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Fiorello-Benigni-Berlusconi lo strano trio che fa impazzire lo share

Nella puntata di ieri sera del varietà, condotto da Fiorello, “Il più grande spettacolo dopo il week-end”, Roberto Benigni fa volare gli ascolti con la sua satira. Il suo bersaglio preferito è Silvio Berlusconi. Ascolti oltre il 50%.

Fiorello-Benigni-Berlusconi lo strano trio che fa impazzire lo share

Che in Rai abbiano bisogno di maggior innovazione, creatività e capacità di organizzare una programmazione originale e brillante è diventato ormai un luogo comune, forse anche ingeneroso. La strategia di viale Mazzini per provare ad arginare l’emorragia dei telespettatori, che annoiati dalla monotonia delle trasmissioni decidono sempre più spesso di migrare verso altri lidi, sembra essere, da qualche anno, quella di affidarsi alle sapienti e venerate labbra dei campioni dello share.

Lo schema risulta essere quello più collaudato: si trova un grande nome, uno di quei nomi che riesce a essere immune all’appassionata tendenza, tutta italiana, di dividersi su tutto, riempire la trasmissione di ospiti facoltosi e lasciare che le macchinette dell’Auditel vadano in tilt. “Il più grande spettacolo dopo il week-end”, lo scanzonato varietà di Fiorello, che è andato in onda su Rai1 ieri sera, può essere considerato un esempio paradigmatico. Tanto più se, a calcare il palco dove il comico siciliano, con tanto di giacca di paiette, sta celebrando il trionfo nazionalpopolare del suo one man show, arrivano personaggi come Roberto Benigni.

Il comico toscano ha deciso, con l’acquiescenza più o meno unanime dei suoi connazionali, di assurgere al ruolo di vate della patria, e come ogni custode delle arti e della poesia che si rispetti, si muove nel solco malfermo e romanzesco della divulgazione culturale e politica generalista. Il premio Oscar, reduce da un panegirico accorato del genio italiano di fronte al Parlamento europeo, rappresenta all’estero lo stereotipo di italiano amato dagli stranieri (esistono anche stereotipi negativi) per la sua irresponsabile e contagiosa allegria, per la sua allergia ai cliché della morale e all’ortodossia, per il culto del sorriso e del “bel vivere”. Alcune di queste caratteristiche appartengono indubbiamente anche a Silvio Berlusconi, senza qui affrontare il discorso di quale dovrebbe essere l’immagine consona per un capo di Governo.

E proprio Berlusconi è stato, nella trasmissione di ieri sera come in tutta la carriera di Benigni, il bersaglio preferito della satira del comico. L’attore toscano individua da subito l’affinità tra la sua figura e quella dell’ex Presidente del Consiglio: “Monti andrà da Vespa domani, dopo che stasera nel salotto di Porta a porta si parlerà di Fiorello, Monti è destinato a venire sempre dopo un comico”. E ancora: “Quando Monti afferma ‘Ce la faremo’ siamo sicuri si riferisca all’Italia” a differenza del suo predecessore che avrebbe avuto il grande merito di riuscire “addirittura a far fare opposizione al Pd”. Mentre le stoccate si susseguono le telecamere Rai cercano con insistenza i dirigenti Rai seduti nelle prime file (in quale altra azienda televisiva nel mondo i manager vengono inquadrati tra la platea?) che finalmente sorridono con gusto alle battute, liberi e felici.

Sembrano lontani anni luce gli sguardi severi e sdegnati che si stagliavano sui loro volti quando il precedente Governo veniva citato ironicamente o criticamente da qualsiasi dipendente della azienda che gestiscono. In quei sorrisi, cercati in modo ossessivo dalle telecamere, si può intravedere il sollievo, il desiderio di riscattarsi da un peccato originale. Come in politica anche in Tv sembra svanita di colpo e senza strascichi la tensione lacerante che si respirava fino a poche settimane fa, il feticismo per lo scontro polarizzato, l’esasperata ricerca della faziosità ovunque. Benigni, che può piacere o no, sicuramente ci insegna qualcosa. In tempi di lacrime e sangue per tutti, mentre dispensa battute, con la sua faccia da attore di altri tempi, come una moderna maschera della commedia dell’arte, ci ricorda che noi italiani, dopotutto, quando si tratta di ridere sappiamo essere tutti uguali.

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