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Draghi: Italia, subito le riforme o è deriva. La crisi greca pesa sulle Borse europee

Affermazioni dure del presidente Bce, che suonano come un appoggio a Monti e una sveglia a Parlamento, partiti e sindacati – Oggi listini europei deboli e a Piazza Affari va la maglia nera – Lo spread Btp-Bund risale a 430 pb – Sul mercato dei bond si fanno sentire le incertezze sulla crisi greca: pressioni Fmi per un maggiore intervento della Bce

Draghi: Italia, subito le riforme o è deriva. La crisi greca pesa sulle Borse europee

Si muovono in territorio negativo le Borse europee mentre a Davos si aprono i lavori del World economic Forum: il Dax cala dello 0,67%, il Ftse 100 dello 0,66%, il Cac dello 0,79% mentre maglia nera è Milano con -1,20%.

Lo spread Btp Bund è risalito a 430 punti. Negli ultimi giorni il differenziale ha avviato una tendenza al ribasso insieme alle liberalizzazioni messe in campo dal governo Monti. Ma i mercati guardano alle incertezze ancora sul tavolo. ‘La forte accelerazione delle riforme compiuta negli ultimi mesi ha già avviato il rafforzamento della fiducia nel nostro Paese. La determinazione nel portarle a pieno compimento è ora decisiva per uscire dalla stagnazione e per sventare i rischi di una deriva pericolosa”, ha affermato il presidente della Bce Mario Draghi in un messaggio.

Mentre la Germania ha fatto il pieno di fiducia sul fronte dei titoli di Stato, lo spread è così tornato in tensione toccando i 433 punti con rendimento al 6,29% mentre quello dei titoli tedeschi a 10 anni è sceso all’1,96%. L’asta bund a 30 anni è andata a buon fine per 2,458 miliardi, poco meno del massimo importo previsto di circa 3 miliardi, a fronte di una domanda per 5,04 miliardi (rapporto bid to cover a 2,1 da 1,1). I tassi sono ancora in calo: il rendimento medio è sceso al 2,62% dal 2,82% dell’ultima asta analoga di dicembre. E proprio il successo dell’asta tedesca indica che i timori sull’Eurozona e sui paesi periferici sono ancora presenti, con gli investitori che privilegiano il rifugio tedesco nonostante rendimenti scarni.

Gli occhi degli operatori guardano alla Grecia dove si trascina ormai da tempo, tra stop e riprese, il negoziato tra i creditori privati e il governo greco sulla ristrutturazione del debito, necessario per lo sblocco dei nuovi aiuti. E mentre i commissari della Troika sono bloccati in albergo ad Atene dai dimostranti, il Ft rivela che il Fmi sta facendo pressioni affinché anche la Bce, che ha in mano 40 miliardi di titoli e che non partecipa all’accordo dei privati, contribuisca maggiormente al sostegno del debito. Dal presidente del Fmi Christine Lagarde arriva la conferma indiretta: «I creditori pubblici dovranno partecipare allo sforzo finanziario» se la partecipazione del settore privato al riscadenziamento del debito greco non dovesse essere sufficiente, ha detto.

Sul tavolo c’è poi il tema del rafforzamento dei fondi a sostegno dell’Europa, a partire dall’obiettivo del Fmi internazionale di raccogliere altri 500 miliardi: “I Paesi non membri della zona euro contribuiranno all’aumento delle risorse richieste dal Fondo monetario internazionale, a condizione che l’Unione monetaria si doti da parte sua di un sistema anticrisi”abbastanza forte”, ha detto Lagarde. Così come si discute ancora, tra i segnali ambigui e contradditori lanciati dalla Germania, sul rafforzamento del fondo Salva Stati. Argomento su cui il premier Mario Monti è stato chiaro: “La posizione dell’Italia sui firewall è chiara: bisogna dotare il fondo europeo di salvaguardia finanziaria e il futuro fondo di stabilità di risorse adeguate e di una governance umana e non sovaumana e non circondata da vincoli e cavilli”, ha detto oggi nel suo intervento al Senato. Mentre per gli eurobond la strada è ancora lunga e tortuosa: si potrà pensare agli Eurobond solo dopo un’integrazione europea più profonda, che preveda ad esempio “che la Corte di Giustizia europea controlli i bilanci nazionali”, ha spiegato Angela Merkel in una intervista che la Stampa pubblicherà domani, insieme a 5 altri quotidiani. Lunedì sera, intanto, salvo soprese, vedrà la luce la stesura definitiva del Fiscal Compact.

Non riesce così a condizionare positivamente le Borse il dato sulla fiducia delle imprese tedesche che a gennaio è salito a 108,3 punti contro stime ferme a 107,6 e un valore a dicembre di 107,3. A Milano il rosso è guidato dal calo del 3% di Stm che perde terreno dopo i risultati deludenti del quarto trimestre 2011 e le indicazioni deboli sui ricavi del trimestre in corso, da Mediaset ed Eni che perdono entrambe oltre il 2% e Telecom Italia che perde quasi il 2% sui timori di un possibile taglio della cedola e sui downgrade degli analisti di Intermonte e Mediobanca a neutral. Il gruppo guidato da Franco Bernabè ha fatto sapere che una decisione sulla cedola verrà presa nel Cda del prossimo marzo, spiegando però che la priorità resta il mantenimento degli attuali livelli di rating.

Corrono Diasorin (+4,37%), Luxottica +3,17% dopo il fatturato record del 2011 e Bpm (+1,46%) dopo che Citigroup ha alzato il rating a neutral e Mps (+1,36%). In territorio negativo Unicredit -0,85 che si avvia venerdì’ a chiudere l’aumento con il pieno, Intesa -1,24% e Ubi -1,31% Positiva Banco Popolare +0,66%.

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