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Economia russa verso il default: dal Pil alla Borsa, ecco gli effetti delle sanzioni per la guerra in Ucraina

Aziende in fuga, Borsa chiusa e titoli a picco a Londra, rublo ai minimi storici, Pil in caduta libera. Gli effetti della guerra in Ucraina sull’economia russa sono appena iniziati.

Economia russa verso il default: dal Pil alla Borsa, ecco  gli effetti delle sanzioni per la guerra in Ucraina

L’ economia russa comincia a pagare a caro prezzo il costo della scellerata guerra in Ucraina. Nonostante la propaganda di Vladimir Putin e i tentativi del Cremlino di convincere la popolazione che “i cattivi” siano gli altri, lo spettro del default aleggia sul debito russo: un effetto delle durissime sanzioni imposte dai Paesi occidentali che ricade direttamente sui cittadini russi, mentre gli investitori scappano a gambe levate dal Paese invasore prima che le perdite (e la caduta d’immagine) diventino troppo difficili da sostenere.

Il debito russo è spazzatura

Una pioggia di downgrade sta colpendo il debito russo. Per la seconda volta nel giro di una settimana, S&P ha tagliato i rating sovrani a lungo termine in valuta estera e locale sulla Russia, portandoli entrambi a “CCC-” (da “BB+” e “BBB-“), livello che corrisponde a “Vulnerabile”, in cui “la solvibilità delle obbligazioni assunte dipende prevalentemente da condizioni economiche e finanziarie favorevoli”, indica l’agenzia Usa. Il rating resta invece in “credit watch negative sul crescente rischio di default”, così come indicato lo scorso 25 febbraio. 

Secondo la celeberrima agenzia di rating, la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni imposte dai Paesi del G7, comprese quelle che prendono di mira le riserve in valuta estera della Banca Centrale, hanno reso “inaccessibile gran parte di queste riserve, minando la capacità della Banca centrale di agire come prestatore di ultima istanza” e compromettendo la posizione netta di liquidità esterna del Paese. 

S&P non è l’unica agenzia ad aver preso contromisure sulla Russia. Ventiquattro ore fa, anche le altre due sorelle del rating, le agenzie Fitch e Moody’s, hanno declassato i titoli di stato moscoviti a “junk”, “spazzatura”, decretando l’ingresso della Russia nella categoria dei Paesi che rischiano di non poter rimborsare il debito. Nei dettagli, Moody’s ha ridotto il proprio giudizio sul debito a lungo termine da Baa3 a B3, mantenendolo sotto osservazione viste le sanzioni imposte dai Paesi occidentali alla Russia. Fitch ha invece abbassato il rating da BBB a B, con outlook negativo. Questi rating pongono il debito della Russia al livello ‘speculativo’. 

La reazione della Banca Centrale

La Banca di Russia ha annunciato il taglio della commissione che i broker devono addebitare a chi acquista valuta estera. Da oggi la commissione è ridotta dal 30% al 12% precedentemente applicato.

Le previsioni di JP Morgan sul Pil russo

Nel frattempo cominciano ad arrivare le prime previsioni sul futuro dell’economia russa. La banca d’affari JP Morgan stima che nel secondo trimestre del 2022 il Pil russo registrerà una contrazione del 35%, mentre sull’intero 2022 la previsione è ancora pari a -7 per cento, con un calo della produzione economica paragonabile alla crisi del 1998.

“Un calo da picco a minimo del Pil russo è ora previsto intorno al 12%”, ha spiegato ai clienti l’analista Anatoliy Shal, paragonando la situazione alle crisi del 1998 (-10%) e del 2008 (-11%) e allo shock Covid-19 (-9%). 

JP Morgan prevede infine che le esportazioni quest’anno diminuiranno di circa il 13%, la domanda interna di circa il 10% e le importazioni di circa il 30%. “Ciò che è chiaro, tuttavia, è che il crescente isolamento economico e politico della Russia porterà a una minore crescita nel lungo periodo“, ha aggiunto Shal.

Dalla Borsa di Mosca al rublo: pioggia di record negativi 

Non si sa ancora cosa accadrà lunedì, ma per il momento un record storico è già stato segnato. Con lo stop di venerdì, la Borsa di Mosca è rimasta chiusa per 5 giorni consecutivi. Non era mai successo prima che la piazza russa restasse al palo per così tanto tempo. A ben guardare, non era mai successo a nessun listino. Basti pensare che dopo l’11 settembre Wall Street rimase chiusa per quattro giorni.

“La Banca centrale russa ha deciso di non riprendere le sessioni di trading il 4 marzo 2022 sulla Borsa di Mosca per quanto riguarda il mercato azionario, eccetto le operazioni di riacquisto negoziate con regolamento in rubli”, ha comunicato l’istituto nella mattinata del 4 marzo. Lo scopo è chiaro: visti i cali drammatici registrati dalle azioni nei primi giorni di guerra, la banca centrale vuole evitare (o forse rimandare) un tracollo finanziario senza precedenti.

Nel frattempo, i gruppi russi quotati alla Borsa di Londra attraverso i depositary receipts,  certificati che rappresentano le azioni di società estere, hanno praticamente azzerato il loro valore. In base ai prezzi aggiornati alla chiusura del 3 marzo, il colosso energetico Gazprom è crollato del 97,2%, passando da 5,58 dollari di venerdì scorso a 0,021 dollari della chiusura di giovedì. Simile la caduta di Sberbank, principale banca russa, scesa da 4 a 0,01 dollari (-94%). Lukoil segna -97,6% a 0,25 dollari, Rosneft -68,5% a 0,85 dollari. 

Non va meglio sul mercato valutario, con il rublo russo ai minimi storici. Lo scorso 24 febbraio il cambio con il biglietto verde superava di poco gli 80 rubli per dollaro. Oggi è sopra quota 112. 

Le aziende fuggite dalla Russia

Continua la fuga delle grandi aziende dalla Russia. L’ultima, in ordine di tempo, è Generali che ha annunciato oggi la chiusura del suo ufficio a Mosca e la decisione di lasciare il board di Ingosstrakh, la compagnia assicurativa russa di cui la società del Leone detiene una quota di minoranza del 38,5%.

Ieri era toccato a Ikea annunciare la sospensione delle sue attività in Russia e Bielorussia. Ma l’elenco delle società che stanno scappando da Mosca è di giorno in giorno più lungo. Ne citiamo alcune:

  • Apple,
  • Netflix,
  • Disney,
  • Lego,
  • H&M,
  • Nike,
  • Volkswagen,
  • Mercedes, 
  • Bmw,
  • Ford,
  • Toyota,
  • Honda,
  • Mazda,
  • Harley Davidson;
  • Msc Mediterranean Shipping Company,
  • Dhl,
  • British Petroleum,
  • Shell,
  • Exxon Mobil,
  • Eni,
  • Generali.

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