Condividi

Distretti industriali, “Italia cresce a tassi tedeschi”

Presentando il X Rapporto annuale di Intesa Sanpaolo sui distretti industriali, che ha esaminato 72 mila aziende, il ceo della banca, Carlo Messina ha sostenuto che “le nostre imprese vantano risultati migliori di quelle francesi e tedesche, ma occhio al debito pubblico” – L’Oscar dei distretti all’occhialeria di Belluno, alla gomma del Sebino bergamasco e al Prosecco di Valdobbiadene

Distretti industriali, “Italia cresce a tassi tedeschi”

“L’Italia è un Paese forte. Non dimenticatelo mai. Certo, dobbiamo lavorare sul debito pubblico, comunque largamente inferiore all’ammontare del risparmio, ma le nostre imprese vantano risultati positivi, migliori di quelle francesi e tedesche”. Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo, raccoglie così l’’occasione del rapporto annuale sull’economia e la finanza dei distretti industriali per lanciare un messaggio ben preciso al mondo politico: evitiamo di aumentare il debito pubblico, il tallone d’Achille che potrebbe innescare nuovi problemi sui mercati.Al contrario, facciamo leva sui nostri punti di forza, spesso sottovalutati, per affrontare i problemi più gravi, vedi disoccupazione giovanile e Mezzogiorno. Due macigni che possono essere rimossi perché l’Italia, che ha spalle robuste, si è già avviata sulla strada della crescita come conferma il chief economist dell’Istituto, Gregorio De Felice: “L’Italia non cresce a ritmi cinesi – riconosce – ma a tassi tedeschi sì. Anzi, nel 2017 più della della Germania”. Senza dimenticare che l’aumento del prodotto interno lordo del 2017, l’1,5%, si è verificato nonostante i problemi dell’immobiliare, ancora debole, e la mancata spinta demografica, l’ormai annoso handicap del Bel Paese.

Insomma Intesa, l’ammiraglia finanziaria italiana (50 miliardi di nuovi prestiti a famiglie ed imprese nel 2017, 400 miliardi complessivi di impieghi, mille miliardi di risparmi amministrato, ma anche 10 mila pasti e 6 mila posti letto garantiti dall’impegno nell’assistenza), lancia segnali di fiducia nel futuro, ricacciando l’incubo di un possibile ritorno all’orlo del baratro sfiorato nel 2011/12: i conti con l’estero, a differenza di allora, segnano un confortante segno più, l’industria è competitiva, nemmeno la prospettiva della fine del quantitative easing deve preoccupare più di tanto. “I tassi delle nuove emissioni – commenta De Felice- resteranno assai più bassi degli interessi pagati sui titoli che vanno in scadenza, che sono nell’ordine del 3-4%”. Insomma, ci sono le premesse per continuare a crescere e così accelerare il rientro dal debito. Ottimismo della volontà? Non solo. Perché la radiografia in arrivo dal Rapporto, basato sulle stime dei risultati 2017 nonché sui bilanci aziendali negli anni 2008-16 di quasi 18 mila imprese appartenenti a 153 distretti industriali e di quasi 54 mila imprese non distrettuali giustifica una visione in rosa. Anche perché dall’analisi emergono i cambiamenti strutturali in meglio del tessuto produttivo, dalla crisi finanziaria alla lenta ripresa successiva. In particolare:

  • Nel biennio 2016-17 la crescita cumulata del fatturato dei distretti è stata pari al 4,6%, l’ebitda margin si è stabilizzato al 7,6%. Tra il 2008 ed il 2017 il fatturato è cresciuto del 13% quasi 5 punti percentuali in più delle aree non distrettuali. Insomma, nei distreti i margini sono superiori a quelle antecedenti del 2008, mentre nel resto dell’economia il gap è ancora ben visibile.
  • L’Oscar per i distretti più vivaci e redditizi se lo dividono tre aree del Nord-Est lombardo veneto: l’occhialeria di Belluno, la gomma dell’area del Sebino bergamasco e quello del Prosecco di Valdobbiadene. Ma le aree di eccellenza distrettuale (6 nell’agroalimentare, 7 nella meccanica) sono ormai diffuse lungo la Penisola: la metà (dieci su venti) sta nel Nord-est, un quarto (5 ) a Nord Ovest, due al Centro, tre nel Mezzogiorno.

Il rally ha le carte in regola per proseguire nel prossimo biennio: la crescita complessiva dovrebbe aggirarsi sul 5,8%.

La domanda interna resterà sostenuta grazie alla spinta degli investimenti in macchinari supportati dal Piano Industria 4.0. Ma sarà la domanda estera a crescere di più. Nel biennio saliranno anche i margini unitari, nonostante la concorrenza. A rafforzare la competitività delle aziende contribuiranno:

  • il cambiamento quantitativo e qualitativo della base produttiva. Si è ridotto il numero di aziende ma le imprese hanno valori di fatturato più elevati e dispongono di leve strategiche più forti, a partire dai marchi registrati a livello internazionale (in forte crescita), ai brevetti ed alle certificazioni di qualità.
  • La crescente presenza all’estero, con filiali in Cina e negli Stati Uniti. La distanza media delle esportazioni distrettuali è salita a 400 chilometri (specie per i mobili e i materiali di costruzione).
  • Il ritorno in Italia di produzioni già delocalizzate e il rinnovato interesse degli investitori esteri.
  • Tra i distretti tradizionali spicca il dinamismo dei distretti agro-alimentari (+29,2% la crescita del fatturato tra il 2008 ed il 2017) supportata dal know how e dalla forza delle produzioni Dop.
  • Accelera la tecnologia. Il 69% delle imprese della Meccanica dichiara di produrre macchinari 4.0 grazie ai forti legami con la filiera Ict. A dimostrare il gioco di squadra tra meccanica e Ict è la bassa distanza media (sotto i 150 chilometri) tra fornitori ed acquirenti di tecnologia nell’area di Milano, del Veneto e della Motor Valley che corre tra Bologna e Modena.
  • Non mancano, infine, le novità a dimostrazione dell’efficacia della formula distrettuale. Ultimo nato il distretto della cosmesi, che già oggi un fatturato di 2, miliardi, concentrato soprattutto nell’area lombarda (Lodi e Cremona in testa), grazie alla vicinanza ai fornitori di essenze, del packaging e dei produttori di macchinari.

Chissà, forse si può sperare in bel make-up dei conti pubblici.

Commenta