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Energia: come accumularla nella transizione verde? Batterie, idrogeno e biometano le soluzioni allo studio

Gli accumuli di energia sono indispensabili per uscire dalle fonti fossili. Lo studio del Laboratorio Ref Ricerche indica soluzioni a lungo termine. Italia Paese tra i più esposti in Europa

Energia: come accumularla nella transizione verde? Batterie, idrogeno e biometano le soluzioni allo studio

Se l’Europa vuole avere più energia verde al 2050 deve pensare anche a come accumularla. Produrla è già un grande passo avanti, ma averla a disposizione per quando serve è altrettanto indispensabile. Il tema è aperto e le indicazioni dell’Ue non sono ancora del tutto chiare. Ci si domanda, quindi, quali siano le strade migliori per non investire miliardi di euro sulle rinnovabili senza poterle poi immagazzinare.

Lo studio “Sistemi di accumulo e scenari di lungo periodo» elaborato dal Laboratorio Ref mette sotto esame la capacità di accumulo di energia eolica e fotovoltaica. Partire da questa necessità «è fondamentale per riallineare temporalmente produzione e consumo di energia elettrica» scrivono i ricercatori.

Con le loro ricerche, gli studiosi del Ref ci hanno abituato a vedere le cose in modo più articolato di quanto non ci trasmettano le emergenze. Ora, la transizione energetica, per fortuna, è un percorso graduale, ma programmare su vasta scala è molto conveniente. Il fabbisogno di energia al 2050 è stimato in 670 Terawattora con una copertura al 95% da fonti rinnovabili e solo al 5% da gas.

Dato che sole e vento non sono sempre disponibili durante le giornate, considerate le zone più o meno esposte all’una o all’altra fonte, bisogna bilanciare immissioni di corrente elettrica e prelievi. Uno dei «limiti della generazione eolica e fotovoltaica è proprio legata alla non programmabilità della produzione, la quale può determinare ore di overgeneration, in cui la produzione di energia supera la domanda e ore di undergeneration, in cui la domanda risulta maggiore della totalità della produzione elettrica oraria». Attualmente per conservare energia pulita ci sono i sistemi idroelettrici, quelli di accumulo a batteria e la produzione di idrogeno attraverso elettrolisi. Quest’ultimo sfrutta elettricità e acqua in eccesso per usarla dopo. Si tratta di un sistema su cui l’industria europea vuole puntare, con il vantaggio di poter trasportare la fonte non inquinante.

Che succede in Italia?

Per l’Italia per i prossimi anni si prevede una maggiore produzione di rinnovabili al Sud ma un maggiore consumo al Nord. Se si sceglie l’accumulo a idrogeno bisogna considerare evidentemente anche i costi di trasporto. Avremo così ancora una volta due Italie su fronti contrapposti per motivi naturali e storici.

Il sistema, in altre parole, deve riuscire a sopperire a questi problemi per poter utilizzare in modo ottimale la produzione da fonti rinnovabili non programmabili. La sfida è tecnologica, tenuto conto anche della riduzione dei costi dei sistemi di accumulo. Per le batterie una buona soluzione è rappresentata da quelle a ioni di litio, oggi le più utilizzate a costi di mercato decrescenti.

Per il 2050 al Laboratorio Ref hanno fatto una stima per una decarbonizzazioine completa che ha inserito tra le buone fonti per il nostro Paese, il biometano. È costante, non è soggetto a variazioni climatiche, interessa molti progetti e può sostenere il sistema. Entro il 2050 l’Italia ne può produrre 13 miliardi di metri cubi corrispondenti a circa 70 Terawattora. Altri 40 Terawattora potrebbero essere generati dalle importazioni. Tutto ciò che ancora manca per toccare il traguardo «va necessariamente coperto mediante l’uso di sistemi di accumulo, che dovranno accumulare energia durante le ore di surplus e rilasciarla nelle ore residue di deficit».

Stabilire regole e premi per la nuova energia

Siamo in ritardo. Cosa fare? «Deve essere certo che nel breve termine si renderanno necessari un certo numero di sistemi di accumulo per sopperire alle discrasie tra produzione da energie rinnovabili intermittenti e picchi di domanda” rispondono i ricercatori. Ci vuole un intervento pubblico, in qualche modo già in corso, per un Paese tra i più esposti in Europa.

L’Arera ha chiesto a Terna di organizzare un sistema per le aste basato su sussidi diretti. I vantaggi in questo caso sarebbero due: un mercato per l’approvvigionamento a termine di capacità di stoccaggio con un premio annuale, e un mercato successivo di prodotti time-shifting magari su base geografica. Ma se si farà deve essere “valido per impianti di accumulo di nuova realizzazione, i quali ricevono il premio annuale da Terna come unica remunerazione”.

Gli impianti di accumulo già esistenti, invece, possono richiedere di partecipare al meccanismo del “secondo tempo” di immissione di energia, senza ricevere premi. Le indicazioni sono nette e delineano uno scenario positivo, resta da vedere chi, come e quando deciderà.

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