Condividi

Giovanni Tamburi (Tip): “Warren Buffett riscopre il Made in Italy”,? ma occhio anche a Fiat e Ilva

INTERVISTA A GIOVANNI TAMBURI, presidente e ad di Tip – “Buffett si era sempre tenuto alla larga dall’Italia ma di recente i suoi emissari ci sono venuti a trovare per cercare insieme aziende del Made in Italy in cui investire: sono interessati al fashion e al food. Purtroppo il mercato italiano è troppo piccolo ma ci sono tante belle realtà da scoprire”

Giovanni Tamburi (Tip): “Warren Buffett riscopre il Made in Italy”,? ma occhio anche a Fiat e Ilva

AAA cercasi investimento in attività industriale, preferibilmente in un brand di bella presenza e notorietà internazionale. Sarà privilegiato il comparto alimentare. Taglia richiesta: dai 5 miliardi di euro in su. Mica facile, anzi quasi impossibile, trovare nel panorama finanziario italiano una possibile preda in grado di rispondere all’identikit gradito ad un cliente d’eccezione: Berkshire Hathaway, la finanziaria creata più di mezzo secolo fa da Warren Buffett, il mito della Borsa Usa. Ma Giovanni Tamburi, presidente e ad di Tip, è contento lo stesso. 

Non capita tutti i giorni di ricevere, a sorpresa, la visita di una squadra di collaboratori del saggio di Omaha. “Si è trattato di un incontro esplorativo – spiega – Un primo contatto in attesa di sviluppare, nel tempo, una collaborazione più concreta. Anche se il mercato italiano è troppo piccolo per le esigenze di un colosso come Berkshire Hathaway che cerca investimenti nell’ordine di 4-5 miliardi. I possibili target si contano sulle dita di una mano e non sono in vendita. Ma l’importante era avviare una conoscenza”. Finora Warren Buffett si era tenuto alla larga dall’Italia. 

“Dal nostro osservatorio in Nebraska, mi ha detto il direttore finanziario per gli investimenti in Europa di Berkshire, non riusciamo a capire la vostra realtà. Leggiamo i grandi giornali, tipo The Economist, e ci sembra che in Italia siate sempre sull’orlo del fallimento. Ma in realtà non fallite mai. Perciò c’è qualcosa che ci sfugge e che vorremmo capire assieme a voi che, a giudicare dalle performance, in questo mercato vi sapete muovere bene”. Le possibili prede? “Sono senz’altro interessati ai marchi del Made in Italy: fashion ma anche il food. Ma per ora, ripeto, è un interesse teorico. Prima di muoversi loro vogliono conoscere la realtà”.

Sta di fatto che l’Italia fa meno paura. Un po’come è successo un anno fa, quando i grandi gestori Usa investirono a piene mani nelle banche italiane anticipando gli operatori domestici. Oggi, più di allora, spuntano segnali favorevoli: l’euro debole, il petrolio in calo, i tassi bassi. Rivedremo una calata di investitori anglosassoni ? “Presto per dirlo. L’aspetto più positivo è che la maggior parte delle posizioni non è stata liquidata. Ma gli acquisti di un anno fa partivano dalla premessa di una possibile ripresa che non c’è stata. Prima di rivedere una seconda ondata dovranno venire altre conferme. E’ certo, comunque, che oggi i gestori guardano all’Europa più che alle economie emergenti”. Anche perché si avvicina il Quantitative Easing… 

“Il Quantitative easing – commenta Tamburi – è importante, ma non esageriamone la portata. Gli incentivi monetari sono come la droga: all’inizio provocano euforia, poi subentra l’assuefazione e non funzionano più”. E allora? “Quel che conta è far funzionare le aziende ed essere competitivi”. E l’Italia non ci riesce. O no? ”Non è vero. Quest’anno 11 mila imprese con meno di nove dipendenti hanno venduto una parte del fatturato all’estero. Non è vero, insomma, che i piccoli non possono esportare. Sotto la pressione della crisi chi ha coraggio ed energie è in grado di reagire. Poi esiste ancora una lunga serie di imprese zombie, titolari ormai invecchiati, figli incapaci di assumere le proprie responsabilità e così via”. 

Lei, Tamburi, non cambia idea, dunque: sotto la vernice della crisi c’è un realtà dinamica e promettente. “E’ quel che mi suggerisce la mia esperienza: tutti gli investimenti della Tip hanno dato e danno soddisfazioni. Ma c’è chi mi ha contestato: dalle statistiche, pare, emerge una realtà ben diversa. Ne prendo atto, ma devo ribadire che le realtà interessanti ci sono. Eccome. Anche se non è facile investire. Per questo ci stiamo attivando anche sul fronte delle piccole e medie imprese con la stessa formula: partecipazioni di minoranza in aziende con un imprenditore forte, un modello di business e un mercato promettente”.

E trovate “merce” interessante? “Ci sono molto aziende degne di attenzione. Presto chiuderemo una nuova operazione”. Per quale importo? “ Attorno ai 200 milioni di fatturato”. Tanta industria, ma le banche? “Io ne sto lontano: credo che la pulizia nei bilanci sia ben lungi dall’essere completata”.

Tra le soddisfazioni del 2014 spicca senz’altro la scelta di investire in tempi giusti in Fca. “Una storia di successo, ormai ben avviata dopo l’operazione Ferrari. Sono convinto che Sergio Marchionne dimostrerà di aver fatto le scelte migliori anche per l’Italia”. E adesso, quale sarà il Big deal del 2015 per l’Italia? “Bella domanda. Potrebbe essere la soluzione della crisi dell’Ilva. Anzi dell’intera siderurgia italiana, perché le aree in crisi sono diverse. Penso che sia vitale per l’economia italiana affrontare l’emergenza acciaio”. 

Ultima battuta: ottimista o pessimista rispetto ad Expo 2015? “Molto ottimista. Da quel che sento è in atto una corsa ad accaparrarsi appartamenti ed alberghi da aprile in poi. Oltre ai turisti arriveranno anche gli uomini d’affari. Sarà un grande volano per l’economia italiana”. E per i brand che piacciono tanto anche a Warren Buffett.

Commenta