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Grecia, se l’uscita dall’euro non è più tabù. Mercoledì la riunione dell’Eurogruppo

Mentre Atene brucia tra gli scontri dei manifestanti con le forze dell’ordine, il Parlamento approva le nuove riforme di austerità – Ma dopo la notizia delle elezioni ad aprile, l’Europa inizia a non fidarsi più delle promesse greche – Schaeuble vuole un impegno scritto da parte dei vertici ellenici o in alternativa un referendum.

Grecia, se l’uscita dall’euro non è più tabù. Mercoledì la riunione dell’Eurogruppo

Non deve essere facile essere un cittadino greco oggi. Vedere i propri rappresentanti firmare quella che, ai loro occhi, non può che sembrare una condanna a morte e dall’altra parte un’Europa a cui tutto questo non basta. La rabbia che si sta osservando in questi giorni (più di 80mila tra le strade di Atene, con almeno 60 feriti) deriva da una doppia delusione: prima per quanto avvenuto nel 2000, quando il governo ha falsificato i bilanci per entrare nell’euro, e ora dinanzi al Governo che sta accettando riforme draconiane per rimanerci a tutti i costi.

Con il passare del tempo e con l’inasprirsi delle tensioni sociali, la fiducia dell’Unione europea nei confronti del Governo ellenico sta diminuendo. L’annuncio delle elezioni ad aprile non ha di certo rassicurato le istituzioni comunitarie che temono un cambiamento delle regole a partita già iniziata. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfang Schaeuble, nell’ultima riunione dell’Eurogruppo, ha imposto ad Atene di impegnarsi per iscritto a mettere in atto le misure di austerity. Pena l’apertura della porta per uscire dall’euro. Tornare alla dracma, opzione tabù fino a qualche settimana fa, inizia a assumere caratteri più concreti. Sembra infatti che Schaeuble abbia minacciato il suo collega greco, Evangelos Venizelos, di imporre un referendum per decidere se continuare a utilizzare la moneta unica o meno, nel caso in cui le garanzie di Atene non fossero sufficienti. E in questo momento il risultato sembra abbastanza evidente.

Questa notte il Parlamento (con 199 sì e 74 no) ha varato diverse riforme di austerità, che valgono complessivamente 3,3 miliardi di euro, quasi un punto e mezzo del Pil. Il Paese venderà le quote pubbliche nelle industrie del petrolio, del gas, dell’acqua e della lotteria, taglierà la spesa farmaceutica, liberalizzerà alcune attività legate al turismo e aprirà il mercato energetico a investimenti stranieri. Con i funzionari della Troika si dovranno poi stabilire ulteriori tagli per un totale di 300 milioni di euro. Oggi inoltre è il termine ultimo per decidere l’accordo con i creditori privati, che potrebbe portare a un allegerimento dei conti ellenici per 100 miliardi di euro.

L’obiettivo è registrare nel 2012 un surplus primario di 3,6 miliardi che diventerebbe un leggero deficit con il pagamento degli interessi. Ma una volta raggiunto il pareggio di bilancio e aver ripagato gli obblighi più urgenti, la tentazione del default potrebbe essere grande. Forse è questo il dubbio che si insinua tra i ministri europei sempre più scettici verso la Grecia. D’altronde il debito continua a essere il 160% del Pil, e si prevede che nel 2012 l’economia registrerà un calo tra il 4 e il 5%. Atene ha fatto quello che le si chiedeva e ora spetta alla Troika (Ue, Bce e Fmi) accordare il secondo pacchetto di aiuti da 130 miliardi di euro. Ma non è ancora detta l’ultima parola. L’Eurogruppo si riunirà mercoledì e fino allora rimarremo tutti con il fiato sospeso.

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