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Debito Usa, si moltiplicano le voci (Bill Clinton in testa) che spingono Obama a procedere da solo

di Alberto Grillo – Da Bill Clinton a Paul Krugman e a diversi costituzionalisti americani si moltiplicano le spinte al presidente Obama affinchè proceda da solo ad alzare il tetto del debito senza attendere l’accordo del Congresso.

Debito Usa, si moltiplicano le voci (Bill Clinton in testa) che spingono Obama a procedere da solo

Nella situazione di scontro in cui l’ala repubblicana del Congresso non sembra essere intenzionata ad accettare un compromesso che permetta di alzare il tetto del debito statunitense, si avvicina la data del 2 agosto che comporterebbe, in caso di mancato intervento, il default americano con conseguente collasso del mercato finanziario. Così, da più parti, si è levata la voce che suggerisce ad Obama di utilizzare la facoltà unilaterale di alzare il tetto del debito senza passare dal Parlamento.

 

Il debito Usa ha per legge un tetto massimo pari a 14.300 miliardi di dollari, che è stato già superato. Il governo americano ha la necessità ogni mese di trovare 125 miliardi di dollari come finanziamento, emettendo titoli di debito. Il 2 agosto è la data discriminante: fino a quel giorno, infatti, il Governo ha liquidità sufficiente per rimborsare il debito in scadenza. Dopodichè si esaurirà l’autorizzazione legale del Tesoro per emettere nuovi Treasury Bond da collocare tra gli investitori per rifinanziarsi e pagare stipendi, pensioni e cedole sui titoli già in circolazione.

 

I repubblicani non hanno fretta e rifiutano qualsiasi trattativa. La loro ostilità alle proposte democratiche sembra nascondere un pizzico di malafede, come se fossero disposti a far precipitare l’intero Paese nel baratro, pur di assestare un durissimo colpo al presidente Obama. In particolare i sostenitori del Tea Party si oppongono a qualsiasi aumento delle tasse senza un preciso piano di rientro dal deficit: così il piano di 2.400 miliardi di tagli al deficit per alzare il tetto del debito fino al 2013 è stato bocciato. Esso prevedeva, accanto a dolorose misure nei confronti dei ceti medi, anche l’aumento delle tasse per gli individui molto abbienti, eliminando gli sgravi concessi da George W. Bush. La controproposta repubblicana è un accordo a medio termine e non a lungo, che costringa il Presidente a riavviare le trattative, in condizioni simili, fra un anno, cioè in piena campagna elettorale.

 

In questa situazione di stallo, in molti si sono schierati a favore di una mossa decisa da parte del presidente Obama che prevederebbe il ricorso alla quarta sezione del quattordicesimo emendamento, per far passare unilateralmente il rialzo del tetto del debito. La posizione del Congresso, dove le trattative sono bloccate per lo sterile ostruzionismo della componente repubblicana, verrebbe così ignorata.

 

Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, si è espresso a favore dell’ipotesi così come lo hanno fatto i due giuristi delle università di Chicago e Harvard Eric A. Posner e Adrian Vermuele. Secondo la loro opinione, l’opzione è prevista dalla Costituzione e andrebbe incontro al favore dell’elettorato. I repubblicani non avrebbero il coraggio di accusare di “impeachment” Obama ed il potere contrattuale del Presidente nei confronti di questi ultimi ne uscirebbe rafforzato. Anche l’ex presidente Bill Clinton ha dichiarato che non esiterebbe “a ricorrere al quattordicesimo emendamento della Costituzione se non si riuscisse a trovare un accordo per innalzare il tetto del debito entro il prossimo 2 agosto”.

 

La quarta sezione del quattordicesimo emendamento della Costituzione americana recita che “la validità del debito pubblico degli Stati Uniti d’America non può essere messa in discussione”, come invece accadrebbe nell’ipotesi di default che si prospetta in caso di mancato accordo. Il fine della norma era di vietare che fossero Gli Stati Uniti o i singoli Stati ad onorare i debiti della Confederazione di Stati che avevano dichiarato la propria secessione tra il dicembre del 1860 e il febbraio del 1861.

 

Inoltre, vi è un precedente. Il 24 settembre 1862, proprio durante la guerra di secessione, il presidente Abraham Lincoln dichiarò con procedimento unilaterale, la sospensione dell’Habeas corpus, ordine secondo cui, nei sistemi di Common law, il giudice richiede che un prigioniero venga portato al proprio cospetto, dando così all’individuo il diritto di difendersi da un arresto illegittimo. Come misura necessaria di fronte al dilagare dell’insurrezione il presidente Linlcoln sospese il diritto di Habeas corpus per tutti i prigionieri accusati di far parte o prestare aiuto ai ribelli contro le autorità degli Stati Uniti, prevedendo per essi l’applicazione della legge marziale e l’arresto con conseguente imprigionamento da parte delle autorità militari.

 

Il procedimento unilaterale fu giustificato da Lincoln sostenendo che fosse necessario violare una legge, per evitare che tutte tranne una andassero in rovina. Un provvedimento necessario per il bene della nazione, secondo il Presidente, come potrebbe essere oggi il gesto di Obama: violare la norma sul tetto del debito per prevenire la catastrofe che scoppierebbe in caso di default.

 

I problemi di una soluzione di questo tipo sono due. Il primo riguarda l’effettivo potere del Presidente degli Stati Uniti. Sebbene i collaboratori di Obama insistano sul fatto che una misura del genere sarebbe coerente con i diritti che la costituzione riserva al Presidente, alcuni commentatori hanno evidenziato come l’emendamento non autorizza esplicitamente alcuna azione da parte sua. Il secondo riguarda la reazione dei mercati. Nella situazione in cui l’obiettivo dell’azione unilaterale fosse quello di prevenire il panico nei mercati finanziari, rimarrebbe in forte dubbio il successo di tale operazione. Se il paese emettesse bond con una misura che ha pesanti dubbi di costituzionalità, ci potrebbero comunque essere gravi dubbi sulla quantità di titoli del debito pubblico americano che gli investitori sarebbero disposti ad acquistare.

 

Ma quando mancano ormai pochi giorni alla data del 2 agosto, le opzioni rimaste sono solo due: o si trova l’accordo all’interno del Congresso o il Presidente Obama potrebbe essere obbligato ad aumentare il tetto del debito senza l’autorizzazione del Parlamento. Una mossa azzardata, sicuramente non ideale, ma che potrebbe dimostrarsi una necessità.

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