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D’Amico International Shipping controcorrente: guerre e tempeste finanziarie non fermano il suo boom. Parla il Cfo

INTERVISTA A CARLOS DI MOTTOLA, chief financial officer di d’Amico International Shipping – La multinazionale italiana del trasporto via mare ha appena annunciato il suo miglior bilancio di sempre e nell’ultimo anno ha segnato un rialzo di Borsa del 400% – “Il conflitto russo-ucraino ha dato un’ulteriore spinta al mercato” – Il ruolo delle sanzioni e la nuova geografia del petrolio – “Il prezzo dei noli lievita”

D’Amico International Shipping controcorrente: guerre e tempeste finanziarie non fermano il suo boom. Parla il Cfo

E la nave va. Nonostante guerre, timori di recessione, incidenti di Borsa, D’Amico International Shipping, multinazionale di casa nostra che vanta una solida presenza nel trasporto via mare di benzine ed oli minerali ha appena annunciato il suo miglior bilancio di sempre: utili per 134,9 milioni di dollari, per più della metà (72,9 milioni di dollari) maturati nell’ultimo trimestre del 2022, grazie ad un rally che promette di andare avanti per un bel po’, come si spinge a prevedere il direttore finanziario Carlos di Mottola. “Il nostro – dice – è il comparto dello shipping che è partito per ultimo, ma anche per questo promette di durare di più”. 

Insomma, tira aria grama sui listini azionari, scossi dalla burrasca che ha colpito le banche. E non stupisce, come è successo nel mercoledì nero, che gli operatori sacrifichino i titoli come D’Amico che vantano una performance stellare (addirittura il 400% nell’ultimo anno) per far cassa. Ma oggi più che mai, in una stagione agitata, contano i fondamentali e le prospettive dell’economia reale fatta di traffici e di commerci. Ovvero la capacità di saper cavalcare le insidie dell’economia di guerra.

Quanto hanno pesato sulla vostra attività le sanzioni alla Russia?

“Diciamo che I fondamentali del settore erano e restano positivi a prescindere dalla guerra ma il conflitto ucraino ha dato un’ulteriore spinta al mercato”. 

 In che senso? Le sanzioni rappresentano un ostacolo per i commerci. O no?

“Fin dall’inizio i Paesi che hanno imposto le sanzioni alla Russia, che resta uno dei produttori leader del mercato, hanno cercato di far coesistere due obiettivi non facilmente conciliabili: penalizzare Mosca ma non darsi una mazzata sui piedi come sarebbe avvenuto pagando prezzi più alti per importare prodotti comunque necessari”. 

Il risultato? 

“Si è determinato un meccanismo che permette di far calare gli introiti della Russia facendo arrivare i loro prodotti sul mercato a prezzi calanti. Questa situazione ha provocato inefficienze sui mercati contribuendo a fare lievitare il prezzo dei noli”.

Messa così sembra che le sanzioni abbiano avuto una funzione ridotta.

“Sì, tuttavia, c’è stato un forte calo nelle esportazioni di crudo dalla Russia verso la Ue sono da 2,5 milioni di barili/giorno a febbraio ‘22 a 0,6 milioni di barili/giorno a gennaio ‘23. Sui prodotti raffinati, su cui le sanzioni sono scattate solo a febbraio abbiamo dati più limitati, ma la tendenza potrebbe essere la stessa. Ma anche nel ’22, quando l’export russo si è mantenuto su valori abbastanza stabili, il problema non ha riguardato i volumi, semmai l’efficienza del sistema”.

In che senso?

“Sono molto cresciuti i tempi di navigazione. In passato la durata di un viaggio di un carico di crudo dalla Russia nel Baltico verso il porto di Rotterdam era di circa 10 giorni. Oggi, per trasportare lo stesso carico in India dal Baltico ce ne vogliono circa 32. La rotta indiana oggi però è tra le più importanti: da 200 mila a 1,8 milioni di barili. È cresciuta anche la Cina, da 1 a 1,6 milioni di barili”.

Ci sono altre rotte in aumento? 

