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Economia, sostenibilità e trasparenza: una direttiva Ue mette nero su bianco cosa comunicare al mercato

La Ue mette in campo standard per la sostenibilità per le grandi aziende. Circa 12 mila soggetti tra industrie, banche, assicurazioni dovranno rispettare principi fondamentali per il Green Deal

Economia, sostenibilità e trasparenza: una direttiva Ue mette nero su bianco cosa comunicare al mercato

Le aziende che affrontano l’innovazione e la sostenibilità ogni anno presentano un bilancio ad hoc. Uno documento molto utile per capire cosa l’azienda e il management stanno facendo per non danneggiare l’ambiente. Ci sono molti modi per dichiarasi a basso impatto climatico. Ma il bilancio di sostenibilità è anche uno strumento di analisi per verificare la quota di capitale e tanto altro che l’ impresa mette nella tutela del pianeta. CO2, acquisti, partner, condivisione, diritti, sono tutti elementi che avvicinano o allontanano pubblico ed investitori da un determinato brand.

L’Unione europea ha emesso una nuova direttiva, come atto delegato, su questa materia: il Corporate Sustainability Reporting (CSRD). Le aziende dovranno applicare le nuove regole già nell’esercizio finanziario 2024, per le relazioni pubblicate nel 2025. I destinatari della direttiva sono parecchio interessanti: le grandi aziende di interesse pubblico con più di 500 dipendenti. 11700 circa tra società quotate, banche, compagnie di assicurazione, altre società designate dalle autorità nazionali come enti di interesse pubblico. Perché gli si punta il dito ? Per far rendicontare meglio e più di prima le loro performances industriali. In sostanza le aziende dei 27 stati dell’Ue e le piccole quotate in borsa- la big economy- dovranno rispettare alcuni standard per non essere accusate di travisare la realtà. Una volta questi parametri venivano esaminati solo dalle organizzazioni ambientaliste. Da tempo non è più così, perché per fortuna, l’idea di un mondo più pulito ha fatto breccia in tanti contesti sociali, e quindi anche tra chi investe.

Conoscere a chi affidare il proprio denaro


I nuovi standard riguardano sia gli aspetti ambientali in senso tecnico che quelli della governance. Sarebbe facile e un tantino furbesco deresponsabilizzarsi dai guai provocati all’ambiente esterno, alle città, alla salute da un’azienda nella quale si mettono soldi propri. Se il mondo, la tua città, il quartiere dove vivi sono inquinati e tu compri le azioni di chi causa l’inquinamento, poi con chi te la prendi ? La polemica sugli investimenti delle grandi aziende a favore della transizione ecologica è una trama senza fine. Ci sono un’infinità di voci a dare colpa o a discolpa e non se ne viene fuori facilmente. Vicende che vanno raccontate, le raccontiamo, ma è pura trasparenza sostenere un’azienda con i propri risparmi ed essere consapevoli dei rischi o delle opportunità che si affrontano. La direttiva andrà presto all’esame del Parlamento europeo e del Consiglio, ma già ora esclude dagli obblighi le microimprese quotate. Un riconoscimento a chi è fuori dai giri finanziari, ma aiuta l’economia reale a stare in piedi.

Finché la strategia del Green Deal non sarà toccata, il sistema economico dell’Unione deve fare tutto quello che può, dicono a Bruxelles. Investitori, organizzazioni della società civile, consumatori e le altre parti interessate devono sapere o cosa si sta facendo davvero. Non è detto che sulla direttiva non si litighi e non dimentichiamo che a giugno 2024 ci sarà un nuovo Parlamento. Intanto il rispetto degli standard è un obiettivo da raggiungere con gradualità. Un punto specifico riguarda la biodiversità. Nessuna azienda ha l’obbligo di redigere un piano per la biodiversità. E questo dopo la travagliata approvazione a giugno scorso della strategia continentale sulla biodiversità. I terreni da sottrarre alla speculazione piano, piano garantiranbno un equilibrio tra agricoltura e sviluppo. Vanno ben specificate da parte delle imprese, invece, i risvolti sull’ambiente esterno, le questioni sociali e il trattamento dei lavoratori, il rispetto dei diritti umani, l’anticorruzione e le diversità per età, sesso, formazione dei Consigli di amministrazione. Ma non saranno proprio i CdA i veri destinatari del Corporate Sustainability Reporting ?

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