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Export e investimenti italiani in Turchia

L’interscambio tra imprese italiane e turche rappresenta un’ottima strategia di investimento verticale soprattutto nei settori energetico, raffinazione, meccanica e servizi finanziari, data la struttura industriale simile e saldi commerciali positivi.

Export e investimenti italiani in Turchia

I dati forniti dal Servizio Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo sul focus di dicembre indicano come la maggior quantità di IDE in Turchia sia di origine europea, con una percentuale sullo stock che nel 2010 è arrivata a circa il 77%. Tra i Paesi di origine spiccano Olanda (21%), Germania (10%), Regno Unito (8%) e Lussemburgo (7%). L’Italia si collocava solo al 13° posto con una quota contenuta di circa il 2,5%. Occorre però sottolineare come l’Italia rivesta un ruolo rilevante in settori d’importanza strategica, come risorse energetiche e finanza, con un’influenza superiore rispetto ai dati ufficiali, dal momento che parte degli investimenti di società italiane sono rappresentati da controllate estere. È allora possibile notare una netta prevalenza di IDE nel comparto manifatturiero (con una quota del 29% sullo stock 2010), in particolare nel settore finanziario (25%), trasporti (17%), telecomunicazioni (12%), commercio (12%) e comparto energetico di gas, energia elettrica ed acqua (7%).

Come già visto in un precedente articolo, negli ultimi due anni il Paese che dispone del maggior numero di imprese è la Germania con circa 4800 aziende (pari al 16,3% del totale), seguita da Regno Unito (8%), Iran (7,3%), Olanda (6,7%), USA (4,1%), Azerbaijan (3,6%), Italia (3,6%) ed Iraq (3,1%). La maggior parte degli insediamenti industriali si trova in prossimità di Istanbul (56,4% del totale) ed Antalya (12%), mentre ne risulta più contenuta la presenza nel territorio della capitale, dove risiede solo il 6,6% delle imprese a capitale straniero.

I principali marchi industriali italiani presenti sul territorio turco sono, per quanto riguarda tessile, abbigliamento e moda, Benetton, Ermenegildo Zegna e Miroglio. Per gli alimentari si segnalano Barilla e Perfetti; per l’energia ENEL e ENI; per i veicoli e la loro componentistica Alenia, Fiat, Iveco, Magneti Marelli, New Holland Italia, Piaggio, Pirelli. Nelle costruzioni e infrastrutture Astaldi e Trevi; per gli elettrodomestici e l’oggettistica per la casa Ariston, Bialetti, Foster e Indesit. Nella siderurgia e nel cemento si ricordano Cementir, Finmeccanica, Teksid; nei trasporti CAI-Alitalia; nella farmaceutica Menarini; nell’elettronica Omron. Tra gli istituti di credito, Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (BIIS), BNL e Unicredit, oltre ad Intesa Sanpaolo con i suoi uffici, mentre tra le assicurazioni si segnala Generali.

La Turchia rappresenta un importante mercato di sbocco per la meccanica strumentale italiana, in grado di integrarsi con la struttura industriale locale, essendo questa caratterizzata da bassi costi ed elevata produttività. Le imprese italiane forniscono allora, attraverso IDE verticali, attrezzature e macchinari a settori trainanti come tessile ed abbigliamento, pelletteria e calzature, tutto il comparto di veicoli ed automazione, senza dimenticare l’agro-alimentare. La struttura industriale turca è infatti simile a quella italiana, caratterizzata sia da grandi gruppi industriali, che da un vasto numero di distretti e PMI dinamiche e flessibili, capaci di integrarsi e competere sui mercati esteri. Lo sviluppo della rete di infrastrutture, sia in Turchia che nella vasta regione di confine tra Europa ed Asia, consente alle imprese italiane interessanti opportunità di investimento sia dirette che tramite joint-venture con controparti turche. La collaborazione tra i due Paesi risulta dunque particolarmente vantaggiosa e strategica nelle gare d’appalto grazie all’integrazione tra il basso costo della mano d’opera turca da una parte, il capitale e le competenze tecniche italiane dall’altro.

L’interscambio con l’Italia è andato crescendo negli anni fino a raggiungere nel 2011 un totale di circa 15,6 miliardi di euro. Dopo aver raggiunto nel periodo 2003-2008 un tasso di crescita medio annuo del 12,5%, fino a raggiungere i 13,1 miliardi di euro, lo scoppio della crisi finanziaria ha dato luogo ad una riduzione del 23%. Tuttavia, già a partire dal 2010, si è potuto notare un recupero vivace degli scambi, ritornati ai livelli precedenti. I dati relativi ai primi otto mesi di quest’anno vedono un sostanziale consolidamento dell’interscambio sui livelli raggiunti nello stesso periodo del 2011, attorno ai 10,7 miliardi di euro (+0,2%). Più dettagliatamente, l’import italiano si è marcatamente ridotto (-18%), mentre le esportazioni hanno continuato a crescere (+12%), a tal punto che il peso degli scambi con la Turchia sulla bilancia commerciale italiana è salito dall’1,7% nel 2004 a circa il 2% nel 2011. Il saldo commerciale è dunque nettamente positivo per l’Italia: nel corso dell’anno scorso il surplus nei confronti della Turchia è stato pari a 3,7 miliardi di euro, cifra già raggiunta nei primi otto mesi del 2012. Le esportazioni italiane riguardano prevalentemente macchine e macchinari meccanici, derivati petroliferi, veicoli, metalli e lavorati in metallo, prodotti chimici. In particolare, si segnalano i derivati petroliferi raffinati, passati, nel quinquennio 2006-2011, da poco meno del 5% a quasi il 15% del totale. Seguono autoveicoli e loro accessori, ferro e ghisa nei primi stadi di lavorazione, materie plastiche in forme primarie, macchine ad uso speciale, per l’industria tessile e dell’abbigliamento, medicinali e preparati farmaceutici, pompe e compressori, tessuti. Una crescita che ha fatto passare in secondo piano gli altri settori merceologici, la cui produzione ha subito un marginale assestamento.

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