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Energia, fare a meno del gas della Russia si può? Ecco come l’Italia si sta muovendo su più fronti

Tutte le opzioni sono in campo per iniziare a ridurre la nostra dipendenza dalla Russia su più fronti: dalle rinnovabili, al Tap, ai rigassificatori. Target a brevissimo e a medio/lungo termine

Energia, fare a meno del gas della Russia si può? Ecco come l’Italia si sta muovendo su più fronti

Ora la parola d’ordine è una sola: fare di tutto per tenere acceso il Paese. Il tema dei rifornimenti energetici e dell’indipendenza dalla Russia è diventato centrale nelle agende delle autorità italiane ed europee e ogni fronte deve essere aperto o potenziato o rinnovato, a seconda dei casi, nel più breve tempo possibile per fronteggiare la crisi energetica sulla quale pesa la guerra Ucraina-Russia. L’altro giorno il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto che il Governo sta lavorando per affrancarci dal gas russo in 24-30 mesi. Molte sono le possibilità alternative alla Russia.

Torna di attualità il Tap

Tra le misure da mettere in campo, già il presidente del consiglio, Mario Draghi, nell’informativa al Senato dell’1° marzo, ha parlato di un possibile raddoppio della capacità del gasdotto Tap, il Gasdotto Trans-Adriatico, entrato in funzione a fine 2020.

E proprio ieri – ha fatto sapere Palazzo Chigi- c’è stato un colloquio telefonico di Draghi con il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev durante il quale si è discusso anche dell’ulteriore rafforzamento della cooperazione bilaterale, in particolare nel settore energetico.

Il Tap, il cui capitale è in mano per il 20% all’italiana Snam e poi a BP (20%), Socar (20%), Fluxys (19%), Enagás (16%) e Axpo (5%) è il gasdotto che permette all’Europa di importare il gas naturale estratto in Azerbaijan: ha una lunghezza di 878 km, attraversa il nord della Grecia, l’Albania e il Mare Adriatico e approda a Melendugno in Puglia, dove si connette alla rete di distribuzione italiana del gas.

Dal 31 dicembre 2020, quando sono partiti i primi flussi di gas dall’Azerbaijan, al 31 dicembre 2021, Tap ha trasportato complessivamente in Europa circa 8,1 miliardi di metri cubi standard. Di questi, oltre 6,8 hanno raggiunto l’Italia nell’entry point di Melendugno, mentre circa 1,2 hanno alimentato, attraverso il punto di interconnessione di Nea Mesimvria, il mercato interno greco e quello bulgaro.

“Questa situazione si può migliorare per step successivi con un target nel brevissimo e altri nel medio-lungo termine” dice una fonte industriale vicina alla situazione. “Nel breve termine, il focus primario è finalizzato a raggiungere il pieno utilizzo dell’attuale capacità di TAP di 10 miliardi di metri cubi/anno sulla base dei contratti di trasporto a lungo termine firmati”. Possibili ulteriori volumi potrebbero essere disponibili dall’area del Caspio nel corso dell’anno utilizzando la capacità offerta da TAP mediante le aste sulla piattaforma Prisma”.

Ma l’azione di Tap potrebbe essere raddoppiata e portata quindi a 20 miliardi di metri cubi l’anno entro il 2027. “Avuta la benedizione dal mondo politico ora occorre passare alle dinamiche commerciali visto che si tratta di investimenti privati” dice la fonte.
Una volta dimostrato un interesse vincolante all’acquisto di nuove capacità di trasporto, i produttori a monte avranno bisogno di corrispondenti nuovi contratti di fornitura di gas a lungo termine che ne garantiscano la sostenibilità economica. TAP ha messo a disposizione del mercato la possibilità di accelerare i tempi anticipando la fase vincolante dal luglio 2023 al luglio 2022,
La Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo hanno assegnato a Tap lo status di ’Progetto di Interesse Comune’ (Pci): il gasdotto è considerato funzionale all’apertura del Corridoio Meridionale del Gas, uno dei 12 cosiddetti ’corridoi energetici’, reputati prioritari dall’Unione europea per il conseguimento degli obiettivi di politica energetica.

Governo impegnato anche sul fronte delle rinnovabili

Anche nel caso delle energie rinnovabili, molto si può fare anche nel breve, e stanno arrivando già alcuni segnali dal governo.

Elettricità Futura, l’associazione – aderente a Confindustria- che raccoglie oltre 500 imprese elettriche italiane, aveva chiesto nei giorni scorsi a Governo e Regioni di autorizzare entro giugno 60 GW di nuovi impianti rinnovabili, pari a solo un terzo delle domande di allaccio già presentate a Terna, per poterli poi installare nel giro di 3 anni, tagliando così il 20% le importazioni russe.

