Condividi

Dazn, il tycoon Blavatnik dribbla le sanzioni ma non le perdite record della piattaforma web del calcio

Il tycoon di origini russo-ucraine Lev Blavatnik, oggi baronetto inglese, ha finora dribblato il rischio di sanzioni anti-Putin, ma non riesce a fermare le perdite record della sua Dazn

Dazn, il tycoon Blavatnik dribbla le sanzioni ma non le perdite record della piattaforma web del calcio

Dazn, la famosa piattaforma che trasmette via Internet il calcio in Italia e in Europa, è sempre più un bagno di sangue e si avvia ad accumulare quasi 4 miliardi di dollari di perdite, stando a quello che riferisce Il Sole 24 Ore. Il suo modello di business (2 miliardi di costi e 870 milioni di ricavi) fatica a stare in piedi e sono proprio i bilanci in profondo rosso di Dazn a preoccupare il suo boss, il tycoon di origini russo-ucraine ma oggi cittadino americano e inglese, Lev Blavatnik, che si è arricchito con le privatizzazioni ai tempi di Eltsin e con i successivi affari soprattutto nell’alluminio e nel petrolio, fino al punto da diventare – con un patrimonio di 40 miliardi di dollari – l’uomo più ricco di Inghilterra e di rifarsi l’immagine con un’intensa attività di filantropo che gli è valsa il titolo di baronetto della Regina Elisabetta II. Di lui si ricordano soprattutto le donazioni di 75 milioni di sterline all’Università di Oxford e i 200 milioni di sterline alla Harvard Medical School ma anche le generose e discusse regalie all’ex Presidente Usa Donald Trump e ai conservatori americani.

Le perdite di Dazn preoccupano Blavatnik più delle sanzioni anti-Putin

Di sicuro le perdite di Dazn impensieriscono Blavatnik più delle sanzioni che hanno colpito molti oligarchi russi in Inghilterra (prima tra tutti Roman Abramovich, costretto a vendere il suo Chelsea, che potrebbe finire nelle mani di qualche fondo americano) e che finora non l’hanno nemmeno sfiorato sia per le benemerenze acquisiste nel Regno Unito sia perchè il boss di Dazn è ormai da tempo cittadino americano e insieme inglese. Non solo ma il portavoce di Blavatnik ha tenuto a precisare che è del tutto improprio definire il tycoon come ex oligarca perchè, a suo dire, non lo è e non lo è mai stato.

Che Dazn, che nel 2016 veniva valutata la bellezza di 3 miliardi dopo un solo anno di attività, sia un pozzo senza fondo anziché una gallina dalle uova d’oro se n’è accorta anche Tim, la prima compagnia telefonica italiana, che l’anno scorso ha raggiunto un accordo con Dazn per trasmettere sulla sua rete le partite di calcio della serie A. I ricavi incassati da Tim sono però lontanissimi dagli obiettivi originariamente fissati e non è un caso che la compagnia telefonica abbia chiesto a Dazn – che nel frattempo ha ingaggiato come strategic advisor l’ex Ad di Tim, Franco Bernabè – di rinegoziare gli accordi e di abbassare i costi, riservandosi di adire alle vie legali in caso di mancata intesa.

I dolori della guerra feriscono più di Dazn, ma prima o poi anche un tycoon si stufa di perdere soldi

Rispetto ai dolori della guerra tra Russia e Ucraina, che certamente feriscono al cuore Blavatnik, le perdite di Dazn possono sembrare una piccola cosa e certamente lo sono, ma perfino per un tycoon del suo calibro, che tra gli asset in portafoglio può annoverare anche la famosa casa discografica Warner Music e il marchio del lusso Tory Burch, buttare soldi al vento non è mai un piacere e prima poi vorrà arrestare la dilapidazione di risorse in cui Dazn sembra essersi specializzata.

Commenta