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De Bortoli, il coraggio della verità per ripartire con il piede giusto

Nel suo nuovo libro “Le cose che non ci diciamo (fino in fondo)”, l’ex direttore del Corriere della sera e del Sole 24 Ore bacchetta senza pietà quanti dicono bugie e scempiaggini sulla reale situazione dell’Italia e nascondono le “amare verità” sul nostro Paese – Ce n’è per tutti e c’è la speranza di svegliare finalmente gli italiani dal sogno ipnotico di questi anni

De Bortoli, il coraggio della verità per ripartire con il piede giusto

Questa volta l’ex direttore de Il Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ha perso la pazienza. Messa da parte la sua tradizionale felpata bonomìa, ha imbracciato un nodoso bastone e lo ha calato con forza sulla testa di quanti dicono scempiaggini o bugie sulla situazione dell’Italia prendendo in giro i nostri concittadini e preparandoci un destino di marginalità e di crescente miseria. Dobbiamo avere il coraggio di dirci molte “amare verità “ se vogliamo scongiurare il pericolo di sprecare l’occasione dei finanziamenti che l’Europa ci offre, e valorizzare invece le molte virtù che abbiamo e che la pandemia Covid ha messo in evidenza, almeno in tutta la prima fase primaverile.

Il nuovo libro di de Bortoli “Le cose che non ci diciamo” edito da Garzanti, racconta in modo snello e puntuale le gravi pecche del nostro discorso pubblico, puntando il dito contro le contraddizioni e i banali errori dei messaggi veicolati soprattutto da sovranisti e grillini con l’aggiunta più recente della Meloni. Messaggi spesso contraddittori, ma che nel complesso mirano a diffondere presso la pubblica opinione alcune idee totalmente illusorie come, ad esempio, quella che i debiti pubblici non sono un problema, che lo Stato può provvedere a tutto, a gestire le aziende decotte e a dare un reddito ai cittadini di qualunque età, che il mercato deve essere guardato con diffidenza, che il profitto è sempre un po’ truffaldino, che, infine, come ha detto la sindaca di Roma Virginia Raggi, un’azienda pubblica “non deve guadagnare”.

Ferruccio de Bortoli preferisce il ragionamento all’invettiva, ma questa volta non può fare a meno di dare stilettate alle forze politiche in campo sia di governo che di opposizione. Della “ideologia” dei 5 Stelle dice che, certo si fa fatica a chiamarla così, essendo più che altro un impasto di luoghi comuni e di chiacchiere ignoranti, dei sovranisti (Salvini e Meloni) dice che si sono allineati alle tesi degli economisti (sic!) Bagnai e Borghi, che propugnano una specie di autarchia finanziaria e industriale in contrasto con tutta l’industria del Nord che vive di export. Infine de Bortoli sottolinea che la novità degli ultimi mesi è “l’allineamento del PD alle tesi economiche dei 5 Stelle alla religione del debito, ed alla missione salvifica dello Stato”.

Nella galleria degli orrori e degli inganni citati nel libro non manca nulla: quando sentono la parola Concorrenza (e la sua gemella Merito), governo e opposizione fuggono a gambe levate. Quota 100 è un imbroglio perché non è servita ad assumere i giovani e nello stesso tempo ha favorito, mandandoli in pensione anticipatamente, persone che lavoravano in ufficio, in banca o nel pubblico impiego. Il reddito di cittadinanza avrà magari aiutato qualche famiglia in difficoltà ma a costi altissimi e sottraendo risorse a quella politica attiva del lavoro che nel prossimo futuro sarà indispensabile per aiutare i lavoratori a passare da imprese obsolete a nuove attività produttive.

Si è diffusa la convinzione che si può vivere di bonus e sussidi. Ce ne sono di tutti i tipi ed anche una parte rilevante dei nuovi fondi che dovrebbero arrivare da Bruxelles è sottratta agli investimenti per sostenere queste voci. Questo tipo di spesa deprime la crescita (ma questa è una parola poco usata), fa crescere una platea di furbetti che invece dell’impegno nel lavoro o nello studio, cercano di arraffare quanto più possibile dalle generose offerte dello Stato. D’altra parte risulta confermata una antica legge secondo la quale la “moneta cattiva scaccia quella buona”.

E così si continua sui temi del capitale umano, della scuola della formazione dove c’è uno strapotere sindacale, e nel campo della ricerca sempre una cenerentola. Non manca un severo richiamo anche agli imprenditori che spesso si accontentano di una qualche piccola partecipazione al banchetto delle risorse pubbliche, invece di intestarsi una grande battaglia per la rinascita del paese su basi di produttività, efficienza e quindi promozione sociale. Anche il loro incaponimento nei confronti dell’IRAP che serve a finanziare la sanità e che a suo tempo è stata messa al posto dei contributi sanitari che gravavano sulla busta paga con l’appoggio della Confindustria, non appare lungimirante, ma rientra nella necessità di uscire dal tavolo della concertazione con qualcosa di concreto.

Nel complesso il libro di Ferruccio de Bortoli è una convincente analisi delle falsità che distorcono il nostro dibattito pubblico e confondono i cittadini. A proposito  occorrerebbe esaminare con maggiore criticità le caratteristiche dell’informazione giornalistica, specie televisiva, che non appare in grado di fare da “guardiano” del potere, ma spesso si limita a fare cassa di risonanza alle dichiarazioni dei leader. Un libro contro i pregiudizi rispetto alle grandi opere, al mercato, alle imprese, alle banche, al 5G, o ai giudizi sbagliati come quello dello spazzacorrotti o sulla prescrizione che non fanno fare alcun passo avanti all’efficienza della Giustizia.

Se i cittadini non prenderanno atto con rapidità che esiste una occasione unica per invertire la rotta ed è quella del buon utilizzo del fondi del Next Generation EU, rischiamo di sprecare questa opportunità che invece richiede non tanto nuovi sacrifici, ma la volontà di rimettersi in discussione affrontando il cambiamento senza paura proprio perché si potrà contare per i prossimi 6 anni sull’appoggio dell’Europa. Non è poco. Ma bisogna svegliarsi dal sogno ipnotico che lo Stato può trasformare in oro tutto quello che tocca.

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