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Grandi opere, gli ingegneri denunciano: ecco sprechi e inefficienze

Dal 2001 realizzato solo il 16% delle opere della Legge Obiettivo. Si tratta di 3,4 miliardi su 150 miliardi aggiudicati. Una ricerca del Consiglio nazionale Ingegneri analizza la débacle. Il presidente Antonio Zambrano: “Basta con gli appalti integrati, separare la progettazione dalla funzione di programmazione e controllo delle stazioni appaltanti”

Grandi opere, gli ingegneri denunciano: ecco sprechi e inefficienze

“La nostra formula ideale è la seguente: alla P.A. e alle Stazioni appaltanti il ruolo guida, programmazione e controllo; ai tecnici esterni la progettazione”. Le grandi opere pubbliche sono al palo, le infrastrutture non decollano e i fondi europei vanno perduti. E’ questo il nuovo griso d’allarme lanciato dal presindete del Consiglio nazionele degli ingegneri, Armando Zambrano, che rilancia e chiede una drastica revisione del sistema in vigore, quello dell’appalto integrato, in cui la stazione appaltante predispone anche il progetto o delega all’appaltatore solo quello definitivo, limitandosi a stendere solo quello preliminare.

 “Delle opere pubbliche previste dalla Legge Obiettivo del 2001 – afferma un comunicato del Cni – ad oggi ne sono state realizzate appena il 16%. Degli iniziali 150 miliardi di euro previsti, ne risultano aggiudicati solo 44,8, meno di un terzo!”. Gli interventi effettivamente realizzati, poi, ammontano a 3,4 miliardi di euro,appena il 7,7% delle cifre aggiudicate. Perché l’obiettivo è fallito? La causa è solo la crisi economica? Alcune risposte si trovano in una analisi del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (Cni) dal titolo “Opere pubbliche: criticità e prospettive nello scenario europeo”.

I ricercatori del Consiglio Nazionale degli Ingegneri mostrano come alcuni meccanismi di assegnazione degli appalti abbiano compromesso l’efficacia del programma delle infrastrutturestrategiche. Molte criticità sono riconducibili alla tipologia di appalto con cui l’opera viene affidata e realizzata. Alcune tipologie di appalto come quello integrato o quello del Contraente Generale, da eccezioni sono diventate la regola. Proprio queste due forme di appalto hanno generato un incremento smodato dei costi in corso d’opera. “Nel caso di opere ad oggi concluse con appalto integrato, l’incidenza del costo delle varianti sull’importo di aggiudicazione è statodel 118%, a fronte di una media generale, tra le opere concluse, già elevata, pari al 106%”. 

L’appalto integrato si è rivelato spesso inefficiente. In molti casi ha portato al raddoppio dei costi preventivati, in misura nettamente superiore rispetto alle opere realizzate con appalti di sola esecuzione. Questi ultimi oggi rappresentano una quota minoritaria degli appalti. Nel caso della Legge Obiettivo, ad esempio, ammontano al 13% degli importi aggiudicati, a fronte di oltre il 30%delle assegnazioni effettuate con appalto integrato. In paesi quali il Regno Unito, dove il ciclo del settore delle costruzioni non ha registrato contraccolpi gravi come in Italia, l’appalto di sola esecuzione rappresenta, al contrario, oltre il 60% della spesa delle stazioni appaltanti. Insomma, l’appalto integrato dovrebbe essere non solo limitato, ma anche quando se ne fa ricorso èopportuno che venga messa a gara la progettazione esecutiva, evitando quella definitiva.

“Alla luce di questi fatti – ha commentato Armando Zambrano, Presidente del CNI – riteniamo sia necessario attivare un processo di maggiore qualificazione delle Stazioni appaltanti. D’altraparte, la funzione di programmazione e controllo svolta dalle Stazioni dovrebbe essere tenuta quanto più possibile distinta dalle attività di progettazione. Questa va affidata a tecnici esterni. E’ per questo che da tempo insistiamo perché venga restituita centralità al progetto”.


Allegati: Sintesi indagine Cni.pdf

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