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Emirati e Kuwait: il nuovo piano di sviluppo è già iniziato

Dal 2014 la crescita dei due Paesi ha rallentato a causa del calo dei proventi dal comparto energia – Nonostante ciò, il grado di diversificazione, le infrastrutture e l’ampia disponibilità di capitale permetteranno di attutire il calo dei prezzi.

Come riportato dal Centro Studi Intesa Sanpaolo, nel 2014 la crescita del PIL del Kuwait, pari allo 0,1% in termini reali, ha rallentato ulteriormente rispetto al già modesto +0,8% registrato l’anno prima. L’attività di estrazione è diminuita dello 0,9%, mentre la dinamica della componente non-energetica ha registrato una crescita pari alla metà di quella vista nel 2013 (+2,1% contro +4,2%). Gli analisti prevedono per il Kuwait un tasso di crescita dell’1,2% alla fine del 2015 e del 2,5% per quest’anno, con il comparto energia in aumento del 2,2% nel 2016 grazie agli investimenti pregressi finalizzati ad aumentare la produttività dei pozzi e la capacità di raffinazione, mentre per la parte non idrocarburi stima un aumento in termini reali del 3%, anche se si ritiene risentirà nel breve delle misure di contenimento della spesa corrente e degli aumenti dei prezzi dei carburanti. E’ invece atteso un maggior apporto della parte investimenti, con lo sblocco del Piano Pluriennale di Sviluppo per il periodo 2015-19 di ammontare pari a circa 100 miliardi di dollari.

La frenata dell’economia, relativa alla parte non-idrocarburi, si è riflessa sulla dinamica del credito al settore privato. Il tasso di crescita dal picco dell’8% toccato a giugno 2014 ha frenato progressivamente sino a portarsi al 5,2% a settembre 2015. Il dinaro (0,304 KD:1 USD nella seconda metà di novembre 2015) si è deprezzato di poco meno del 4% nel corso del 2015 mentre il cambio effettivo si è apprezzato leggermente grazie al rafforzamento del dollaro verso le altre valute del paniere. Il tasso tendenziale d’inflazione ha accelerato dal 2,8% a dicembre 2014 al 3,8% ad agosto 2015 per poi frenare al 3,1% a settembre. Il tasso medio è previsto salire al 3,3% quest’anno, dal 2,9% nel 2014.

A seguito del calo dei proventi da idrocarburi, il deficit pubblico è previsto salire al 12,5% del PIL nel corso di quest’anno, mentre il debito pubblico in rapporto al PIL rimarrebbe contenuto (6,9% nel 2014 atteso salire al 9,9% nel 2015). Le attività in valuta, stimate dall’Institute of International Finance pari al 383% del PIL nel 2014, superano ampiamente il debito estero che, secondo le previsioni degli analisti, a fine 2015 salirà a 35 miliardi da 33 miliardi nel 2014. La posizione finanziaria del Kuwait è solida e le agenzie di rating considerano il debito sovrano in valuta del Kuwait di qualità più che buona (AA per S&P’s e Fitch; Aa2 per Moody’s).

Se offriamo uno sguardo agli Emirati Arabi Uniti, le stime parlano di crescita del PIL che ha frenato al 3,9% nel 2015, dal 4,6% nel 2014. Il rallentamento del comparto energetico, aumentato dell’1,6%, è stato bilanciato dalla tenuta della parte non-idrocarburi che ha mantenuto un passo pari a quello dell’anno prima (4,8%). Nel 2016, l’attività estrattiva è prevista sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente, mentre gli altri settori nel loro complesso sono attesi registrare quest’anno un’espansione in termini reali del 3,8%, rispetto al 4,8% nel 2015. Per l’intera economia, il FMI ha di recente rivisto al ribasso al 2,6% (dal 3,1% nel WEO di Ottobre 2015) la previsione di crescita del PIL nel 2016.

Rispetto ad altre economie del Golfo, grazie all’elevato grado di diversificazione (dove il settore non-idrocarburi contribuisce a circa i due terzi del PIL, mentre merci in transito ed esportazioni costituiscono il 60% dei flussi diretti all’estero), alle eccellenti infrastrutture e all’ampia disponibilità di risorse finanziarie nei Fondi Sovrani (a fine dicembre 2015 gli stessi avevano una capitalizzazione superiore ai 1.200 miliardi di dollari), il Paese presenta una maggiore capacità di assorbire il calo dei prezzi degli idrocarburi. Per contro, gli Emirati, soprattutto Dubai, per il loro ruolo di hub commerciale, turistico e finanziario sono più esposti di altri Paesi della regione alla frenata della domanda dall’Asia. L’economia degli Emirati beneficerà, tuttavia, della rimozione delle sanzioni contro l’Iran.

Tuttavia, il perdurare dell’attuale fase di riduzione dei prezzi potrebbe portare a un ridimensionamento del piano di investimento, soprattutto nelle infrastrutture di trasporto. Meno probabili, per il rischio di contraccolpi sociali, i tagli nei servizi di pubblica utilità e nello sviluppo edilizio. Nel 2015 il tasso tendenziale d’inflazione ha accelerato toccando il picco al 4,9% ad agosto, successivamente frenato chiudendo l’anno al 3,6%. L’inflazione è prevista rallentare nel 2016, con il tasso tendenziale previsto sotto il 3% a fine anno. A partire dallo scorso agosto, il tasso d’interesse ha cominciato a salire portandosi all’1% a fine dicembre 2015. Nuovi rialzi sono attesi nel 2016 sulla scia dei tassi USA. L’apprezzamento del cambio effettivo (+17% da marzo 2014 a dicembre 2015) e la contrazione del surplus corrente hanno portato il cambio in una condizione di sopravvalutazione.

Il Bilancio consolidato del Governo Federale e dei tre principali Emirati (Abu Dhabi, Dubai e Sharjah) ha registrato nel 2015 il primo deficit (2,9%) dal 2009. Nel 2014 il surplus di parte corrente della Bilancia dei Pagamenti è stato pari a 54,4 miliardi di dollari (13,7% del PIL), in calo dai 71,5 miliardi (18,4%) del 2013. La diminuzione di quasi il 50% del prezzo medio degli idrocarburi registrato nel 2015 ha probabilmente determinato il quasi azzeramento del surplus corrente. Nel 2016, con un prezzo medio del petrolio pari a 35 dollari al barile, la bilancia corrente registrerebbe un deficit pari a circa 20 miliardi di dollari.

Il totale delle attività estere degli Emirati, includendo quelle di fondi sovrani, banche, privati e riserve della Banca Centrale, a fine 2015 superava gli 850 miliardi. A fronte di queste attività, gli Emirati presentano un debito estero stimato dal FMI attorno ai 200 miliardi di dollari (55% del PIL). Fitch e S&P assegnano un rating nella parte alta della scala (AA) ad Abu Dhabi, l’Emirato più ricco di risorse petrolifere. A sua volta, Moody’s ha esteso lo stesso rating (Aa2) al Governo Federale.

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