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Furno (Nemesis): “Usa al voto ma per i mercati i prossimi mesi saranno ancora sulle montagne russe”

INTERVISTA A PIER ALBERTO FURNO (NEMESIS AM) – “La volatilità sarà ancora il fattore predominante almeno fino alla fine del 2012 e inizio del 2013” – “Il mercato teme il fiscal cliff e si interroga sull’efficacia del Qe” – “I listini sono già a livelli dove non dovrebbero essere: bisogna essere realisti sulla recessione” – “La Francia la prossima nel mirino”

Furno (Nemesis): “Usa al voto ma per i mercati i prossimi mesi saranno ancora sulle montagne russe”

Oggi l’America sceglie tra Obama e Romney in un testa a testa che tiene con il fiato sospeso da settimane. Una scelta che non è semplicemente tra due candidati ma tra due visioni opposte del mondo. L’attesa si è fatta sentire anche sui listini che si sono mossi prudenti in attesa del verdetto. Ma cosa succederà sui mercati dopo il voto? “Qualsiasi sia l’esito la volatilità resterà il fattore dominante dei mercati”, afferma Pier Alberto Furno, ad e senior portfolio manager di Nemesis Asset Management, società di gestione basata a Londra. “La realtà – dice Furno – è che niente è cambiato e i mercati andranno a spingere per vedere i fatti. Ora bisogna realizzare i programmi, bisogna andare a testare i risultati delle azioni della Bce, che dovrà probabilmente fare di più anche se ormai ha pochi margini, e della Fed. Ma ritengo che né il Q3 né il Q2 abbiano avuto molto impatto sui dati economici”.

In molti ancora si chiedono se la politica di quantitative easing della Fed stia avendo o meno risultati concreti sull’economia: i dati di settimana scorsa sui nuovi posti di lavoro che sono cresciuti più delle attese hanno dato una mano ad Obama ma non hanno convinto i più critici. “Dopo le elezioni americane – dice Furno – credo bisognerà concentrarsi verso una ripresa economica più importante perché fino adesso la politica di QE non ha avuto l’esito necessario. Una vittoria di Romney porterà a dei cambiamenti a livello della Fed mettendo fine a Bernanke e probabilmente alla politica di QE. E sarà da affrontare anche il problema del fiscal cliff“. Insomma, l’incertezza ci accompagnerà almeno fino alla fine del 2012 e l’inizio del 2013. Il Congresso Usa è atteso al varco il primo gennaio: se non si raggiungerà un accordo al Congresso sul fiscal cliff entro quella data, scatteranno tagli alla spesa e aumenti alle imposte pari a circa 600 miliardi di dollari, il 4% circa del Pil, con effetti recessivi sull’economia. E il timore dei mercati è che una vittoria risicata di Obama o di Romney produca un governo troppo debole per arrivare a chiudere la partita fiscal cliff senza tentennamenti.

Tanto più che per Furno i mercati sono saliti già troppo rispetto alle condizioni dell’economia: negli Usa sono stati spinti dall’effetto liquidità della Fed, in Europa si sono mossi sulle attese del salvataggio della Grecia e sulla speranza di una soluzione al problema dei debiti pubblici. “I listini sono già a livelli dove non dovrebbero essere – rileva Furno – Bisogna essere realisti sulla fase di recessione che stiamo attraversando “. Che è complicata da una crisi dei debiti sovrani a cui non si riesce a mettere il punto, mentre l’Italia si avvia alle elezioni di primavera che dovrebbero archiviare il governo tecnico e lasciare spazio alla politica, il che non esclude un avvitamento della nostra situazione se i mercati saranno delusi. “Sulla borsa Italiana – rileva però Furno – penso che non sarà tanto l’esito delle elezioni che avrà un effetto ma piuttosto come si snoderà il problema della Grecia e il bailout della Spagna”.

La Grecia però è ancora nel caos, paralizzata da uno sciopero generale nel giorno in cui arriva in Parlamento il pacchetto sulle misure di austerità richieste dalla troika (il voto è previsto per domani). In Spagna il rapporto di stabilità finanziaria diffuso ieri dalla Banca centrale ha segnalato una forte crescita dei crediti dubbi del settore finanziario nel primo semestre del 2012 a quota 194 miliardi di euro, pari a un incremento del 34,5% rispetto a giugno 2011. Mentre Rajoy non scioglie ancora la riserva sulle prossime mosse: chiederà o meno gli aiuti? La Spagna chiederà il salvataggio europeo solo se ”converrà agli interessi di tutti gli spagnoli”, ha detto in un’intervista Rajoy ribadendo però che al momento, ”il governo non ha preso alcuna decisione” in attesa di conoscere le condizioni della richiesta. Per il governo l’economia migliorerà nel 2013 e tornerà a crescere nel 2014, al contrario il quotidiano El Pais riferisce che le stime della Ue sono peggiori di quelle del governo spagnolo: una bozza della Commissione Ue indica che il Pil 2013 segnerà una contrazione dell’1,5% contro il +0,5% atteso da Madrid e nel 2014 crescerà solo dello 0,5% e non dell’1,2% previsto dal governo.

Ma il regalo di Natale potrebbe arrivare da Parigi. “Chi finirà presto di vivere periodi rosei è la Francia, che fino a ora è stata vista come alternativa di rifugio. Per ora i mercati si sono fidati delle parole ma il paese non ha fatto molto e i nodi verranno al pettine”, rileva Furno. Come muoversi allora sui listini in questo scenario? “Noi fino a oggi siamo rimasti molto cauti, abbiamo mantenuto livelli di liquidità molto alti nei fondi per poter sfruttare le opportunità della volatilità e fare acquisti a livelli più interessanti di oggi – spiega Furno, che adotta uno stile di gestione value e di stock picking – Il fattore più importante della nostra esperienza sono le storie di ristrutturazione. Le storie che hanno provocato le più grosse bruciature sono ignorate e poi invece rappresentano le migliori opportunità. Nel 2002 era il settore tecnologico, oggi quello finanziario. Aig, per esempio, è stata molto criticata e distrutta dagli investitori ma secondo noi oggi è una bellissima storia, è stata purificata dal governo e ci ha già dato soddisfazioni”. Il colosso assicurativo Usa travolto dalla crisi dei subprime e soccorso dallo Stato ha diffuso nei giorni scorsi i risultati. Il terzo trimestre si è chiuso con un utile della capogruppo di 1,9 miliardi di dollari a fronte di una perdita netta di 4 miliardi di dollari nello stesso periodo del 2011. L’eps diluted si è attestato a 1,13 dollari a fronte di una perdita per azione di 2,10 dollari un anno fa. Il dato supera le attese degli analisti ferme a 0,88 dollari per azione.

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