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DAL BLOG DI ALESSANDRO FUGNOLI (Kairos): la Borsa non salirà all’infinito, nel 2015 ridurre l’equity

DAL BLOG “IL ROSSO E IL NERO” DI ALESSANDRO FUGNOLI, strategist di Kairos – La Borsa non può salire all’infinito: fino a fine anno possiamo stare ancora tranquilli ma nel 2015 sarà meglio ridurre gradualmente il rischio e l’esposizione nell’equity – L’economia americana si avvicina all’ultima fase del ciclo espansivo e i multipli non possono aumentare sempre

DAL BLOG DI ALESSANDRO FUGNOLI (Kairos): la Borsa non salirà all’infinito, nel 2015 ridurre l’equity

Dio è perfetto, quindi è immutabile. La perfezione è uno stato stabile equalunque cambiamento di questo stato è a priori impossibile e inconcepibile. L’immutabilità divina è sostenuta dalla filosofia greca, da Agostino, da Anselmo, da Tommaso e dal teismo moderno, in pratica da tutto il canone occidentale. Un Dio che evolve è invece presente nell’Antico Testamento, nella tradizione gnostica, nella filosofia islamica di Al Ghazali,in Teilhard de Chardin e nella teologia mormone.

Anche nell’idea di felicità è ben visibile la demarcazione tra chi la considera uno stato stabile e chi la descrive come un processo evolutivo. I beati che popolano la Candida Rosa nella Divina Commedia godono per l’eternità, nella tradizione platonica, della beatifica visione di Dio. Nello Zen la felicità non è in un pieno ma un vuoto e il vuoto, come il pieno, è eternamente uguale a se stesso.

All’opposto, nell’edonismo libertino la felicità richiede la soddisfazione di desideri sempre crescenti ed è un cammino senza fine pieno di tensione, non un traguardo di pacificazione.

Irrisolta, nel suo piccolo, è anche la disputa tra chi sostiene che un’economia perfetta giustifichi solo una borsa su livelli stabilmente alti e quanti invece, lasciandosi andare, cantano le lodi di mercati azionari dove la perfezione del quadro macro si traduce in multipli in continua espansione eo ttime opportunità per tutti, compresi i compratori dell’ultima ora.

Dirà qualcuno che il problema non ci riguarda dal momento che l’economia globale ètutto fuorché perfetta. Il Giappone, ad esempio, è entrato nella sua terza recessione dal 2008. L’Europa non riesce a sollevarsi dalla stagnazione. La Cina è in una fase matura del suo ciclo, forse senile. Russia e Brasile sono in uno stato di conclamato malessere. L’America va bene, d’accordo, ma questo giustifica il rialzo della sua borsa, non quello di tutte, e anche il rialzo americano deve rispettare le leggi della fisica e restare con i piedi per terra.

E invece non è così. Visto dai mercati, infatti, il mondo (quanto menoquello sviluppato) è tutto perfetto. La verità borsistica, come quella processuale, è una ricostruzione, non un rispecchiamento della realtà.

A livello micro, quando una società deve annunciare utili deludenti (o addirittura perdite) basta inserire nel comunicato l’annuncio di un vasto programma di riacquisto di azioni proprie per sedare il mercato. A livello macro, i dati economici deludenti vengono accompagnati puntualmente da misure monetarie o fiscali espansive via via più aggressive, eterodosse e arrischiate. Comunque la si metta, quindi, la borsa ha buone ragioni per essere soddisfatta.

Parte importante della perfezione del quadro è il fatto che i tempi direazione da parte dei policy maker ai malesseri dell’economia e dei mercati sono collassati. Come un genitore che si presenta immediatamente con nuovi doni ogni volta che il piccolo dà segni di irrequietezza, Bullard della Fed ipotizza a metà ottobre un prolungamento del Quantitative easing non dopo un anno o sei mesi di ribassi di borsa, ma dopo otto giorni. Il primo ministro Abe, dal canto suo, batte tutti in velocità e annuncia il rinvio sine die dell’aumento dell’Iva esattamente lo stesso giorno il cui il Pil giapponese, previsto per il terzo trimestre in rialzo del 2.3 per cento, esce in realtà in flessione dell’1.6. Non è un caso che i ribassi di borsa siano sempre più brevi e i recuperi, di solito molto più lenti delle cadute, siano ormai altrettanto veloci.

Posto dunque che il mondo è borsisticamente perfetto, resta comunque irrisolta la questione iniziale, quella che sarà centrale nel 2015. Fermarsi sui massimi o continuare inerzialmente a salire?

Secondo il manuale, quando un ciclo di espansione è entrato, come quello americano, nella sua seconda metà, i multipli dovrebbero ridursi o comunque fermarsi. Così del resto si comportano gli early cyclicals come gli automobilistici, sui quali la sorveglianza dei mercati è sempre occhiuta.Perché del resto pagare multipli sempre più alti di utili che hanno sempre meno anni di vita residua?

I mercati, però, non ragionano con la testa ma con la pancia. Più si prolunga la vita di un ciclo, più i mercati pensano che il ciclo, questa volta, sarà eterno. Se gli anni di vita residua si estendono all’infinito, allora diventa razionale (in modo perverso) pagare molto di più per utili che fino a poco prima sembravano destinati a una vita limitata.

Certo, il dibattito è sempre aperto. Ray Kurzweil, il teorico della life extension e dell’immortalità a portata di mano, sostiene, forzando un po’ i numeri, che i viventi in circolazione oggi nel mondo sono più dei defunti di tutte le epoche passate. La teoria secondo cui siamo tutti mortali, ne conclude, è dunque ancora da dimostrare.

Chi crede in questa logica comprerà fiducioso l’immortalità del bull market. Chi crede nella teoria tradizionale, secondo la quale anche i grandi rialzi (incluso quello in corso) ritornano prima o poi alla polvere, sarà via via più prudente.

Siamo pronti a scommettere che i livelliattuali delle borse non sono i massimi di questo ciclo. Non è mai successo, storicamente, che i mercati abbiano rinunciato a salire fino all’ultimo e si siano fermati in tempo. Il problema è che la seconda parte di un bull market è sempre un patto faustiano in cui, in cambio di una vita più lunga, si accetta una maggiore volatilità.

La volatilità, a sua volta, tende a generare errori di valutazione e digestione e a fare raggiungere alla grande maggioranza degli investitoririsultati inferiori a quelli dell’indice. Questo, e non un radicale pessimismo sulle sorti dell’economia e dei mercati, ci porta a raccomandare, nel corso dell’anno prossimo, una lenta e graduale diminuzione dell’esposizione al rischio.

Per questa fine anno e,probabilmente, per le prime settimane digennaio, si potrà invece restare relativamentetranquilli. Ogni anno ha la sua pena e le pene del 2014, in un modo o nell’altro, le abbiamo già metabolizzate. Quelle del2015 ci appaiono oggi immerse nel futuro profondo. Fra poche settimane, improvvisamente, ci sembreranno vicine, chiare e distinte.

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