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Draghi delude i mercati: volano euro e tassi dei bond, rimbalza il petrolio, Borse nella tempesta

Draghi taglia i tassi ed estende il Qe ma i mercati si aspettavano di più: tutti gli effetti della mossa della Bce – Ora tocca alla Yellen: oggi i dati sul lavoro Usa e poi il rialzo dei tassi – Borse nella bufera: si salvano solo le utilities – Banche sotto tiro: si salva solo Mediobanca – Marchionne: zero debiti per Fca nel 2018

Draghi delude i mercati: volano euro e tassi dei bond, rimbalza il petrolio, Borse nella tempesta

Le attese dei mercati europei si sono rivoltate come un boomerang quando è emerso che le misure prese da Mario Draghi, pur espansive, erano assai più caute delle speranze che la stessa Bce aveva alimentato.

Intanto, quasi in contemporanea, nella sua audizione al Congresso degli Stati Uniti Janet Yellen ha affermato che “ci stiamo approssimando al momento in cui sarà possibile alzare il costo del denaro”. Un’affermazione impegnativa fatta ancor prima dell’uscita dei dati sull’occupazione di novembre, l’appuntamento più importante di oggi.

BORSE E BTP IN ROSSO ANCHE STAMANE. PETROLIO IN TENSIONE

La combinazione delle mosse delle banche centrali ha prodotto questa miscela. Un violento rialzo dell’euro che si è impennato e in poche ore guadagna il 2,9% contro il dollaro arrivando a 1,092, da 1,061 della chiusura precedente. 

Sono saliti in maniera sensibile i tassi dei titoli di Stato. Il rendimento del BTP a 10 anni è passato a 1,62% da 1,40% di mercoledì. Poco mosso lo spread con il Bund a 96 punti base da 92. Su anche Il rendimento del Treasury Bill a 10 anni: + 10 punti base, a 2,28%, sui livelli di tre settimane fa. Nuovo massimo dal 2010 per il biennale a 0,98% (+2 punti base).

In forte ribasso le Borse europee. A Piazza Affari l’indice FtseMib è sceso del 2,4%, le Borse di Parigi e Francoforte hanno perso addirittura il 3,5%. I futures anticipano nuovi cali stamane in apertura. Londra -43 punti a 6.232. Parigi -40 a 4.690, a Francoforte il Dax – 86 bp resta al di sotto di quota 11 mila (10.703). 

In terreno negativo anche Wall Street, che ha vissuto la peggior seduta dal 28 settembre. Il Dow Jones ha perso l’1.42, l’’S&P 500 l’1,44%. Peggio il Nasdaq -1,67%. Rimbalza invece il petrolio a fronte della debolezza del dollaro: il Brent torna a sfiorare i 44 dollari. Oggi al vertice Opec, l’Arabia Saudita potrebbe proporre il taglio della produzione per 1 milione di barili, condizionata però all’adesione di alcuni Paesi fuori dal cartello come Russia e Messico.

Chiudono la settimana in profondo rosso anche le Borse asiatiche. Tokyo perde il 2,3%, Hong Kong l’1.1%. Shanghai arretra dell’1,2%

DRAGHI TAGLIA MA NON ABBASTANZA. E L’INFLAZIONE SCENDE ANCORA

E’ giustificata la delusione delle Borse europee? In parte sì, se si considerano le aspettative sollevate dalle anticipazioni di Draghi di “fare tutto quel che è necessario per battere l’inflazione” che avevano fatto pensare a mosse estreme, capaci di provocare nel breve la parità tra euro e dollaro.

A mente fredda, però, il pacchetto votato dalla Bce non è poi disprezzabile, tenuto conto della forte opposizione della Bundesbank. Le misure, secondo il governatore della Bundesbank Jens Weidmann, non erano necessarie “in quanto le nuove stime pubblicate dallo staff della Banca centrale non sollevano nuove preoccupazioni”.

La Bce ha comunque deliberato di: 

1) Abbassare il tasso a cui remunera i capitali che le banche parcheggiano presso i suoi sportelli. Il tasso, che era già negativo, scende da -0,2% a -0,3%. 

