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Elezioni Uk: guida completa in 5 punti

Un voto per eleggere il nuovo Parlamento si è trasformato in un secondo voto sulla Brexit – Urne aperte dalle 7, Johnson favorito nei sondaggi – Ecco tutto ciò che c’è da sapere sulle elezioni del 12 dicembre nel Regno Unito

Elezioni Uk: guida completa in 5 punti

Il Regno Unito alla prova elezioni anticipate. Giovedì 12 dicembre i cittadini britannici saranno chiamati a votare per scegliere il nuovo Parlamento, ma indirettamente anche per decidere tra due percorsi diversi sulla Brexit. Quello indicato dal Premier Boris Johnson che, in caso di vittoria, ha promesso di portare a compimento la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea a qualunque costo, e quello del leader laburista Jeremy Corbyn che ha invece detto di voler negoziare un nuovo accordo sulla Brexit per poi sottoporlo a referendum popolare. Due strade opposte al centro di un voto che sarà determinante sia per Londra che per l’Unione Europea. Bruxelles continua infatti ad attendere da Downing Street una risposta definitiva su una questione che da tre anni e mezzo non trova soluzione a causa delle ripetute bocciature inferte dal Parlamento britannico agli accordi contratti dai conservatori (prima da May e poi da Johnson).

ELEZIONI UK: LA GUIDA PRATICA

Giovedì 45 milioni di cittadini britannici sono chiamati ad eleggere i 650 membri della Camera dei Comuni. La maggioranza assoluta, chiamata in Gran Bretagna “magic number”, è fissata a 326 deputati.

A soli 2 anni e mezzo dalle elezioni generali del giugno 2017, che consegnarono il Governo ai conservatori, si torna dunque al voto. Seggi aperti dalle ore 7 (le 8 in Italia) alle ore 22 (da noi le 23). Subito dopo la chiusura Bbc, Itv e Sky News diffonderanno i primi exit poll. Lo scrutinio comincerà immediatamente dopo la fine del voto. Il risultato ufficiale arriverà nella mattinata di venerdì 13 dicembre.

ELEZIONI: IL SISTEMA ELETTORALE UK

Il sistema elettorale del Regno Unito è di tipo maggioritario relativo. A prevalere è la regola del “First past the post”: i candidati che ottengono più voti degli altri all’interno della propria circoscrizione elettorale entrano in Parlamento, tutti gli altri rimangono esclusi. Ogni collegio elegge quindi un solo candidato e per questo motivo possono verificarsi degli scostamenti tra seggi e voto popolare. Facciamo un esempio pratico. Se in un collegio i laburisti arrivano al 51% e in un altro i conservatori raggiungono il 70%, la differenza percentuale non avrà alcuna rilevanza sui risultati finali: i due partiti eleggeranno comunque un candidato ciascuno. Allo stesso modo, un partito che su base nazionale ottiene il 15% può anche rimanere escluso dal Parlamento, mentre una forza politica che ottiene il 4% nazionale ma vince in un collegio può avere un rappresentante a Westminster.

Ricordiamo che delle 650 circoscrizioni elettorali presenti in Gran Bretagna, 533 si trovano in Inghilterra, 59 in Scozia, 40 nel Galles e 17 in Irlanda del Nord.

Il governo è formato dal partito che alle elezioni ha ottenuto il maggior numero di seggi alla Camera dei Comuni. Il leader del principale partito diventa automaticamente Primo Ministro e riceve l’incarico dalla Regina. Se invece nessun partito raggiunge la maggioranza assoluta si crea quello che gli inglesi chiamano “hung parliament”. A quel punto si aprono le trattative per provare a formare un governo di coalizione o, in alternativa, un esecutivo di minoranza.

LE PROPOSTE DEI CONSERVATORI

Chiedere elezioni anticipate è stata la via individuata ad ottobre dall’attuale primo ministro Boris Johnson per cercare di superare lo scoglio Brexit. Lo scopo dei conservatori è quello di ottenere una maggioranza netta e forte in grado di far pendere dalla propria parte l’ago della bilancia parlamentare e non rimanere in balia delle intemperanze degli alleati o dei partiti d’opposizione al primo voto riguardante la fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione Europea (come accaduto nell’ultimo anno). Non a caso, la campagna dei Tories si è incentrata quasi totalmente su Brexit. Lo slogan elettorale è già tutto un programma: “Get Brexit Done”. Johnson propone un’uscita netta dall’Ue, puntando soprattutto su argomentazioni di carattere identitario.

Nei sondaggi i Tories sono circa al 40%, nonostante il gradimento su Johnson sia solo al 35%. Sul loro risultato alle elezioni potrebbe incidere in positivo la decisione del Brexit Party – il partito di Nigel Farage – di non presentarsi nei collegi considerati “a rischio” per i conservatori allo scopo di evitare di sottrarre loro i voti degli elettori favorevoli alla Brexit. Con un risultato compreso tra il 41 e il 46% i conservatori otterrebbero la maggioranza assoluta in Parlamento, arrivando a 330 seggi (326 la maggioranza).

LA CAMPAGNA DEI LABURISTI

Meno netta, come da tradizione, la posizione del Labour Party sulla Brexit. I membri più intransigenti del partito avrebbero voluto che Jeremy Corbyn incentrasse la campagna elettorale sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea. Il leader laburista ha però preferito mantenere una linea più neutra al fine di intercettare sia i voti di coloro che sostengono il Remain che quelli dei sostenitori del Leave. Una via di mezzo che prevede un nuovo accordo sulla Brexit (che con ogni probabilità punterà a mantenere un rapporto molto più stretto con la Ue) e un referendum popolare per lasciar decidere ai cittadini se l’intesa va bene oppure no.

I sondaggi danno i laburisti intorno al 30 per cento, anche se in crescita, mentre solo il 21% dei cittadini ha affermato di avere un’opinione positiva su Corbyn. Con un distacco di 10 punti dai Tories e un risultato tra il 30 e il 35 per cento, il Labor potrebbe ottenere tra i 220 e i 230 seggi.

ELEZIONI UK: GLI ALTRI PARTITI

Lo slogan dei Liberal Democratici non lascia spazio ad equivoci: “Stop Brexit”. Il partito centrista promette di revocare l’articolo 51 (quello che dà il via alla fuoriuscita dall’Unione) e far tornare tutto come era prima. Secondo i sondaggi i LibDem sono intorno al 10% (erano al 20 alle elezioni europee). Il partito potrebbe essere comunque determinante se per formare il Governo ci fosse bisogno di una coalizione. Difficilissima, se non impossibile, un’alleanza coi conservatori. Possibile invece quella coi Laburisti anche se le posizioni dei due partiti appaiono ad oggi molto distanti.

Da non sottovalutare anche lo Scottish National Party (SNP) che per via del sistema elettorale potrebbe avere un’alta rappresentanza parlamentare e che in Scozia ha un bacino elettorale ampio grazie anche al suo favore nei confronti di un referendum sull’indipendenza. A Westminster dovrebbero entrare poi i gallesi di Plaid Cymru, gli irlandesi del Democratic Unionist Party, il partito che ha tenuto in piedi l’attuale legislatura, e gli indipendentisti nordirlandesi dello Sinn Fein.

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