“Dobbiamo tenere acceso il Paese investendo sulle uniche energie italiane, le rinnovabili. Possiamo farlo installando i primi 60 GW di nuove rinnovabili nei prossimi 3 anni. Così tagliamo il 20% delle importazioni di gas” dice Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. “Poi con altri 60 GW di rinnovabili nei successivi 3 anni liberiamo l’Italia dalla dipendenza dalla Russia. Stiamo avendo buoni riscontri dal Governo in merito alla nostra proposta: un primo passo è stato l’annuncio del rafforzamento della capacità operativa delle due Commissioni Pnrr-Pniec e Via-Vas, gli organismi più importanti per accelerare gli iter autorizzativi delle rinnovabili. Ora sarebbe necessario che il Governo valutasse l’istituzione di un Commissario per gestire con protocolli straordinari questa grave emergenza”.

Aumento della produzione di gas dall’Algeria

Altro canale è il potenziamento delle produzioni di gas già in essere. E in questo caso in cima alla lista c’è l’Algeria. Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi sono volati ad Algeri per parlare del Transmed. Da qui lo scorso anno sono transitati circa 10 miliardi di metri cubi in quota Eni (e altrettanti di altri operatori, italiani ed esteri, oltre che di trader), ma si parla della possibilità di altri 10 miliardi di metri cubi che potrebbero arrivare in Italia nel medio termine.

Utilizzo maggiore dei rigassificatori, uno nuovo in arrivo questa estate

Un maggior utilizzo dei rigassificatori è un’altra strada da percorrere tanto più se grazie ad essi il gas liquido lo si potrà acquistare dove si vorrà e dove ci saranno le condizioni più favorevoli.

Anche di questo ha parlato Cingolani anticipando che quest’estate arriverà un rigassificatore nuovo che si aggiungerà ai tre già esistenti. Al momento “ne abbiamo tre che vanno al 60% della loro capacità di esercizio, e possono essere a breve portati a una efficienza superiore quindi produrre più gas” ha detto. “Dopodiché già per metà di quest’anno installeremo un primo rigassificatore galleggiante” e, ha aggiunto, “poi costruiremo altre infrastrutture nei prossimi 12-24 mesi

Il primo rigassificatore costruito in Italia è stato quelli di Panigaglia in Liguria, (3,5 miliardi di metri cubi all’anno, di proprietà di Snam). In Toscana c’è la struttura di Olt (3,75 miliardi di metri cubi all’anno di capacità autorizzata, partecipata per il 49,07% da Snam, per il 48,24% dal fondo australiano First Sentier Investors e per il 2,69% dalla società di shipping Golar Lng. Infine il più grande è l’Adriatic Lng (8 miliardi di metri cubi all’anno), off shore, a circa 15 chilometri dalla costa, in provincia di Rovigo in cui Snam ha il 7,3%, ExxonMobil il 70,7% e Qatar Petroleum il 22%.

La capacità totale di questi tre rigassificatori è di circa il 20% del fabbisogno nazionale e aumentarla è possibile anche se dipenderà dalla disponibilità dei rifornimenti. Dunque “metteremo a pieno regime i nostri rigassificatori, prendendo gas liquido da Stati Uniti, Canada e Nord Africa, con un apporto di circa 5 miliardi di metri cubi quest’anno”.

Un ottimo apporto potrebbe arrivare anche dal Qatar, seconda tappa del duo Di Maio-Descalzi, aumentando la quantità di Gnl di altri 3 miliardi di metri cubi rispetto ai quasi 7 miliardi che Doha già assicura all’Italia e che vengono processati in gran parte dal rigassificatore di Rovigo. “Ho sentito al telefono l’emiro del Qatar, Al Thani, con cui ho discusso in particolare di come rafforzare la cooperazione energetica tra i nostri Paesi”, ha detto il premier Draghi nella dichiarazione congiunta con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, prima del loro incontro a Bruxelles.

Di riapertura di vecchie centrali a carbone non se ne parla

Invece di riaprire vecchie centrali a carbone, come qualcuno ipotizzava facendo riferimento a quelle di La Spezia, Fusina e Brindisi, almeno per il momento, non se ne parla proprio, mentre si possono semmai potenziare quelle già esistenti a Civitavecchia e Brindisi. Queste “sono ancora in funzione e si potrebbero mandare a pieno regime” ha detto Cingolani . “Non riapriamo nulla, non riapriamo le centrali che sono chiuse perché l’impresa non varrebbe la spesa. Si tratta semplicemente di una possibilità in caso di emergenza molto più forte di quella attuale e limitata nel tempo”.

In Italia il consumo totale di gas naturale, secondo le stime, ammonta a 71,5 miliardi di metri cubi standard (smc) utilizzati in parte per soddisfare i consumi e per il resto accantonati nei siti di stoccaggio.

La domanda di gas naturale è soddisfatta per circa il 5 per cento dalla produzione nazionale e per la parte restante dalle importazioni.

I principali esportatori di gas verso l’Italia sono: Russia con 33,4 miliardi Smc (46%), Algeria con 13,4 miliardi Smc (18,8%), Qatar con 6,5 miliardi Smc (9,2%), Norvegia con 6,1 Smc (8,7%) e infine la Libia da cui importiamo 5,7 miliardi Smc (8%).

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