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Crisi, per Carmignac il peggio è passato: le valutazioni su Europa, Stati Uniti e Cina

E’ l’analisi della società d’investimenti parigina, fondata da Edouard Carmignac, l’uomo delle incalzanti lettere a Trichet e Draghi, diventato famoso per le sue performance brillanti nelle fasi più difficili – Eurozona ancora in crisi: servono politiche per la crescita – Per gli Stati Uniti, attenzione all’effetto post-tsunami – In Cina sarà soft landing

Crisi, per Carmignac il peggio è passato: le valutazioni su Europa, Stati Uniti e Cina

L’OUTLOOK 2012 DI CARMIGNAC

“Il peggio sta passando ma in Europa servono politiche per la crescita” afferma Frédéric Leroux, direttore generale di Carmignac Gestion, boutique parigina con 45 miliardi di masse in gestione fondata da Eduoard Carmignac, l’uomo delle incalzanti lettere prima a Jean Claude Trichet e poi a Mario Draghi, per ottenere una Bce in stile Fed. E ora dopo che Draghi ha finalmente tagliato i tassi e dato il via ad importanti operazioni di rifinanziamento illimitato, cosa si aspetta per il 2012 la casa di investimenti diventata famosa per le performance nella crisi? “Per noi la crisi era destinata a peggiorare ed effettivamente è peggiorata – ha commentato Leroux – il peggio sta passando ma nei prossimi mesi ci attendiamo un’Europa ancora in crisi. La crescita attuale non permette di stabilizzare il debito pubblico mentre un cambiamento di sentiment necessità di tassi di crescita più sostenuti che permettano di arrivare all’equilibrio del debito nel 2012: accanto a politiche di bilancio servono ora politiche per la crescita”.

EUROZONA ANCORA IN CRISI, SERVE LA CRESCITA

I casi più critici sul tavolo dell’Europa rimarranno ancora la Grecia e la Spagna, che si aggiungono ad altre incognite europee. “La Grecia dovrà abbandonare l’eurozona?”, si chiede Leroux, che spiega: “La riduzione del debito permessa dal default organizzato si rivelerà presto insufficiente a fronte dell’incapacità del Paese di crescere e di aumentare le imposte”. In Spagna si rischia invece un pesante circolo vizioso. “La Spagna ha fatto sforzi per ridurre il disavanzo ma questo difficilmente riuscirà a riassorbire l’indebitamento. La terapia d’urto che il Paese si infligge in materia di riduzione del deficit di bilancio annienta la crescita che a sua volta impedisce il miglioramento della situazione di bilancio – dice Leroux – Tra i rischi greco e spagnolo, quelli derivanti dalle elezioni in Francia o anche dalla situazione economica della Germania (crescita negativa prevista durante questo trimestre come nel precedente), la congiuntura europea rimane particolarmente difficile”. La notizia positiva è che si è allontanato il rischio sistemico dall’Europa. E questo grazie all’intervento positivo della Bce targata Draghi e all’asta di rifinanziamento illimitato.

“Questo “quantitative easing” indiretto, attraverso il quale la Bce fornisce al sistema bancario tutta la liquidità di cui ha bisogno e che costituisce un modo per sostituirsi alla Banca Centrale come finanziatore di ultima istanza presso gli emittenti sovrani, allontana momentaneamente il rischio sistemico”, afferma Leroux. Il che significa che le scadenze obbligazionarie delle banche hanno trovato riparo e che la maggiore liquidità nel sistema aiuterà la ripresa delle quotazioni azionarie nel breve termine. Eppure non basta per scongiurare il rischio che grava sul futuro dell’eurozona. “La Bce dovrà essere più conciliante – dice Leroux -. Certo, la politica più coraggiosa di Draghi sta già iniziando ad avere i primi effetti positivi sull’allentamento dello spread. Molto importante è stato l’effetto sulla curva a breve perché è un evento indispensabile, perché anche i tassi a lungo scendano. Prima o poi però la Bce dovrà diventare prestatore di ultima istanza”. Insomma, per la salvezza dell’Eurozona una politica monetaria più espansionistica si deve aggiungere a una politica di bilancio che consenta il sostegno dell’attività. “La prima – spiega Leroux – deve fissare ad un livello molto basso i tassi di riferimento e dimostrare una capacità di acquisto illimitata dei titoli di Stato più indeboliti, per far abbassare notevolmente il costo di finanziamento del debito pubblico e la quotazione dell’euro. La seconda deve favorire gli investimenti, potenziali strumenti di crescita e di creazione di nuovi posti di lavoro”.

STATI UNITI, ATTENZIONE ALL’EFFETTO POST TSUNAMI

Negli Usa siamo forse all’inizio di un miglioramento a livello strutturale del mercato immobiliare. Ci sono elementi che ci fanno pensare che il peggio sia passato. Gli Stati Uniti hanno indiscutibilmente registrato una ripresa della loro economia nel quarto trimestre, che ha permesso di rivedere al rialzo le previsioni di crescita per il 2012, intorno al 2%. Tuttavia Carmignac segnala alcuni ostacoli alla crescita, che si manterrà probabilmente moderata. “Il tasso di disoccupazione sta scendendo, ci ha messo un po’ ma va notato che se è basso è anche perché aumentano gli scoraggiati, ossia diminuisce la popolazione attiva – spiega Leroux –. Inoltre nel buono stato di salute Usa c’è anche un fattore tecnico legato alla normalizzazione post tsunami in Giapppone: la buona tenuta della produzione industriale è facilitata dall’effetto di allineamento connesso alla normalizzazione della catena produttiva interrotta dallo tsunami giapponese. Il mancato rinnovo del dispositivo di accelerazione dell’ammortamento per le aziende rischia poi di indebolire gli investimenti sin da gennaio. Inoltre il ruolo della flessione del tasso di risparmio nella buona tenuta dei consumi è insostenibile: la situazione economica globale non giustifica in nessun caso un tasso di risparmio del 3,5%, rilevato soltanto in occasione della formazione della bolla immobiliare, che accentuava il sentiment di ricchezza.” Ecco che il fattore tecnico post tsunami e il tasso di risparmio basso sono due fattori che rischiano di rallentare la crescita. Così Carmignac nutre dubbi sul mantenimento di questa dinamica, pur prendendo atto della solidità dell’economia americana.

IN CINA SARÀ SOFT LANDING

E la Cina? Sarà soft landing piuttosto che hard landing. “Come prevedevamo – rileva Leroux – l’inflazione cinese ha raggiunto il suo picco al 6,5% in primavera, per tornare poi al 4,2% a novembre. La crescita dovrebbe quindi calare ad un ritmo compreso tra il 7% e l’8% nel 2012, sotto l’effetto ritardato degli inasprimenti monetari e del rallentamento del commercio mondiale”. L’atteso mantenimento di un livello elevato di attività consente alle autorità monetarie di invertire soltanto in modo molto graduale la loro politica restrittiva per ridurre il più possibile le previsioni di inflazione. Pertanto non dovremmo assistere ad un’accelerazione dell’allentamento cinese. “La politica economica, sempre più chiaramente basata sullo sviluppo della domanda interna cinese, richiede una disciplina anti inflazionistica affermata e garantisce un contributo positivo nel tempo alla crescita del resto del mondo”, rileva Leoruc. Il che poi lascia pensare che lo yuan prosegua il suo trend di apprezzamento accompagnato dalle altre valute della zona, rispetto alle monete delle economie avanzate.

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