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Efficienza energetica, truffe e tensioni sui Certificati Bianchi

Il Gse ha replicato alle accuse di alcune associazioni imprenditoriali che l’accusavano di ritardi e burocrazia nel rilascio degli incentivi. “Il 95% delle 10.600 verifiche completate nel triennio 2017-19 ha portato alla revoca dei benefici”. La Finanza indaga. La sfida del Piano nazionale energia

Efficienza energetica, truffe e tensioni sui Certificati Bianchi

Efficienza energetica, un nuovo “caso” dopo quello che negli anni scorsi fece emergere clamorose truffe sugli incentivi all’eolico in Puglia? La storia è articolata e i paragoni non sempre sono calzanti ma certo è che nella controversia tra le associazioni degli imprenditori e il Gse, la società pubblica che gestisce incentivi e Certificati bianchi, vale la pena di approfondire. Troppe lentezze e ostacoli burocratici, dicono i primi. Troppi comportamenti illeciti nelle richieste di fondi pubblici da parte delle imprese, replica in sostanza la seconda.

 Alcuni numeri aiutano a capire. Il 95% delle verifiche compiute sulle cosiddette schede standard (Rvc standard è il nome tecnico) presentate per ottenere i Certificati Bianchi (i titoli negoziabili che costituiscono il principale meccanismo di incentivazione ai progetti di efficienza energetica per le aziende), ha dato un esito irregolare e ha quindi portato alla revoca dell’incentivo. Lo ha comunicato il Gse precisando che su 10.600 verifiche portate a termine nel triennio 2017-19, oltre 10.000 hanno portato all’annullamento dei progetti. Il controvalore della revoca degli incentivi è di 600 milioni di euro. Autocertificazioni fasulle, in pratica, per un risparmio energetico mai realizzato a fronte del quale venivano incassati benedicici che si scaricavano poi sulle bollette.

Truffe certificate anche dalla Guardia di Finanza che, tra luglio e settembre, ha comunicato i primi risultati dell’operazione denominata “Energia cartolare”: “28 soggetti segnalati all’Autorità Giudiziaria per il reato di truffa aggravata per il conseguimento indebito di erogazioni pubbliche. 7 di loro tratti in arresto. Disposto il sequestro in via preventiva per equivalente di beni per 110 milioni di euro complessivi, in corso di esecuzione (già sottoposti alla misura circa 6 milioni di euro)” recita il comunicato della Gdf di Treviso che ha curato l’indagine articolata in tutta Italia. L’inchiesta ha passato sotto la lente le dichiarazioni di 15 Esco (Energy Saving Company) – che operavano in diverse città: Frosinone, Torino, Padova, Milano, Pordenone, Catanzaro, Cuneo, Parma, Potenza, Roma, Cosenza e Vercelli. Da quelle dichiarazioni fasulle le Esco avrebbero potuto ricavare profitti indebiti per oltre 500 milioni, anche negli anni successivi, se nel frattempo non fossero stati scoperti.

L’indagine farà ora il suo corso e la palla passa sul campo dell’Autorità giudiziaria. Ma per tornare al casus belli che ha contrapposto il Comitato energia di Confindustria, Federesco e Fiper da un lato e il Gse dall’altro, con scambi di comunicati, giova ancora precisare che il meccanismo delle autocertificazioni era stato da tempo (dal 2015 per l’esattezza) segnalato dal Gse ai vari governi e ministri che si sono succeduti al Mise e al Mef come un potenziale fattore di illeciti. Fino a quando nel 2017 l’invito del Gestore a porre rimedio è stato accolto e le autocertificazioni sono state abolite con decreto ministeriale. Non è un caso che la montagna delle richieste di Certificati Bianchi, cresciuta a dismisura, dal gennaio 2018 si sia drasticamente ridimensionata. Il Gse ha registrato una riduzione del 61% di richieste (2.211) presentate dagli operatori rispetto al 2017 (5.695) e del 34% di riconoscimento dei Certificati Bianchi (3,8 milioni) rispetto al 2017 (5,8 milioni). E non ha dubbi sulle ragioni del crollo.

Da dove nasce la controversia? Gli imprenditori attribuiscono la caduta alla “paralisi” burocratica del Gestore e chiedono risposte certe, tempi certi, una macchina burocratica meno lenta per pianificare gli investimenti. Tanto da invocare (Fiper e Confindustria) uno spostamento delle competenze dal Gse all’Arera. Affermano che si va avanti solo con ricorsi al Tar anche se riconoscono, tuttavia, che il cambio di passo sia avvenuto dopo l’approvazione del decreto ministeriale dell’11 gennaio 2017, firmato dai ministri Calenda (Sviluppo economico) e Galletti (Ambiente) il quale ha lasciato aperte alcune questioni tecniche come il tetto di 250 euro per i Certificati o la definizione di cosa si intende per risparmio addizionale di energia da incentivare. E’ qui che si inseriscono valutazioni e punti di vista, anche all’interno dello stesso Gse, che portano poi a comportamenti più o meno restrittivi.

Tutto è opinabile ma resta il fatto che le truffe ci sono state (tra gli arrestati eccellenti dell’Operazione Energia cartolare anche l’ex presidente di Federlazio Ambiente Marco Perfili) e che è compito del Gse verificare che non si scarichino sulle bollette oneri impropri e illeciti. Allo stesso modo è comprensibile l’invito rivolto alle associazioni a “garantire il rispetto di un codice etico” tra i propri associati. Non sembra che il problema siano i tempi di risposta del Gestore: almeno per il decreto Fer, entrato in vigore il 10 agosto scorso, il Gse ha pubblicato il bando per le gare il 23 agosto (prima della scadenza di legge) e la prima gara per gli incentivi si svolgerà il 30 settembre (secondo round il 30 ottobre). Il meccanismo dei Certificati Bianchi sin dalla sua istituzione si è rivelato macchinoso. Piuttosto che repentini e nuovi cambi di gestione, diventa allora opportuno assicurare – ma qui potrebbe essere d’aiuto il Mise – quegli aggiustamenti di percorso – utili ad oliare il sistema e renderlo più dinamico. Tanto più ora che l’efficienza energetica è uno dei pilastri del Piano nazionale energia. Un clima di reciproca fiducia non può che giovare al sistema.

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