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Francia e Germania bocciano gli eurobond

Dal vertice parigino tra Sarkozy e la Merkel è emersa la freddezza dei due giganti dell’eurozona per l’emissione di obbligazioni europee in grado di fare da scudo ai paesi più indebitati. Annunciati passi verso una maggiore integrazione delle politiche economiche e fiscali, compresa una tassa sulle transazioni finanziarie.

Francia e Germania bocciano gli eurobond

Al termine del loro attesissimo vertice di oggi pomeriggio a Parigi la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente Francese Nicolas Sarkozy hanno deluso le attese circa l’ipotesi di lanciare degli eurobond per rispondere alla crisi del debito in Europa.

Secondo la leader tedesca al momento non esiste “una cura miracolosa” per salvare l’unione monetaria, ed è da preferire un percorso “realistico, da compiere passo dopo passo” verso una maggiore integrazione fiscale tra i paesi aderenti alla moneta unica. Parole non dissimili da quelle impiegate da Sarkozy che ha sottolineato come l’emissione di eurobond possa tuttalpiù essere il momento conclusivo di un processo di integrazione economica del continente e non uno dei suoi momenti fondativi. Sarkozy ha anche messo in dubbio la legittimità democratica di un’iniziativa che vedrebbe i paesi virtuosi farsi carico dei debiti accumulati nel corso degli da quelli che non hanno saputo gestire la propria esposizione ai mercati obbligazionari.

Le parole dei due leader che per il resto hanno annunciato passi non decisivi verso una maggiore integrazione fiscale, compresa una più uniforme tassazione delle rendite finanziarie, sono destinate a deludere quegli analisti convinti che l’unico modo per garantire un finanziamento a costi convenienti agli Stati più finanziariamente dissestati del blocco europeo fosse l’emissione congiunta di eurobond. I due leader hanno anche sottolineato il bisogno di una governance europea per limitare i casi di sovraesposizione debitoria degli stati membri, oltre alla nascita della figura di un vero e proprio presidente con un mandato di due anni e mezzo e alla formazione di un autentico governo economico dell’Unione.

L’incontro di oggi è nato dal bisogno di mettere a punto una strategia in grado di ridare fiducia e credibilità all’unione monetaria, fino ad avviare un inizio di unione fiscale, dopo le pesanti perdite accumulate la scorsa settimana da tutte le Borse continentali. Secondo alcuni osservatori l’incontro di oggi sarebbe dovuta essere una tappa cruciale nel processo di salvataggio della moneta unica, un’ipotesi – quella della fine dell’euro – considerata incredibile fino a poche settimane fa quando il clima di sfiducia rivelatosi fatale per Irlanda, Portogallo e Grecia ha iniziato a contagiare anche anche la terza e la quarta economia dell’eurozona, ovvero Italia e Spagna. Un quadro reso ancora più cupo e incontrollabile dal panic selling che nei giorni scorsi ha colpito diversi titoli francesi sull’onda delle voci di downgrade del debito pubblico di Parigi.

Per quanto considerati da più parti indispensabili, l’opposizione alla creazione di obbligazioni continentali resta forte. L’ultimo a iscriversi al partito dei contrari poche ore prima del vertice franco tedesco è stato proprio questa mattina il primo ministro olandese Mark Rutte. Anche se, da parte tedesca, è di ieri la notizia che l’associazione nazionale degli esportatori ha sottolineato come tutti gli altri modi di combattere la crisi fino a oggi si siano dimostrati inefficaci.

Eurobond a parte, uno degli obiettivi del vertice tra Sarkozy e Merkel doveva essere il miglioramento della governance economica della zona euro, tema, che, avevano assicurato agli altri leader europei all’ultimo vertice, avrebbero affrontato entro la fine di agosto.

A rendere ulteriormente atteso l’incontro di oggi si sono aggiunti i deludenti dati sul pil tedesco che nel secondo trimestre dell’anno è cresciuto del 2,8% rispetto allo stesso periodo del 2010, ma solo dell’0,1% rispetto al periodo gennaio-marzo, smentendo le previsioni che lo davando in crescita congiunturale dello 0,5%. Al di sotto delle aspettative anche i dati pubblicati da Eurostat sulla crescita del Pil nell’Eurozona: nel secondo trimestre la crescita rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata dello 0,2% contro una forchetta attesa che andava dallo 0,3% allo 0,8%.

L’impatto del dato della frenata della crescita tedesca sull’attitudine della Germania all’ipotesi di immettere sul mercato degli eurobond per il momento non è facile da mettere a fuoco. Da una parte una Germania debole potrebbe risultare ancora più riottosa a pagare una parte del conto dei paesi fiscalmente più negligenti dell’unione. Dall’altra parte la sensazione di un diffondersi anche ai paesi sani dei mali generati della crisi del debito, come in questo caso il rallentamento della crescita, potrebbe incrinare le certezze dei nemici degli eurobond.

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