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Emergenza gas: accordo UE. Ecco il piano per la riduzione dei consumi

Sarà il Consiglio europeo e non la Commissione a decidere se e quando scatta l’obbligo di riduzione dei consumi di gas del 15%. E serviranno almeno 5 Stati – non più 3 – per dichiarare lo stato di emergenza

Emergenza gas: accordo UE. Ecco il piano per la riduzione dei consumi

Il Consiglio dei ministri dell’Energia, convocato in via straordinaria a Bruxelles, sembrerebbe vicino a un accordo sul piano d’emergenza gas dell’Ue. La svolta sarebbe a portata di mano dopo diverse riunioni degli ambasciatori degli Stati membri, alla ricerca di deroghe, esenzioni e scappatoie, adducendo scuse per giustificare il fatto che i loro Paesi non dovrebbero essere soggetti al vincolo di ridurre del 15% il consumo di gas. Il rischio è che qualsiasi accordo risultante sia troppo “annacquato” per raggiungere l’obiettivo principale: risparmiare i 45 miliardi di metri cubi di gas naturale necessari per affrontare un inverno più freddo della media, nel caso in cui le forniture russe dovessero cessare. La versione rimaneggiata dai Paesi dell’Ue dovrebbe arrivare “quasi” agli stessi volumi secondo alcuni, per altri invece il totale sarebbe più vicino a 30 che a 45 mld m3.

A spingere per trovare un punto di equilibrio tra i 27, la decisione di Gazprom di ridurre ulteriormente del 20% le forniture alla Germania via il gasdotto Nord Stream 1.

L’effetto sui prezzi del nuovo diktat russo si è visto subito. I futures sul gas alla borsa di Amsterdam sono schizzati di oltre il 7% (sopra i 190 euro al megawattora). Da qui l’esigenza di mandare un segnale chiaro al mercato.

Piano Ue emergenza gas: il fronte del NO

I Paesi dell’Unione Europea stanno cercando di ammorbidire il piano del blocco che impone loro di utilizzare meno gas, mentre l’Europa si prepara a un inverno di forniture incerte da parte del suo principale fornitore, la Russia.

La settimana scorsa la Commissione europea ha proposto che i 27 Stati membri dell’Ue riducano ciascuno il consumo di gas del 15% da agosto a marzo. L’obiettivo sarebbe volontario, ma la Commissione potrebbe renderlo vincolante in caso di emergenza.

Ma il piano gas dell’UE si è scontrato con la resistenza di una serie di governi, alcuni dei quali si sono opposti a tagli e altri non sono disposti a lasciare che Bruxelles controlli il loro consumo energetico. Tra coloro che si sono opposti alla proposta originaria della Commissione ci sono Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro – proprio i Paesi che hanno sentito tutto il peso dell’inflessibile rettitudine fiscale tedesca durante la grande crisi dell’eurozona di un decennio fa. Dopo aver impartito lezioni alle nazioni indebitate sulla necessità di vivere all’interno dei propri mezzi e possibilità, la Germania è ora il Paese che si trova più in difficoltà di fronte i continui tagli di Gazprom via Nord Stream.

Ma anche Spagna, Ungheria, Polonia e Italia sarebbero contrari al piano e in particolare agli eccessivi poteri che la Commissione si attribuisce autonomamente, nonché alla percentuale stessa della riduzione (considerata troppo alta) e, infine, al taglio lineare dei consumi senza tener conto delle diversità nazionali.

Ciononostante, alcuni diplomatici presenti alla discussione di lunedì hanno affermato che c’era uno spirito di solidarietà – anche nei confronti della Germania – e una sensazione prevalente che l’Europa debba essere unita di fronte alle minacce della Russia. Diversi diplomatici hanno espresso ottimismo sul fatto che l’accordo – che può essere approvato a maggioranza qualificata, cioè da 15 Paesi che rappresentano il 65% della popolazione del blocco – possa essere raggiunto, nonostante le preoccupazioni residue di alcuni.

Altri diplomatici hanno espresso il timore che la proposta non sia all’altezza. Finora i Paesi dell’Ue hanno tagliato il loro consumo combinato di gas di appena il 5%, nonostante mesi di impennata dei prezzi e di riduzione delle forniture da parte della Russia.

Il Piano (rivisto): ecco cosa potrebbe cambiare

Nell’ultima bozza di testo, il taglio ai consumi del 15% resta formalmente uguale per tutti e obbligatorio in caso di emergenza. Ma con delle eccezioni. Intanto, il potere di chiamare “l’allerta” non sarebbe più in capo alla Commissione. L’esecutivo europeo, o in alternativa almeno cinque Stati membri, possono proporre la fase di emergenza, ma questa va comunque approvata a maggioranza qualificata dal Consiglio Ue.

Per rassicurare l’Italia, nel testo ci sarebbe anche un riferimento al lavoro della Commissione sul tetto al prezzo del gas. Inoltre, sembrerebbe che i piani d’emergenza non andranno presentati a Bruxelles entro fine settembre, ma entro il 31 ottobre.

Il Consiglio ha anche deciso che questo regime durerà poco più di un anno e non due. Il periodo va dal primo agosto 2022 al 31 marzo 2023. Ma dal consumo verrà anche scontato, soprattutto per i grandi paesi industriali, il gas usato per le industrie siderurgiche, chimiche, petrolchimiche, dalle vetrerie e dei prodotti minerali non metallici. Dal conto del gas consumato sono stati esclusi gli stoccaggi. E ci sono anche deroghe per i paesi dell’Est, la penisola iberica (quindi Spagna e Portogallo), Malta e Irlanda, ovvero le nazioni scollegate dalla rete europea.

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