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Green Deal Ue: i fondi e le conseguenze per l’Italia

Presentato il meccanismo di transizione equa, parte del Green Deal Ue da 1.000 miliardi di euro – All’Italia 364 milioni – Quattro le Regione in cui questi soldi potrebbero essere spesi a partire dalla Puglia, impegnata nel rilancio dell’ex Ilva di Taranto.

Green Deal Ue: i fondi e le conseguenze per l’Italia

L’obiettivo è raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 facendo dell’Europa il primo continente verde al mondo attraverso la trasformazione della sua industria, della sua economia e del suo approccio all’ambiente.

Tutti i 28 paesi dell’Ue, Italia compresa, saranno chiamati a fare la loro parte e riceveranno fondi corrispondenti al loro fabbisogno. Per il nostro Paese il Green deal europeo potrebbe dunque rappresentare un’opportunità per imprimere una svolta alla strategia industriale, approfittando delle risorse provenienti da Bruxelles e delle nuove norme in discussione per sanare alcune delle ferite rimaste aperte, Ilva in primis. Dal fondo di transizione equa arriveranno infatti 364 milioni, che salgono a 1,3 con il finanziamento statale. In totale il piano verde stima investimenti sull’Italia pari a 4,8 miliardi.

IL GREEN NEW DEAL E IL JUST TRANSITION FUND

Il 14 gennaio Paolo Gentiloni (commissario per l’economia), Johannes Hahn (politiche regionali) ed Elisa Ferreira (mercato interno) hanno presentato al Parlamento Ue il Just Transiton Mechanism (meccanismo per una transizione equa), prima e tangibile costola del Green Deal continentale, un piano di investimenti da 1.000 miliardi di euro in 10 anni provenienti in parte fondi inseriti nel budget Ue (circa il 25%) e in parte proprio dal il Meccanismo per una transizione equa.

Per il momento non si conoscono i dettagli di questo piano verde che dunque rimane un progetto per lo più “teorico”. Del meccanismo per la transizione equa invece sono stati diffusi i primi dettagli. Si tratta di un pacchetto di misure che mira a stanziare in totale 100 miliardi di euro dal 2021 al 2027 a favore delle regioni e dei settori più colpiti dalla transizione energetica a causa della loro maggiore dipendenza dalle fonti fossili. Attenzione però perché non si tratta di nuove risorse. Gran parte di questi fondi derivano dalla ridefinizione di vecchi progetti e finanziamenti. 45 miliardi arriveranno da un sistema di garanzia connesso a InvestEu (ex piano Juncker), 25-30 miliardi di investimenti saranno mobilitati tramite un sistema di prestiti al settore pubblico gestito dalla Banca europea degli investimenti. Il fondo per la transizione equa riceverà invece 7,5 miliardi di fondi “freschi” cui si aggiungeranno ulteriori risorse, stavolta nazionali. La proposta della Commissione stabilisce infatti che a ogni euro proveniente dal fondo, i singoli Stati membri facciano corrispondere denaro derivante dai fondi di sviluppo regionale e dal fondo Social Plus Ue e che stanzino anche “risorse proprie”. “Messi insieme – spiega la Commissione guidata da Ursula von der Leyen – si arriva a una cifra compresa tra 30 e 50 miliardi”.

COME SI ACCEDE AI FONDI UE

Sul piatto ad oggi c’è solo il Just transition Fund da 7,5 miliardi. Chi ha più problemi riceverà più soldi per portare avanti la transizione energetica. Questo il criterio base per accedere ai fondi. I singoli Stati Membri dovranno presentare progetti di decarbonizzazione credibili e rispettare alcuni parametri: avere un’intensità di emissioni e un livello di inquinamento almeno due volte superiore alla media europea e un’elevata intensità delle emissioni di gas serra del settore industriale a livello regionale; avere un alto numero di occupati nei settori del carbone e della lignite, il livello di produzione di torba e di shale oil. “Tutti i paesi europei riceveranno un aiuto. L’allocazione dipenderà dall’intensità dei problemi ambientali”, ha spiegato la commissaria ai fondi di coesione Elisa Ferreira.

GREEN DEAL: QUANTI SOLDI RICEVERÀ L’ITALIA

La certezza arriverà solo nel 2021, quando i fondi del piano verde saranno realmente allocati, ma secondo i dati pubblicati dalla Commissione Ue l’Italia potrebbe riceverà circa 364 milioni di euro dei 7,5 messi sul piatto, da utilizzare per spingere sulla transizione energetica. A questa cifra si sommerà il cofinanziamento dello Stato che farà salire l’importo a 1,3 miliardi.

Se invece si considerano tutti i “pilastri” del Piano verde, nel prossimo futuro l’Italia potrà contare su 4,8 miliardi di euro, poco meno della Francia e poco più della Spagna.

“Penso sia opportuno istituire un tavolo presso la presidenza del Consiglio per coordinare il lavoro sui diversi progetti di transizione energetica”, ha affermato il sottosegretario con delega agli investimenti, Marco Turco.

Rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa, Gentiloni ha dichiarato: “è chiaro che questo fondo, il Just Transition Fund, può riguardare l’Ilva, la Puglia e in particolare la zona di Taranto, tipica manifestazione di regione in transizione verso una industria meno intensiva da un punto di vista energetico. Ciò non vuol dire però che il problema dell’Ilva verrà risolto dal Just Transition Fund “.

In base ai problemi attuali e al tentativo che il Governo italiano sta portando avanti per cercare di rilanciare l’azienda, l’ex Ilva di Taranto potrebbe rientrare nel pacchetto di interventi da effettuare sfruttando il fondo di transizione equa. Un ulteriore aiuto arriverà anche dal progetto di revisione delle regole sugli aiuti di Stato, in programma per il 2021, che aiuterà a veicolare risorse verso i settori industriali in difficoltà e che potrebbe consentire allo Stato di entrare nel capitale dell’azienda insieme ad ArcelorMittal.

Oltre alla Puglia però potrebbero esserci altre Regioni che rispettano i parametri fissati da Bruxelles. Come ricorda il Corriere della Sera “l’Italia risulta terza nella tragica classifica delle morti premature dovute all’inquinamento atmosferico, dietro a Bulgaria e Ungheria” e per questo motivo potrebbe aver diritto a una fetta ampia dei finanziamenti. Dal punto di vista regionale inoltre anche la Sardegna, per numero di addetti occupati in attività legate al carbone e per il polo petrolchimico di Porto Torres potrebbe rientrare nei parametri, così come il Piemonte, ad oggi alle prese con la riconversione industriale, e la Lombardia dove i livelli di inquinamento sforano già la media europea.

(Ultimo aggiornamento: ore 12.54 del 16 gennaio).

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