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Etf, le Borse dell’Eurozona piacciono più di Wall Street

Da MORNINGSTAR – Nel secondo trimestre, gli investitori europei hanno preferito le Borse del Vecchio continente a quella americana. Nel reddito fisso, i flussi di raccolta si sono diretti verso le obbligazioni in dollari e emergenti.

Etf, le Borse dell’Eurozona piacciono più di Wall Street

Nel secondo trimestre, gli investitori europei in Etf (Exchange traded fund) azionari hanno voltato le spalle a Wall Street, preferendo i mercati emergenti e l’Eurozona. L’interesse che avevano mostrato per la Borsa americana nei primi tre mesi dell’anno ha lasciato il posto ai riscatti sia nel segmento delle large che delle small cap. “Non stupisce che questo sia accaduto in coincidenza con l’indebolimento del dollaro rispetto alle principali valute internazionali”, spiega Jose-Garcia Zarate, che in Morningstar è associate director delle strategie passive. “Sembra che ora gli operatori stiano scontando i rischi di ribassi del cosiddetto Trump trade, ossia del rally post-elettorale”.

Sorpresa Eurozona
In totale, gli Etf azionari hanno raccolto 13,3 miliardi di euro netti nel secondo trimestre (erano stati 19,4 nel precedente periodo). Di questi, 3,1 sono andati sugli strumenti indicizzati alle Borse emergenti e altrettanti a quelli con focus sull’area euro. Mentre i primi sono inseriti in una tendenza positiva che dura da mesi, i secondi hanno rappresentato una sorpresa. “E’ probabile che la riduzione dei rischi politici, dopo le votazioni in Francia e Olanda, abbia accresciuto la fiducia degli investitori verso l’area”, scrive Zarate nel suo European Etf asset flow report. “Infatti, la categoria di fondi specializzati sul listino parigino è tra le prime cinque per flussi netti nei tre mesi”.

Ancora caccia al rendimento
Se Wall Street è stata poco popolare, non si può dire la stessa cosa delle obbligazioni in divisa statunitense. Gli Etf che investono in emissioni corporate di qualità (investment grade) e quelli sui governativi in dollari hanno ricevuto insieme sottoscrizioni nette per 2 miliardi di euro, molto più di quanto è uscito dagli azionari a stelle e strisce. “Potrebbe essere il segnale di un aumento dell’avversione al rischio”, dice Zarate. “Ma è presto per dire se durerà”.

In ogni caso, nel reddito fisso, il tema dominante continua ad essere la ricerca di rendimenti, come testimonia l’interesse per gli Etf obbligazionari emergenti, sia in valuta forte che locale, che hanno chiuso il trimestre con un saldo positivo totale di 2,7 miliardi. L’intero segmento dei bond ha raccolto 7,4 miliardi (erano stati 7,2 nei tre mesi precedenti).

Tra gli investitori si è raffreddato l’interesse per le materie prime. Morningstar stima flussi netti per 1,6 miliardi tra aprile e giugno, contro i 4,9 dei primi mesi dell’anno. Ancora una volta, gli strumenti specializzati sull’oro hanno fatto la parte del leone.

Strategic beta, meno flussi nel trimestre
E’ diminuita anche la raccolta degli Strategic beta, comunemente conosciuti come smart beta, che è passata da 3,2 a 2,3 miliardi nel periodo considerato. Gli Etf strategici rappresentano l’8% del mercato europeo dei fondi passivi in termini di patrimonio. Come già accaduto nel primo trimestre, gli approcci orientati al rendimento sono stati i più popolari (+1,9 miliardi netti). E’ aumentata, invece, l’offerta. “Dei 51 nuovi Etf arrivati sul mercato tra aprile e giugno, più della metà sono di questo tipo”, conclude Zarate.

I numeri dell’industria
Nel complesso, l’industria europea degli Etf ha raccolto 24 miliardi netti nel secondo trimestre, in calo dai 33,4 del periodo precedente. Il patrimonio ha superato i 613 miliardi contro i 600,5 di fine marzo.

FONTE: Morningstar

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