si conferma il più green d’Europa”. L’Italia è prima anche nel biologico, con oltre 80mila imprese impegnate e una superficie coltivata a biologico aumentata del 79% negli ultimi dieci anni, ed è tra i leader al mondo della biochimica bio-based attiva per prodotti biodegradabili e compostabili sempre più utilizzati dall’agricoltura alla cosmesi. 

RINNOVABILI 

Per quanto riguarda le rinnovabili, nel 2020 sono stati segnati nuovi record di potenza elettrica rinnovabile installata, pari all’83% della crescita dell’intero settore elettrico. In Italia il 37% dei consumi è stato coperto da fonti rinnovabili, con una produzione di circa 116 TWh. “Tuttavia, la potenza installata è ancora distante dai target di neutralità climatica previsti per il 2030”, spiega il report. Alla fine dello scorso anno risultavano in esercizio nel nostro Paese circa 950.000 impianti per una potenza complessiva di oltre 56 GW. Di questi, quasi 936.000 sono fotovoltaici, circa 5.700 eolici e i restanti alimentati dalle altre fonti (idraulica, geotermica, bioenergie). Siamo però ancora lontani dai target di neutralità climatica previsti per il 2030. Ma la lievitazione delle bollette spinge ad accelerare verso questa direzione. 

 “Abbiamo vissuto un decennio che può essere definito il decennio delle rinnovabili che sono diventate l’asse portante del paradigma energetico del futuro. Ormai sono il cuore della generazione elettrica e lo saranno anche nel prossimo decennio che sarà il decennio dell’elettrificazione. La crescita dell’elettrificazione continua il doppio rispetto alla domanda mondiale. Un trend che sta diventando fondamentale perché è tecnologicamente ed economicamente conveniente. Tutto questo ha implicazioni positive per l’Italia”, ha detto Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, intervenendo alla presentazione del rapporto Greenitaly. Starace ha evidenziato i passi avanti e sottolineato che “l’unico vulnus è la digitalizzazione su cui però abbiamo fatto un buon recupero”. L’Italia ha solo da guadagnare da questa transizione, per il futuro bisogna rafforzare i punti di forza e affrontare i punti deboli”, ha continuato il manager, evidenziando che “con le risorse del Pnrr e investimenti a terra avremo bisogno di 15mila tecnici addizionali che non abbiamo. Abbiamo fatto partire centri, li stiamo formando, per avere un bacino cui si può attingere quando arriverà il flusso degli investimenti. Non bisogna avere paura della transizione”.

“Il Covid non ha fermato gli investimenti green, perché sempre più imprenditori sono consapevoli dei vantaggi competitivi derivanti dalla transizione ecologica. Ma ancora oltre la metà delle imprese manifatturiere percepisce questo passaggio più un vincolo che una opportunità”, ha sottolineato il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, aggiungendo che “per dare ulteriore impulso alla transizione ecologica occorre intervenire: sulla carenza di competenze attraverso percorsi di formazione adeguati; sulla diffusione di una cultura d’impresa più sostenibile; sull’accesso al credito bancario per facilitare il reperimento di risorse destinate investimenti ambientali; sulle norme e sulla fiscalità, semplificando le procedure amministrative oltre a incentivi e agevolazioni; sulla creazione di mercati per la sostenibilità (Green Public Procurement, ecc.); sull’affiancamento da parte delle istituzioni alle imprese, sia nelle problematiche di carattere tecnico e tecnologico, sia di assistenza all’accesso a risorse e servizi.”

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