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Direzione Pd, Letta: “Basta governi di unità nazionale, no a X Factor per il nuovo segretario”

Alla direzione Pd Letta fa mea culpa: “Arrivati alle elezioni con un profilo non compiuto”. Il segretario chiede di ripartire dall’opposizione, da un ricambio generazionale e da una maggiore rappresentanza femminile

Direzione Pd, Letta: “Basta governi di unità nazionale, no a X Factor per il nuovo segretario”

È ufficialmente cominciata la resa dei conti in casa Pd. Si parte da “un’analisi senza nessuno sconto, a partire da me stesso”, spiega il segretario uscente Enrico Letta durante la direzione del Partito Democratico convocata in seguito alla bruciante sconfitta subita alle elezioni del 25 settembre. 

Letta ha già annunciato che a marzo si terrà un nuovo congresso, al quale lui non ha intenzione di candidarsi. Secondo l’attuale segretario, per sopravvivere al partito servono nuove leve, un ricambio generazionale. “Ringrazio quanti mi hanno chiesto un impegno di più lungo periodo, ma lo riterrei un errore per voi e per il partito: iniziata la mia militanza politica da giovane, sono stato ministro nel ’98 ed è giusto che il nostro partito metta in campo una classe dirigente più giovane in grado di sfidare il governo di Giorgia Meloni, una donna giovane”, ha detto Letta.

Letta: “Basta con i governi di salute pubblica”

“Gli elettori ci hanno dato il mandato di essere la seconda forza politica e di guidare l’opposizione, di costruire un’alternativa partendo dall’opposizione. Siamo gli unici ad avere costruito una alternativa politica alla destra. Gli altri hanno fatto elezioni sostanzialmente in alternativa a noi. Noi oggi cominciamo un percorso congressuale ma questo è intimamente connesso al lavoro di opposizione che da oggi comincia, dobbiamo vestire da subito i panni dell’opposizione, perché il mandato che ci ha dato il voto è quello di guida dell’opposizione”. Una posizione che porta con sé una sfida: “Quando questo governo cadrà, la luna di miele sarà breve, io non ci sarò. Ma dovremo chiedere le elezioni anticipate, nessun governo di salute pubblica, lo dico e lo dirò, rispetto a qualsiasi dibattito congressuale”. 

Il mea culpa di Letta

L’analisi parte da una frecciata agli ex alleati: “Ha vinto solo Fratelli d’Italia: un campo ha vinto perché è stato unito, il nostro campo invece non lo è stato, nonostante il lavoro di mesi ed anni per costruire il campo largo, una larga unità, unica condizione con la quale si sarebbe potuto vincere”, ribadisce Letta.  

“La caduta del governo Draghi il 20 luglio è stato il punto di ritorno e chi non ha voluto costruire il lavoro comune. Quella interruzione ci ha intrappolati dentro una campagna elettorale ‘Draghi sì, Draghi no’, che ha messo in secondo piano il progetto che stavano costruendo. Siamo andati alle elezioni di corsa con un profilo non compiuto, e quindi non all’altezza su obiettivi fondamentali. Il primo obiettivo è essere non solo il partito di coloro che in Italia ce la fanno. Ma diventare il partito in grado di parlare a quella larga fascia di gente che non ce la fa. Noi non siamo stati considerati gli interlocutori naturali”, ha indicato Letta.

Il Pd del futuro

Per rinascere, secondo il segretario, il Pd dovrà cambiare. Tutto, ma non il suo simbolo. “Amo questo simbolo, sono perché il simbolo rimanga così com’è perché racconta il servizio fatto all’Italia”. 

Il percorso dovrà passare per forza attraverso una nuova rappresentanza femminile: Le poche donne Pd elette sono “il fallimento della nostra rappresentanza. È chiaro e evidente, non ho molto da aggiungere, e rappresenta il senso di un partito che non ha compiuto il salto in avanti necessario”, ha detto Letta. “Non è possibile tornare indietro rispetto alla necessità di avere dei capi dei gruppi parlamentari di rappresentanza femminile. Dall’altra parte ci sarà la prima donna premier del Paese e su questo punto dovremo essere credibili”.

“Giudicheremo il governo per quello che farà – ha aggiunto Letta – ma l’impressione è che qualunque idea programmatica è venuta già meno rispetto alle tante promesse di campagna elettorale”. Riguardo al Congresso del Pd,”non sia un referendum su Conte o Calenda”, che “sarebbe un’idea di declino”, ha spiegato il segretario.

Il congresso: “No a X factor su nomi”

“Vorrei che il percorso si concludesse nell’inverno, a marzo di ripartisse“, ha spiegato l’attuale segretario del Partito Democratico, sottolineando che il congresso deve avere “tempi giusti, non deve essere né un X Factor sul miglior segretario da fare in 40 giorni, ma nemmeno un congresso che rinvia alle calende greche. Vorrei che il nuovo gruppo dirigente fosse in campo con l’inizio della nuova primavera. Abbiamo bisogno di partire da marzo con una scelta significativa”.9

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