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Dacca, uccisi 20 ostaggi tra cui 9 italiani

Il gruppo di terroristi dell’Isis, composto da almeno sette elementi (6 sono stati uccisi, uno preso), aveva preso in ostaggio decine di persone nella zona diplomatica di Dacca: molti italiani tra gli ostaggi e anche tra le vittime – Esercito Bangladesh: “Vittime quasi tutte italiane e giapponesi”.

Dacca, uccisi 20 ostaggi tra cui 9 italiani

L’assenza di notizie dall’Unità di crisi della Farnesina sulla sorte dei sette italiani presenti tra il numero imprecisato di persone prese in ostaggio da un commando dell’Is in un bar ristorante a poche centinaia di metri dalla nostra sede diplomatica a Dacca lasciava presagire il peggio. Quanto si temeva è ora confermato. Shahab Uddin, portavoce dell’esercito bengalese, fa sapere che i venti civili uccisi dai jihadisti sono tutti stranieri, per la maggior parte italiani e giapponesi.

La Farnesina ora parla di “probabile presenza di italiani tra le vittime”. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che segue gli sviluppi a Palazzo Chigi con il presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo bengalese Abul Hassan Mahmood Ali, secondo il quale, riferisce la nota, le autorità locali non hanno ancora elementi sulla nazionalità delle vittime. Il ministro Mahmood Ali si è impegnato a dare informazioni il più presto possibile sulla sorte dei connazionali coinvolti.

Secondo notizie ancora ufficiosi, gli italiani rimasti uccisi a Dacca sono 9.

Il gruppo di terroristi, composto da almeno sette elementi, li aveva trattenuti con sè dopo aver dato l’assalto, intorno alle 20,45 di venerdì sera, al Holey Artisan Bakery, locale di Gulshan, il quartiere diplomatico della capitale del Bangladesh. Che vi fossero sette italiani a cena nel locale era stato confermato dall’ambasciatore italiano a Dacca, Mario Palma. Il braccio di ferro con le forze di polizia è andato avanti per circa 10 ore, poi è entrato in azione l’esercito, un centinaio di uomini del battaglione intervento rapido con blindati. Sono così trascorse quattro ore, tra spari, esplosioni e raffiche, prima che fosse dichiarata la fine dell’emergenza. Quando le armi hanno taciuto, è iniziato lo stillicidio sul numero delle vittime innocenti, sulla loro nazionalità, sull’inferno che hanno vissuto.

Il primo bilancio lo fornisce la premier Sheikh Hasina: “Uno dei terroristi è stato catturato, ferito e portato in ospedale. Altri sei uccisi, ma tra gli ostaggi vi sono vittime. Siamo stati in grado di salvare 13 persone e non abbiamo potuto salvarne altre”. A seguire, il direttore delle operazioni militari dell’Esercito, generale Nayeem Ashfaq Chowdhury, offre in conferenza stampa il numero delle vittime e un macabro dettaglio: “Abbiamo recuperato venti corpi. La maggior parte con brutali ferite da arma da taglio. Probabilmente machete”.

Un portavoce del governo giapponese ha dichiarato che un connazionale è stato salvato ma si ignora la sorte di altri sette. All’emittente Times Now, il colonnello Tuhin Mohammad Masud, capo delle forze speciali, ha detto che tra gli ostaggi tratti in salvo figurano due cingalesi. I media parlano anche di un argentino e due bengalesi. Secondo i media, il commando era composto da otto o nove membri, altri potrebbero dunque essere in fuga.

Agghiacciante la testimonianza resa al Bangladesh Daily Star da Rezaul Karim, padre di Hasnat Karim, uno degli ostaggi. “Gli assalitori non si sono comportati male con i connazionali del Bangladesh. Controllavano la religione degli ostaggi. Chiedevano a ognuno di recitare versi del Corano. Quelli che li conoscevano venivano risparmiati, gli altri torturati”.

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