2) Il piano di acquisto di bond viene confermato a 60 miliardi di euro al mese e resterà in vigore almeno fino al marzo del 2017, sei mesi in più rispetto alla precedente indicazione. Il QE complessivo viene così portato a circa 1.460 miliardi di euro, 360 miliardi di euro in più rispetto al primo annuncio. 

La Banca centrale ha confermato le stime di crescita del Pil della zona euro del 2016 (+1,7%), ha rivisto lievemente al rialzo quella del 2017 (+1,9% da +1,8%). Non si vede all’orizzonte una ripartenza dell’inflazione: per il 2015 le stime della Bce restano ferme a +0,1%, per il 2016 scendono a +1% da +1,1%. E’ la seconda volta da inizio anno che vengono abbassate le stime sui prezzi al consumo.

POPOLARI SOTTO TIRO, TIENE SOLO MEDIOBANCA

Nel settore bancario tiene solo Mediobanca (-0,6%) sostenuta dall’acquisto della rete retail italiana di Barclays da parte della controllata Chebanca!. Unicredit chiude a -2,38% a quota 5,37 euro. L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha confermato il giudizio sul debito a lungo termine del gruppo a BBB- e ad A3 a breve termine. L’outlook rimane stabile.

Intesa -2,91%, Monte Paschi -2,6%. Ancora più pesanti le perdite di Banco Popolare (-4,3%), Ubi (-3,3%) e Bper (-3%).

LE TARIFFE SPINGONO SNAM. SULL’ENI PESA L’IMPORT DEL GAS 

In controtendenza le utilities dopo che il regolatore ha pubblicato le decisioni finali sulla remunerazione del costo medio ponderato del capitale per la rete energetica. Dopo la decisione molti analisti hanno alzato i prezzi obiettivo sui titoli. Snam chiude in rialzo del 3,50% a 4,9260 euro, portandosi nel corso della seduta oltre la soglia dei 5 euro (nuovo target price di Kepler Chevreux) per la prima volta nella sua storia.

Avanza anche Terna (+0,64%). Citigroup ha alzato il prezzo obiettivo a 5,5 euro. Scende invece Eni (-3,5%) nonostante il rimbalzo del greggio. I contratti di gas di lungo periodo con Russia, Algeria e Norvegia “non hanno senso”, costano ad Eni perdite per centinaia milioni, e si farà di tutto quindi per cambiarli. Lo ha detto l’amministratore delegato Claudio Descalzi, intervenendo a un convegno sul gas in Confindustria. 

“Se potessi, uscirei subito dai contratti di lungo periodo che ci fanno perdere centinaia di milioni, non hanno senso. Che i russi, gli algerini e norvegesi vengano a vendere il loro gas in Italia. Io comprerò solo equity, quello che produco”, ha detto il manager. Descalzi ha poi spiegato che “con il petrolio a 45 dollari l’Eni non è ricca, e quindi tutto quello che potrò fare per cambiare questi contratti di lungo periodo lo farò”. 

CAMPARI E LUXOTTICA LE PEGGIORI BLUE CHIPS

In deciso calo invece i titoli del lusso e beni di consumo penalizzati dalla corsa dell’euro. Luxottica perde il 4,3%, seconda peggior blue chip di Piazza Affari. Fa peggio infatti Campari (-5%) su cui pesa anche il giudizio “underweight” con il quale JP Morgan ha avviato la copertura con un targer price di 7,5 euro. Sale invece Yoox (-1,1%), sull’onda della crescita natalizia nelle vendite online. 

MARCHIONNE: FCA ZERO DEBITI NEL 2018

Fiat Chrysler chiude sotto del 2,95% a 12,83 euro. Ad Amsterdam, in occasione dell’assemblea che ha approvato la scissione di Ferrari, Sergio Marchionne ha dichiarato che il gruppo è sulla buona strada per portare il debito industriale netto intorno a zero entro il 2018. La Casa di Maranello sarà quotata dal 4 gennaio alla Borsa di Milano. 

Forti perdite anche per Atantia (-3%) e StM (-2,9%). Tra le medium cap si segnala Piaggio (-0,18%) che resiste alle perdite diffuse sul mercato. Kepler Cheuvreux ha confermato la raccomandazione buy e il prezzo obiettivo a 2,8 euro sul titolo citando il rimbalzo delle immatricolazioni a novembre in Italia.

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