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Gas e imprese, Assolombarda: “Temiamo che in autunno la situazione peggiori, è urgente un tetto ai prezzi”

L’Associazione fa il punto sulle commodity: per molte materie prime si registra un rallentamento dei prezzi, ma sui costi dell’energia non è prevista una discesa a breve

Gas e imprese, Assolombarda: “Temiamo che in autunno la situazione peggiori, è urgente un tetto ai prezzi”

“Temiamo che a settembre la situazione possa peggiorare: se, da un lato, registriamo una diminuzione dei prezzi legati alle materie prime, dall’altro sui costi dell’energia non prevediamo una discesa a breve, con l’aggravante che dall’autunno il consumo di gas sarà sicuramente superiore”. A lanciare l’allarme è Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, che ribadisce la necessità d’introdurre, “con urgenza, un tetto al prezzo del gas”.

Quello dell’energia “è un tema di sicurezza nazionale – ha aggiunto – che mette in pericolo la produzione delle nostre imprese. L’emergenza che stiamo vivendo deve insegnarci che dobbiamo diventare indipendenti dal punto di vista energetico, investendo su più fonti di energia, compreso il nucleare, l’idrogeno, le rinnovabili. Occorre, inoltre, velocizzare le licenze per gli impianti e incentivare, attraverso sgravi fiscali, le comunità energetiche. Solo così saremo in grado di sostenere le nostre imprese e registrare, nei prossimi mesi, dati più incoraggianti legati allo scenario economico e alla fiducia dei nostri imprenditori”.

Secondo le ultime indagini di Assolombarda sulle imprese manifatturiere del Nord Ovest, tra aprile e giugno gli impatti di guerra e shock energetico si sono fatti sentire soprattutto sulle aspettative di domanda e produzione, che nel complesso si ridimensionano sensibilmente, ma anche sugli ordini in portafoglio. In particolare, la domanda scende sui minimi dell’ultimo anno, anche se rimane storicamente elevata: escludendo gli ultimi dodici mesi, i livelli degli ordini a giugno 2022 sono sui massimi da metà 2007.

Per il manifatturiero lombardo e italiano “un primo fattore critico continuano ad essere le materie prime e i semilavorati – scrive l’associazione – perché i prezzi rimangono diffusamente elevati nonostante i recenti ribassi (riflesso anche di una domanda internazionale in rallentamento) e, soprattutto, perché i beni energetici sono di nuovo in impennata”.

Gas

Il gas, precisa Assolombarda, viene scambiato intorno ai 160 €/MWh (il 15/07/2022), non troppo distante dai picchi di inizio marzo intorno a 220 €/MWh, una impennata eccezionale dai 11,2 €/MWh in media a gennaio 2020. Questa nuova fiammata si riflette sul Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica che in Italia risale a 463 €/MWh (il 18/7/2022), un livello 10 volte maggiore rispetto a inizio 2020.

Petrolio

Il petrolio Brent “mostra invece contenuti segnali di cedimento – continua l’associazione – dopo una crescita praticamente incessante da metà 2020, ma la volatilità rimane estremamente elevata (il barile è a 101$ il 15/7/2022, +59% rispetto a gennaio 2020)”.

Altre materie prime

Altre materie prime stanno invece ritracciando, riportandosi sui livelli pre-conflitto (gennaio-febbraio 2022): è l’esempio di nichel, zinco, ferro, olio di semi di girasole, olio di soia. Per altre ancora, poi, questa tendenza ribassista è ancora più pronunciata: l’alluminio è scambiato sui minimi da dicembre 2021, l’urea per i fertilizzanti da ottobre 2021, il rame da febbraio 2021, l’acciaio da gennaio 2021.

In ogni caso, precisa Assolombarda, i livelli permangono per tutte decisamente più elevati rispetto a quelli antecedenti la pandemia: +265% urea, +101% olio di soia, +82% olio di semi di girasole, +82% legno, +58% acciaio, +56% nichel, +45% alluminio, +37% zinco, +28% rame.

Cereali

Un caso a parte è quello dei cereali: le quotazioni del mais continuano a salire attestandosi a +100% rispetto al pre-Covid, mentre il frumento, sebbene tra giugno e la prima parte di luglio sia tornato a scendere, resta sopra i livelli pre-conflitto e soprattutto registra un +56% rispetto al pre-Covid.

La colpa è anche dell’euro

Assolombarda spiega che “parte di questi aumenti per le imprese lombarde e italiane è anche legata al pesante apprezzamento del dollaro nei confronti dell’euro, considerato che la maggior parte delle commodities è contrattata in valuta statunitense e che il tasso di cambio ora ha raggiunto la parità (minimo da fine 2002). Per contro, va pur sempre rilevato che un euro così debole è vantaggioso per le imprese che esportano verso gli Stati Uniti”.

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