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Fido annusa la Borsa: Zooplus, una crocchetta da 3 miliardi

Il fondo americano Hellman & Friedman ha offerto 3 miliardi per il controllo della tedesca Zooplus, il cui titolo da marzo è cresciuto del 300%- Secondo Euromonitor, nel 2020, il giro d’affari legato agli animali domestici è cresciuto dell’8,7% e il fenomeno accelera

Fido annusa la Borsa: Zooplus, una crocchetta da 3 miliardi

Tecnologia? Pharma? Intelligenza Artificiale? No, il colpo grosso sotto il sole d’agosto riguarda il cibo per cani e gatti. Venerdì, infatti, il fondo americano Hellman & Friedman, noto finora per la presenza nell’editoria (Axel Springer) e nella farmaceutica, ha offerto tre miliardi di euro per il controllo della tedesca Zooplus: 8 milioni di clienti in trenta Paesi, un giro d’affari nel 2020 di 1,8 miliardi di euro (+18 per cento), un impero che da Monaco di Baviera cresce assieme alla popolazione di cani, gatti (ma anche criceti,  furetti e tartarughe) adottati dalle famiglie per compensare solitudine e stress da pandemia. Un fenomeno che, in termini di business, si è tradotta in un boom di crocchette e barattoli di carni (le meno pregiate, perciò le più redditizie per l’industria del pet food), ma anche di guinzagli e di altri gadget per i clienti a quattro zampe, protagonisti alla Borsa di Francoforte di un allungo degno di una gara di agility. Dallo scorso marzo il titolo Zooplus è cresciuto del 300 per cento prima della stretta di mano che venerdì ha sancito l’accordo tra i manager tedeschi che continueranno a guidare l’azienda dopo il deal e i finanzieri Usa. Tutti contenti, non ultimi gli azionisti che potranno aderire all’Opa lanciata dai partner Usa al prezzo di 390 euro, ovvero un altro 40 per cento in più rispetto alle quotazioni della vigilia.

Insomma, la bolla in agguato in questa calda estate ha colpito anche collari, guinzagli nonché i bocconcini di volatile.  Ma non è la conseguenza di un colpo di sole bensì la manifestazione di una precisa tendenza di mercato già in atto prima del Covid che ha solo accelerato il fenomeno che, tra l’altro, ormai coinvolge anche l’Asia. Nel corso del 2020, secondo Euromonitor, il giro d’affari legato agli animali domestici è cresciuto dell’8,7 per cento a livello globale, con punte a doppia cifra per la Cina ed il Far East. E il fenomeno tende ad accelerare. Nel 2015 negli Usa una casa su quattro (cioè il 25 per cento) ospitava anche un animale, dopo la pandemia si è arrivati al 38 per cento. Una moda diffusa anche tra i giovani: i millennials hanno più animali che figli e, oltre a comprare un cucciolo, adottano dai canili dove ci sono cani e gatti bisognosi di maggiori cure.

L’Europa non è da meno. Secondo le stime di Zooplus il mercato dei prodotti per animali è destinato a salire dai 29 miliardi attuali a 49 entro il 2030 e, dato ancor più importante, a trasferirsi di peso su Internet che oggi rappresenta solo il 17,5% del giro d’affari ma che è destinato ad una crescita a doppia cifra nei prossimi anni. La mossa del private Usa a Ferragosto si inserisce così  in un quadro in grande movimento, non solo nell’alimentare, segnato dalla crescita geometrica dei servizi per animali, a partire dalle cure mediche, altra frontiera in grande espansione (+50-60 % il fatturato del settore secondo statistiche internazionali). Uno movimento che è stato intercettato dalle multinazionali. 

Nello scorso febbraio Nestlè, che controlla Purina, uno dei marchi leader del pet food, ha investito 3,5 miliardi di euro per rafforzare, assieme al fondo Silver Lake, la sua quota, peraltro di minoranza, nel capital della Ivc Evidensia, il colosso inglese che riunisce oltre 1.500 veterinari in 11 Paesi, per oltre 22 mila dipendenti che è il fiore all’occhiello della svedese Eqt.  

Intanto Bc Partner, dopo aver acquistato l’americana Pet Smart, ha preso il controllo di Chewy.com avviandola alla quotazione a Wall Street, sotto la guida di Ryan Cohen, uno dei protagonisti del boom di GameStop, che ha introdotto nel settore nuove, aggressive formule di vendita online in cui il cliente, dietro forti sconti, si impegna ad acquisti prolungati nel tempo in cambio di un forte sconto). Chewy, introdotta in Borsa ne 2019 a 8,7 miliardi di dollari, oggi tratta poco sotto i 40 miliardi.

E Italia? Anche qui il settore è in fermento, con un giro d’affari attorno ai  2,2 miliardi nel 2010, oggi  in grande espansione specie sul fronte dell’online. Il fondo Permira già cinque anni fa ha scommesso su Arcaplanet uno dei big che ha moltiplicato i  ricavi da 136 a 339 milioni di fine 2020, anche grazie ad alcune acquisizioni mirate. Ma i competitor si moltiplicano: dall’ungherese Partner Pet Food che ha acquisito via Credit Suisse la Landini Giuntini alla United Petfood sbarcata nella Penisola con l’acquisto del marchio Effeffe. Piuttosto che gli spagnoli di Agrolimen che hanno rilevato Novafood.  Ma non sono da meno i produttori di casa nostra, favoriti dal fatto che non sono i pochi i proprietari che si fidano anche in questo caso del made in Italy nel tentativo di sfuggire alle frodi contro i quattrozampe. 

L’etichetta doc, al proposito, è quella del leader indiscusso del settore nel Bl Paese: Monge, al posto numero 22 della classifica europea con un giro d’affari di 385 milioni. Grazie ai suoi amatissimi cani Baldassarre Monge, 86 anni, già ambulante in via Sacchi a Torino, pioniere del settore negli Anni Cinquanta fino a creare un piccolo impero del pet-food (300 dipendenti, una rete di 120 venditori), è balzato all’onore delle cronache quando lo scorso inverno  dalle segnalazioni alla Consob è emerso che la famiglia di Monasterolo di Savigliano, provincia di Cuneo, ha superato l’1 per cento nel capitale di Mediobanca. Senza velleità, per carità, di far concorrenza a Leonardo Del Vecchio, ma per consolidare il patrimonio creato grazie ai quattrozampe: di questi tempi il cibo di Fido, in quanto a redditività, non teme certo la concorrenza delle banche d’affari.

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