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Fondazione Golinelli: educare a educare, la scuola si rinnova sperimentando

Non è facile insegnare oggi a bambini e ragazzi che hanno il tablet in un mano e lo smartphone nell’altra ma è una sfida, senza precedenti, che la Fondazione Golinelli di Bologna ha voluto raccogliere con il programma “Educare a educare” dedicato alla formazione permanente degli insegnanti – Antonio Danieli: “Il nostro programma è un incubatore di ricerca sulla didattica”.

Fondazione Golinelli: educare a educare, la scuola si rinnova sperimentando

Hanno il tablet in una mano e lo smartphone nell’altra, conoscono wikipedia, i social e i mille segreti del web meglio degli adulti: sono i bambini e teenager di oggi, sono nati quasi tutti dal 2000 in poi. Insegnare loro qualcosa è difficile, bisogna trovare il linguaggio giusto e gli argomenti utili, guadagnarsi la loro stima e fiducia, per poterli accompagnare con profitto verso l’età adulta. Si tratta di una sfida che non ha confronti nella storia e di cui si è fatta carico la fondazione Golinelli con il programma *Educare a educare*, area progettuale dedicata alla formazione permanente degli insegnanti di ogni ordine e grado, che in tre anni d’attività ha coinvolto 3 mila docenti.

Per questi prof l’anno scolastico 2016-2017 si apre oggi all’Opificio di via Nanni Costa a Bologna, con il convegno “L’innovazione a scuola”, al quale partecipano, fra gli altri, Olivia Levrini, docente di Didattica e Storia della Fisica all’Università Bologna con una lezione dal titolo “Identità, creatività e immagini di futuro: nuove sfide per l’educazione scientifica nella società dell’accelerazione”. E, in collegamento dagli Usa, Emma Scripps, program designer di The Teachers Guil, esperta di “design thinking”, metodo educativo che, partendo dai bisogni e dalle abilità degli alunni, accresce le capacità creative degli insegnanti. Un sistema, sviluppato alla Standford University e sperimentato con profitto anche a The Riverdale Country School nel Bronx, a New York City. Il titolo della relazione di Scripps di oggi è: “Teachers as innovators: creating change from your classroom”. 

“Viviamo un’epoca di grandi cambiamenti – osserva Antonio Danieli, direttore della Fondazione Golinelli – lo sviluppo è esponenziale, non sappiamo cosa ci riserva il domani. Eppure gli insegnanti devono dotare i giovani di strumenti per affrontare il futuro, è una grande responsabilità. Per questo la Fondazione Golinelli ha deciso di investire sempre di più nella formazione dei docenti, perché loro sono la nuova scuola. Educare a educare, ancora prima di essere un programma formativo, è un incubatore di ricerca sulla didattica. La tecnica e la scienza continueranno a evolversi e la scuola ha il compito di trasmettere il sapere, le nozioni di base e quelle più complesse, ma deve anche preparare delle persone responsabili, che abbiano un’etica della società e del lavoro. Noi pensiamo l’insegnante come un vero educatore, che aiuti l’allievo a maturare e a scoprire i propri talenti”.

La strada dalle parole ai fatti è sempre lunga, ma la Fondazione Golinelli ha scelto di accorciare le distanze, costellando il percorso di laboratori, perché le idee, quando vengono sperimentate sul campo, entrano meglio in testa. Nei 40 corsi di Educare a educare i professori sono chiamati a toccare con mano i loro progetti: si passa dalle teoria alla pratica e poi si torna alla teoria. “La sperimentazione in laboratorio – spiega Giorgia Bellentani, coordinatrice dell’area progettuale – è centrale nei nostri programmi. Quest’anno avremo corsi per insegnanti che devono introdurre la fisica quantistica, ma anche per chi deve insegnare italiano. Lettere di guerra, fumetti, social sono tutti strumenti utili per sviluppare competenze linguistiche”. L’approccio è spesso interdiscilpinare e si aiutano i docenti a far collaborare gli alunni fra di loro. 

“Per esempio – racconta Bellentani – c’è un corso intitolato ‘Romeo e Giulietta, le scienze in scena’, in cui si chiede di attualizzare il capolavoro di Shakespeare, partendo dalle competenze scientifiche dell’epoca. Dovrebbe essere molto divertente e consentirà agli insegnanti di riportare e ripetere in classe un sistema già utilizzato”. Un corso che chiude un cerchio: c’è un’opera classica, una lettura scientifica della stessa e il confronto con le conoscenze attuali, il lavoro teatrale di gruppo e il lavoro creativo di riscrittura. Obiettivo è pensare in modo innovativo, aiutare gli insegnanti e di conseguenza gli allievi a uscire dagli schemi, per rendersi più duttili e adattabili a un mondo in continua trasformazione, ma allo stesso tempo maturare un’identità sufficientemente forte da fronteggiare l’ignoto. 

“Tra tutti i cambiamenti che le nuove generazioni devono affrontare – dice Levrini – ce n’è uno che da tempo attira la nostra attenzione, perché desta profonda preoccupazione: il rapporto dei giovani con il tempo. In questa ‘società dell’accelerazione e dell’incertezza’, i ragazzi si trovano a combattere con un futuro imprevedibile, un passato che con grande fatica dà chiavi di lettura per l’oggi e un presente frenetico, orientato a cogliere l’attimo, a tenersi abilmente aperti tutti gli scenari possibili. Può la formazione scientifica offrire alle ragazze e ai ragazzi occasioni per stare più serenamente nel presente della loro esperienza? Possono i saperi scientifici contribuire alla gestione, razionale ed emotiva, dell’incertezza verso il futuro?”. 

I docenti iscritti ai corsi della Fondazione per l’anno scolastico in corso sono 2500, il 30% insegna materie scientifiche. La maggior parte viene dall’Emilia-Romagna, il 4% arriva da fuori regione.

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