“È in aumento il traffico dei raffinati dalla Russia verso il Nord Africa da meno di 10 mila barili/giorno ad inizio 2022 a quasi 200mila barili/giorno a fine febbraio di quest’anno. Non abbiano ancora statistiche aggiornate, ma è molto probabile che questi prodotti siano poi riesportati verso altri porti del Mediterraneo. Anche in Italia ovviamente”.

La geografia del petrolio è cambiata del tutto…

“Ci sono flussi anche verso le raffinerie del Medio Oriente. Un ruolo molto importante è quello della Turchia che, al pari di diverse repubbliche ex sovietiche, funge anche da ponte per lo smistamento delle merci da importare in Russia. Sono molto rilevanti i carichi di beni di lusso che aggirano le sanzioni verso Mosca”.

Qual è l’impatto di questa ristrutturazione dei flussi provocata dalla guerra?

“Per i noli l’impatto è molto positivo perché aumentano, a carico dei venditori le inefficienze sia per i tempi che per altri ostacoli. Prima le navi andavano direttamente alla meta finale, ora le merci spesso vanno trasbordate per aggirare i veti. Così diminuisce la produttività della flotta”.

Non è il caso, dunque, di dire che la vostra attività cresce nonostante la guerra. Semmai per merito della guerra. È così?

“E’ un elemento positivo, ma non il solo. Tutti i centri previsionali, sia dell’Opec che in Occidente, prevedono a livello globale una crescita forte dei consumi, nell’ordine dei 2 milioni di barili al giorno. Anche in caso di recessione in Occidente la tendenza è al rialzo, a mano a mano che la Cina accelera. E non mancano altri fattori positivi, a partire dalla ripresa del traffico aereo un ruolo importante l’avrà la crescita dei consumi di e-fuel, il carburante del traffico aereo, specie in Asia dove la ripresa del turismo è appena cominciata. In attesa che l’economia cinese torni a pieno regime. Il mercato per ora è ancora depresso, ma credo che Pechino voglia far ripartire gli investimenti a cominciare dall’edilizia, il settore più sacrificato”. 

In compenso è rientrata la crisi dei porti che pure ha creato molti danno alla logistica. Tutto finito?

“Il fenomeno era legato al lockdown ed al boom degli acquisti on line. Nel frattempo, sono state consegnate le navi che permettono di decongestionare i porti”.

A proposito di nuove navi avete intenzione di rafforzare la flotta?

“Noi abbiamo rinnovato integralmente la flotta con un piano di investimenti tra il 2012 e 2019. L’anno scorso abbiamo colto l’occasione per esercitare un’opzione molto vantaggiosa legata alla svalutazione dello yen rilevando navi noleggiate per 30 milioni di dollari. Un’altra operazione simile con una forte plusvalenza la chiuderemo a marzo. Abbiamo poi acquistato le quote di un partner che ha deciso di uscire dal trasporto dei raffinati per sue scelte strategiche: abbiamo pagato 19,75 milioni di dollari ma a fine operazione la nave valeva 28 milioni. 

Intanto il bilancio va a gonfie vele.

“I risultati sono molto positivi. Ne approfitteremo per ridurre ulteriormente l’indebitamento. Lo faremo principalmente tramite l’esercizio delle opzioni di acquisto su navi noleggiate, che pianifichiamo inizialmente tenere senza debito. Il rapporto tra la posizione finanziaria netta ed il valore di mercato delle nostre navi è già sceso dal 73% a fine 2018 al 36 a fine 2022. Siamo ben posizionati anche rispetto alle nuove normative IMO: solo 6 navi sulle 28 navi che possediamo o che controlliamo tramite contratti di noleggio a scafo nudo, dovranno depotenziare i motori per rispettare le nuove normative EEXI”. 

Per far fronte alla domanda in crescita.

“La situazione è positiva anche sul fronte dell’offerta. I cantieri hanno registrato un forte aumento di commesse per portacontainer e navi simili. I prezzi di costruzione del nostro tipo di navi sono molto lievitati. L’offerta si è fermata. Abbiamo una visibilità molto buona per la crescita del tonnellaggio nei prossimi due anni. Forse anche di più”. Insomma, la nave va sfidando venti e tempeste. E non la fermerà una banca in riva al lago di Zurigo.

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