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Generazione Biojet: azienda inglese brevetta biocarburante per i jet

ENIDAY, storia di energia – Sul sito Eni, Amanda Saint racconta una storia interessante di un biocarburante adatto ai motori dei jet.

Generazione Biojet: azienda inglese brevetta biocarburante per i jet

I primi voli commerciali con l’uso di biocarburanti risalgono al 2011 ma ancora non esistono strade strutturalmente più ecologiche per i carburanti jet fuel. Questa situazione potrebbe però cambiare grazie ad un’azienda inglese che ha creato una formula di carburante bio a basso costo e alto rendimento, appositamente per i motori dei jet. Amanda Saint racconta come funziona questo Biojet e l’impatto che potrebbe avere la scoperta sull’industria aeronautica.

Si tratta della Green Fuels Research (GFR), fondata nel 2013 per sviluppare nuove tecnologie nel campo dei carburanti ecologici e delle energie alternative. Il nuovo carburante brevettato si chiama Biojet ed è prodotto grazie ad un semplice processo tecnologico che renderà possibile migliorare le performance ambientali delle compagnie aeree del mondo, tagliando le emissioni di anidride carbonica. Non solo. Permetterà anche ai produttori di biodiesel di modernizzare i propri impianti in funzione di questo nuovo carburante bio per aerei.

Biojet supera infatti il principale ostacolo dell’uso di “estere metilico di acidi grassi” (Fatty Acid methyl Ester o FAME) nei carburanti per aerei, vale a dire i rendimenti a basse temperature. Sebbene FAME  sia una base sicura dei biocarburanti per riscaldare, fornire energia e per il settore automobilistico, finora non è stato possibile farne un uso ampio nel campo dell’aeronautica perché alcuni dei suoi componenti tendono a “gelificare” e a divenire cerosi (gelling and waxing) a temperature inferiori allo zero. Il processo di produzione di Biojet della GFR ha risolto il problema attraverso il frazionamento della base di FAME così da rimuovere i componenti responsabili della gelificazione a basse temperature. Un altro vantaggio è che il processo produttivo non genera scarti ma solo sottoprodotti che generalmente hanno un valore commerciale e possono essere riutilizzati.

Per il processo produttivo, GFR ha utilizzato dell’olio dei semi di Camelina sativa, ma ci sarà una certa flessibilità sulla scelta del componente di base una volta sul mercato. La buona notizia è che gli oli esausti (Used Cooking Oil  o UCO) sono stati identificati come una fonte potenziale per la produzione di quantità commerciali di carburante attraverso questo processo.

Finora il Biojet è stato testato in laboratorio ma i risultati sono molto promettenti. Ha soddisfatto, e in alcuni casi anche superato, tutti i principali requisiti ASTM per i jet fuel ed ora è pronto per il passaggio dalla produzione pilota a quella su larga scala, e poi la commercializzazione. Se il carburante dovesse dare come sembra le performance attese, sembra verosimile che non dovremo aspettare a lungo prima che un carburante più ecologico diventi realtà sui voli commerciali.

Ciò significa che l’industria aeronautica, che contribuisce (nonostante la cattiva reputazione) per il 2% alla produzione annuale globale di gas nocivi, potrà migliorare le proprie performance e ridurre maggiormente le emissioni di CO2. Secondo una ricerca pubblicata da Air Transport Action Group (ATAG), i biocarburanti derivati da biomasse come alghe, jatropha e camelina riescono infatti a ridurre l’impatto sull’ambiente dei carburanti per aerei fino all’80% nel corso del loro ciclo di vita. Il che significa che se entro il 2020 anche solo il 6% dei carburanti utilizzati nell’aviazione commerciale provenisse da biocarburanti, l’industria ridurrebbe la sua carbon footprint complessiva del 5 per cento. Di conseguenza, utilizzare l’aereo diventerebbe una delle forme più ecologiche di viaggio.

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