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Di Maio, non solo Ilva: 180 mila operai in bilico

Il salvataggio e il rilancio dell’Ilva di Taranto è il primo vero test del nuovo ministro del Lavoro, che presto incontrerà ArcelorMittal, ma alla sua porta battono anche 180 mila operai di 162 aziende in crisi

Di Maio, non solo Ilva: 180 mila operai in bilico

Luigi Di Maio, in qualità di nuovo ministro dello Sviluppo economico, dovrà affrontare nei prossimi mesi 162 crisi aziendali che mettono a rischio in tutto circa 180mila posti di lavoro. E questo senza contare il dossier più importante, quello dell’Ilva (quasi 14mila dipendenti), su cui peraltro si registrano novità poco incoraggianti.

ArcelorMittal, il colosso indiano leader mondiale dell’acciaio, ha fatto saltare l’incontro con i sindacati previsto per oggi. Stando agli accordi presi con il precedente governo, dal primo luglio (quando, tra l’altro, finiranno i fondi per il pagamento di stipendi e fornitori) il gruppo asiatico dovrebbe acquisire l’Ilva, ma prima di mantenere le promesse gli indiani intendono verificare le intenzioni del nuovo governo sulla principale azienda siderurgica italiana, al centro di affermazioni controverse nelle settimane che hanno preceduto la formazione del governo.

Nel contratto di governo legastellato si parla di “riconversione economica” e di “progressiva chiusura delle fonti inquinanti” , un compromesso tra le intenzioni dei Cinque Stelle, da sempre favorevoli alla chiusura della fabbrica di Taranto per azzerarne l’impatto ambientale, e della Lega, schierata invece per la salvaguardia della siderurgia italiana. In caso di ripensamenti del nuovo governo o di stop da parte del Tar al piano ambientale (su cui la Regione Puglia ha presentato ricorso), ArcelorMittal potrà chiedere il rimborso degli investimenti e delle perdite di reddito.

La seconda crisi più importante a livello nazionale è quella di Alitalia, per la quale il contratto pentaleghista prevede un destino italiano (forse addirittura pubblico) vista la latitanza di offerte da vettori stranieri.

Poi c’è Termini Imerese, dove Blutec tratta con Invitalia una modifica del piano industriale (previa la restituzione di 20 milioni di investimenti non fatti), mentre per Aferpi (ex Lucchini) di Piombino e l’ex Alcoa in Sardegna i salvataggi sembrano ormai cosa fatta (rispettivamente con l’acquisto da parte di Jindal e Sider Alloys).

Sul tavolo del Mise, tuttavia, potrebbe arrivare anche qualche novità, dai 29mila cassintegrati di Telecom Italia al piano industriale Fiat annunciato da Sergio Marchionne, in particolare per quanto riguarda gli effetti sullo stabilimento di Pomigliano.

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